Aiuti sì, ma temporanei e condizionati a una riforma della legislazione bancaria

Guido Roberto Vitale
Sdoganato l’intervento pubblico per risolvere (o tamponare) le crisi bancarie? Paradossi liberisti, vaccino anti bail-in, soluzione americana. Girotondo di idee.

Stiamo vivendo momenti eccezionali, occorrono dunque strumenti eccezionali. Un intervento dello stato per ricapitalizzare gli istituti di credito non è dunque da escludere, a patto che sia temporaneo e destinato solo a riportare il sistema in equilibrio. Ma prima di ogni intervento straordinario, c’è una condizione minima per garantirne il successo: riformare la legislazione bancaria. Perché in Italia non esiste una giurisprudenza costante nell’applicazione delle leggi e perché occorre eliminare la responsabilità penale per i funzionari di banca.

 

Se un dirigente bancario dichiara l’insolvenza di un imprenditore e successivamente rischia di essere incriminato da un giudice, allora poi non ci stupiamo del fatto che gli istituti tendano a non decidere e a non immischiarsi nella gestione delle aziende. Una volta ristabilito un minimo sindacale di normalità legislativa e giudiziaria, allora via con l’aumento di capitale pubblico che consentirà alle banche di rimettersi a erogare credito e di gestire i non performing loans senza timori i più diversi. Per assicurare l’efficacia dell’intervento, infine, sia esso limitato all’acquisto di non performing loans dagli istituti o ampliato a una ricapitalizzazione degli stessi, vanno previste condizioni chiare per incentivare e in alcuni casi obbligare un ricambio del management attuale. Se il credito è stato erogato male in passato, o se la gestione dell’istituto non è stata oculata, l’eventuale intervento pubblico non può prescindere in linea di massima da un rinnovo dei vertici aziendali.

 

Guido Roberto Vitale è presidente di Vitale & C

 

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