Bail-in secondo Greco

Renzo Rosati

Il capo della procura di Milano guida la casta dei giureconsulti sul carro del “risparmio tradito”

Roma. “Il bail-in desta molte perplessità dal punto di vista giuridico e anche costituzionale. Noi che siamo clienti di una banca non partecipiamo alla spartizione degli utili ma alla spartizione delle perdite create da banchieri a volte anche molto disinvolti”. Così il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ha commentato la norma sui fallimenti degli istituti di credito, in vigore in Italia dal primo gennaio 2016, approvata dalla Camera il 2 luglio 2015 e resa operativa dal governo il 18 settembre successivo. Il tutto in recepimento di una direttiva europea del 2014, votata dall’Europarlamento e dal Consiglio Ue in luogo del bailout, ovvero i salvataggi a carico degli stati, cioè dei contribuenti.

 

Greco, in procura da 37 anni, già nel pool di Mani pulite e poi alla guida di quello per i reati finanziari, ha un curriculum, e un’esperienza di mondo anche politico, lungo così. Ancora prima di vincere la guerra di successione a Edmondo Bruti Liberati aveva collaborato con il governo di Matteo Renzi nelle tecnicalità di recupero dei capitali all’estero, esaminando oltre 14 mila fascicoli, contribuendo al rimpatrio di 3,6 miliardi e limando gli accordi con i paesi nella black list dei paradisi fiscali. Da Bnl alla scalata Rcs, dai processi anti Cav. per Mediaset all’Ilva, non c’è vicenda giudiziaria-finanziaria che non l’abbia visto protagonista. E quando saltò Antonio Fazio la sua candidatura alla Banca d’Italia ebbe molti sponsor, a sinistra e non solo. Riesce davvero arduo immaginarlo semplice “cliente” sportellista di una banca, o esagitato paladino del “risparmio tradito” in stile Federconsumatori e Adusbef, o dei simil-forconi – ex assessori, parroci, titolari di talk-show locali, e intorno a loro una corte di studi legali milanesi – che oggi soffiano sul fuoco dei 170 mila azionisti della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca per i quali il 22 marzo, salvo proroghe, scade l’offerta di adesione al salvataggio, altrimenti scatta l’intervento pubblico.

 

Non è, quello veneto, un bail-in come per le quattro banche del centro Italia, ma potrebbe diventarlo senza la fusione e il rilancio privato del fondo Atlante, ma rischia pure di essere un bailout se il Tesoro resterà solo. Dunque le parole del procuratore capo cadono in un momento chiave. Soprattutto per il richiamo alla costituzionalità della legge. In più, Greco ha aggiunto en passant l’idea di rafforzare le class action. Un ricorso di massa alla Consulta è proprio la promessa dei non disinteressati consiglieri dei “risparmiatori traditi”.

 

Che il magistrato più esperto d’Italia di cose finanziarie ignori la distinzione tra l’essere cliente di una banca – categoria che non teme nulla fino ai 100 mila euro in conto corrente e depositi – e partecipare o meno a utili o perdite prodotte da banchieri disinvolti (che sono in gran numero, ovvio) e concorrere da azionisti al capitale detto appunto di rischio, è ingenuo crederlo. Egualmente se Greco avesse voluto riferirsi agli obbligazionisti, sempre tirati in ballo ma finora rimborsati dal governo per “equità sociale”, come per Etruria, e senza distinzioni, come per Mps: i bond da essi sottoscritti prevedevano cedole spesso ben al di sopra del mercato e recavano come sempre la dicitura del rischio d’insolvenza. Soprattutto sarebbe interessante chiedere al procuratore se in alternativa debba pagare il Tesoro – tutti i contribuenti – in ossequio alla recente degenerazione del concetto di bene pubblico.

 

Ancora ieri Matteo Salvini ha parlato di “scempio del risparmio” (oggetto: la commissione d’inchiesta sulle banche), e intanto i Cinque stelle invocano la restituzione all’Italia dei fondi per il salvataggio della Grecia. Lì si era appunto applicato il bailout europeo: quello che i sovranisti vari però vorrebbero su scala italiana per il “popolo” delle banche venete, toscane, forse genovesi. Greco, che ne sa mille volte più di Salvini e Di Maio, volando basso come sempre, fa, per così dire, decollare il dibattito. Magari per poi farlo atterrare sulla gestione giudiziaria delle crisi bancarie. Anche di quelle.

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