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Salotto nuovo

Redazione

Nel cda di Unicredit per le fondazioni ci sarà solo una poltroncina

Un solo consigliere d’amministrazione alle fondazioni bancarie tra i 17 del nuovo board di Unicredit è qualcosa che non si era visto prima tra le banche nazionali, e in particolare per l’istituto di piazza Gae Aulenti. Il trasferimento nella nuova city milanese, l’arrivo dell’amministratore delegato Jean Pierre Mustier, e soprattutto l’aumento record di capitale da 13 miliardi ottenuto dal manager francese hanno così trasformato uno storico ibrido della finanza italiana – metà salotti buoni, o ex tali; metà “territori” – in una tipica espressione del mercato. Comanda chi ha le azioni, e le fondazioni che un tempo spadroneggiavano, da Torino a Verona per non parlare della romanità di Capitalia, oggi rappresentano il 4,5 del capitale, meno dei fondi Usa guidati da Capital Research e BlackRock. Lasciano l’incarico di vicepresidenti restando al momento consiglieri nomi illustri come Luca di Montezemolo e Fabrizio Palenzona: nella governance di Mustier, tuttora in evoluzione, di vice ne basta uno, per motivi legali. Prossimamente i consiglieri scenderanno a 15, mentre il famoso nocciolo duro (fondazioni più azionisti privati), che spesso ha paralizzato le decisioni – tra cui la scelta dell’attuale ad dopo le dimissioni di Federico Ghizzoni – controllerà il 10 per cento. L’Unicredit diventa di fatto una public company, secondo le regole del mercato. Con il nuovo piano industriale torna anche ad essere una banca profittevole, che dopo la ricapitalizzazione ha aumentato il valore di borsa del 39 per cento. Meno sistema, meno salotti e meno territori; più globalizzazione. Ottima cosa.

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