Il ministro Marianna Madia (foto LaPresse)

Riforma Madia le partecipate porta via?

Redazione
Occhio alle scappatoie su dirigenti della Pa e taglio delle società pubbliche: l’efficacia del provvedimento dipenderà dai piani di revisione che verranno presentati nei prossimi mesi e da quanto saranno larghe le maglie e le scappatoie che ormai da anni permettono di far sopravvivere carrozzine e carrozzoni pubblici.

Il governo ha da poco approvato in Consiglio dei ministri tre decreti attuativi della riforma Madia della Pa, tra cui il cosiddetto “taglia-partecipate” che dovrebbe ridurre, con il piano di revisione da presentare tra sei mesi, la galassia di società e micro-società a partecipazione pubblica. L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli l’aveva definita “una giungla in buona parte inesplorata e di estensione incerta”; c’è di tutto: dai rifiuti ai trasporti, dall’energia ai casinò, dalle terme alle farmacie fino agli stabilimenti balneari. Circa 3mila di queste società hanno più posti nei cda che dipendenti e oltre mille hanno solo posti nei cda e nessun dipendente. In totale ne sono state censite circa 8 mila, ma è probabile che ne siano molte di più (nessuno conosce il numero preciso).

 

Il governo punta a ridurre il numero delle partecipate da 8 mila a mille, si tratta di un obiettivo lodevole e l’approvazione del decreto in cdm è un buon segnale, ma l’efficacia del provvedimento dipenderà dai piani di revisione che verranno presentati nei prossimi mesi e da quanto saranno larghe le maglie e le scappatoie che ormai da anni permettono di far sopravvivere carrozzine e carrozzoni pubblici. Sono slittati invece a fine mese i decreti sul riordino delle Camere di commercio e soprattutto sulla dirigenza pubblica, in cui sono presenti importanti novità come gli incarichi a tempo, paletti per i rinnovi, retribuzione basata sulla performance, regole più stringenti per la conferma in ruolo e sulla licenziabilità. E’ naturale che questi nuovi criteri non siano graditi a molti manager pubblici, l’importante è che il rinvio dell’approvazione del decreto non significhi che il loro pressing sul governo stia avendo successo.