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Ragioni per riflettere sul possibile blocco della speculazione online

Mariarosaria Marchesano

Esma limiterà lo scambio di prodotti su piattaforme internet. Proibizionismo o tutela dell’ignaro risparmiatore? Broker divisi

Giochi proibiti per il trading online. Groupier e biscazzieri della rete, travestiti da broker, dovranno incassare il colpo e adattarsi alle nuove regole europee che proteggono i piccoli risparmiatori. Su quella parte del trading che non è la tradizionale compravendita di titoli basata su informazioni (e indiscrezioni) di mercato e che misura anche l’abilità degli investitori di intuire dove va il vento delle borse, ma che per le sue modalità è più assimilabile a vere e proprie scommesse, piomba la scure dell’Esma, la massima autorità di vigilanza Ue sui mercati finanziari a cui le recenti direttive hanno conferito un inedito potere d’intervento. Con una comunicazione pubblicata sul suo sito il 18 gennaio, l’Esma ha messo “sotto osservazione” le opzioni binarie (si vince o si perde tutto su un titolo al verificarsi di un determinato evento in un preciso momento) e i cfd (contract for difference) che hanno come sottostante gli scambi valutari e di materie prime sul Forex, mercato non regolamentato. Per le prime si paventa un blocco totale e per i secondi un deciso ridimensionamento. Motivo? Sono pratiche troppo rischiose per chi è impreparato in campo finanziario o non dispone di capitali sufficienti. Investire si, ma giocarsi la camicia su una piattaforma come se si andasse al casinò, meglio di no. Questa è la morale della favola e la vigilanza Ue ha invitato gli operatori del settore (molto allarmati, tranne eccezioni) a inviare le loro considerazioni sul tema entro il 5 febbraio prima di esprimersi in via definitiva. Il contraccolpo atteso dall’intera industria del trading online – che movimenta centinaia di miliardi di euro - sarà rilevante visto che le pratiche che stanno per essere messe al bando (il blocco previsto sarà di tre mesi rinnovabile) sono tra quelle che garantiscono i maggiori margini.

 

Ora, diciamo subito che ci troviamo di fronte a una presa di posizione che va in una direzione restrittiva della libertà individuale (perché non posso fare trading nel modo che ritengo più opportuno e divertente?), ma sembra proprio questo il punto di vista da capovolgere stando alle nuove norme europee sugli investimenti finanziari ispirate al principio che i piccoli risparmiatori vadano sempre tutelati, finanche a prescindere dalla loro volontà. Così, l’Esma ha deciso di sperimentare su un settore particolarmente speculativo il suo primo atto di “intervention governance”, potere di divieto o di limitazione di prodotti o pratiche considerate troppo opache e complesse per gli investitori retail che, in alcuni segmenti del trading online, accusano perdite in una percentuale altissima dei casi: tra il 74% e l’89% con il risultato di produrre una valanga di ricorsi presso gli organismi di tutela. Il primo carrarmato a difesa del risparmio è stato così schierato e i vari paesi avranno l’obbligo di allinearsi.

 

Che aria tira in Italia? Negli ultimi anni il paese è stato preso d’assalto da decine di broker esteri allettati dal crescente numero di utenti bancari online (16 milioni secondo le ultime rilevazioni), dall’incredibile mole di liquidità che giace sui conti correnti (1.300-1400 miliardi secondo i dati della Banca d’Italia) e dalla propensione che gli italiani hanno dimostrato per il gioco d’azzardo (attività, peraltro, data in concessione dallo Stato). La Consob ha chiarito il suo orientamento a marzo 2017 quando ha emesso un warning dai toni particolarmente pesanti che colpiva proprio opzioni binarie e cfd (“si tratta di vere e proprie scommesse”, “prodotti poco comprensibili per i risparmiatori”). E ha aggiunto: “si registra la presenza di numerosi soggetti abusivi, cioè sprovvisti di autorizzazione ad operare nel nostro Paese, che offrono contratti tramite internet e che non sono sottoposti a vigilanza amministrativa da parte di alcuna Autorità” (l’allora uscente Giuseppe Vegas aveva colto in quale direzione si stava andando). Ma queste erano solo raccomandazioni, che non avevano la capacità di incidere sull’andazzo che ha preso il settore. Ora che la vigilanza centrale ha il potere di decidere si apre uno scenario del tutto nuovo. In Italia sono 132 i broker autorizzati dalla Consob (12 in più rispetto al 2016) per un totale di 150 piattaforme di trading gestite, ma l’80-90 per cento del mercato è nelle mani di soli cinque operatori: Fineco, Directa Sim, Banca Sella, IW Bank e Webank-Bpm (non tutti però offrono servizi come quelli messi nel mirino dall’Esma). La restante parte se la divide una miriade di piccole società basate per lo più tra Inghilterra e Cipro (in gran parte fanno capo a capitale israeliano come riferito dall’annuario del trading online realizzato da Mediosfera diretta da Andrea Fiorini che è l’unica pubblicazione specifica del settore) che rispondono alle autorità di vigilanza dei paesi di provenienza. In maggior parte sono specializzati nell’offerta quasi esclusiva di Forex e Cfd oppure in opzioni binarie. Qualche esempio? Ig Markets, Activ Trades, Cmc Markets, eToro, 24Option, IqOption, AnyOption, solo per citare quelli più noti.

 

Un pioniere e grande esperto del trading online come l’ingegner Mario Fabbri, amministratore delegato di Directa Sim, si compiace dell’iniziativa dell’Esma: “Sono convinto che un intervento restrittivo renderà più difficile la vita ai nostri concorrenti”, spiega al Foglio. Ma come, la libertà di investire il proprio denaro nei modi che si ritengono più opportuni? E il concetto di rischio che è insito in tutti gli investimenti finanziari? “Se gli investimenti sono in realtà truffe manipolate, meglio ripulire il mercato dagli imbroglioni. Noi che, per esempio, non facciamo opzioni binarie e offriamo cfd solo a determinate condizioni, ci aspettiamo un vantaggio dall’intervento dell’Esma. Il blocco sarebbe sacrosanto. Un intermediario deve avere sempre presente chi c’è dall’altro lato, un privato non può essere messo alla stessa stregua di un operatore professionale”. Fabbri (e non è l’unico) sembra avere nostalgia dei tempi in cui il trading era appannaggio dei patiti della finanza, quando il concetto di scommessa era rappresentato dalla capacità di prevedere l’arrivo di un’opa (offerta pubblica di acquisto), di una fusione bancaria o la chiusura di un bilancio record o anche di una nuova impennata dell’oro o del dollaro (cose, comunque, non sempre da angioletti poiché si può arrivare all’insider, ma che presuppongono conoscenza e passione per lo storytelling della Borsa). Ma il mondo è cambiato e anche se Fabbri lo sa perfettamente, preferisce una strategia meno aggressiva per la “sua” Directa Sim, forte di 2000 clienti fidelizzati e di grossa taglia che nel 2017 hanno intermediato solo a piazza Affari volumi per complessivi 26 miliardi di euro.

 

La verità è che l’offerta di prodotti finanziari, attraverso piattaforme tecnologiche accessibili al grande pubblico, è diventata globale. Nessuno, fino ad oggi, è riuscito ad impedire o a regolamentare l’operatività di soggetti basati in Australia o alle Bahamas che offrono servizi di trading in Italia con un elevato margine di rischio (quale sarebbe, tanto per dirne una, la piazza competente in caso di controversie?). Per accedere a certe piattaforme basta un’autocertificazione e a volte non è neanche richiesta. Ed è questo uno dei punti su cui ha fatto leva l’Esma per motivare la sua stangata: l’accertamento del profilo di rischio da parte della banca o dell’intermediario non può essere una formalità ma una verifica che impedisca a persone impreparate (quelli che oggi si chiamano gli “analfabeti finanziari”) di subire perdite ingenti con un click. “E’ esattamente quello che facciamo noi di Fineco con la clientela retail”, chiarisce Marco Briata, responsabile prodotti della banca che detiene la più grande quota di mercato per numero di transazioni eseguite (26 milioni nel 2017) e 250 mila trader. Fineco offre sulla sua piattaforma le demonizzate opzioni binarie. “Ma solo alla clientela che dimostra di conoscere lo strumento e che ne ha piena consapevolezza”, spiega il manager. Ma come funziona tutto il meccanismo? “Innanzitutto, i clienti superano un questionario finalizzato ad accertare la loro esperienza. Abbiamo poi presidi ferrei di monitoraggio della loro operatività che prevedono warning ricorrenti al verificarsi di perdite. Detto questo, per noi le opzioni binarie rappresentano una nicchia rispetto al totale dell’offerta dei prodotti di trading e all’operatività della nostra clientela e se dovessero vietarle non temiamo un impatto rilevante nel breve periodo”. E nel medio e lungo? “Ci potrebbe essere un impatto forte, considerato che gran parte degli utenti europei si rivolgerà verso operatori, piccoli e meno affidabili, basati fuori dall’Unione europea e come tali non soggetti ai controlli e agli obblighi cui, invece, Fineco è sottoposta. Su questo punto proporremo le nostre valutazioni nella consultazione emanata da Esma”.

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