Non solo Brexit, c'è anche la Brent-exit

Salvatore Carollo
Il distretto petrolifero del Mare del nord subisce un (altro) duro colpo

Roma. Potrebbe sembrare solo un gioco di parole, ma in realtà è una domanda molto seria ed attuale. Alle notizie del prevalere del Brexit nel referendum britannico, anche il prezzo del petrolio ha registrato una caduta significativa. Viene logico domandarsi il perché. Il Regno Unito continuerà a produrre il suo greggio e le compagnie produttrici continueranno a venderlo sui vari mercati come al solito. Nessuna restrizione sulle destinazioni finali è stata mai persino immaginata. L'offerta di petrolio britannico resterà invariata.

 

Il paese continuerà a consumare il suo gas ed i prodotti petroliferi come sempre. Eventuali cambiamenti dell'economia britannica (in positivo o negativo) tali da modificare il livello dei consumi energetici non possono verificarsi a brevissimo tempo. E quindi, il prezzo del petrolio, che si muove su dinamiche di dimensione mondiale, non avrebbe dovuto subire alcuna influenza da un evento non solo localizzato a livello regionale, ma che non modifica assolutamente il rapporto domanda/offerta né del petrolio greggio né dei prodotti petroliferi finiti.

 

Eppure, l'impatto c'è stato ed è stato di rilievo. Cerchiamo dunque di trovare una chiave di lettura di questo fatto.
Che il sistema di fissazione del prezzo del petrolio basato sull'indicizzazione al cosiddetto Brent fosse in crisi da tempo è cosa nota. I continui interventi per “aggiustare” e “rattoppare” il sistema, in corso ormai da oltre un decennio (allargamento del basket ai greggi norvegesi, cambio da 15-day a 21-days Brent, assessment stimato sui valori del Cfd del mercato finanziario…) sono la dimostrazione evidente di una crisi strutturale che richiede un intervento straordinario.

 

L'attuale sistema di fissazione del prezzo del Brent fu progettato nel 1986 dalla Shell e dalla BP, ma fu poi trasformato radicalmente nel 1988 dalla City di Londra, che lo ha fatto diventare un puro gioco finanziario. La creazione di questo sistema fu il principale capolavoro di Lady Thatcher, che riuscì nel suo intento di strappare ai paesi Opec il monopolio del mercato petrolifero internazionale e a fare di Londra la piazza principale delle transazioni petrolifere fisiche e finanziarie. Basta osservare l'andamento delle quotazioni del mercato immobiliare londinese, a partire dalla seconda metà degli anni '80, per verificare come lo sviluppo ed il successo dell'economia di questa città sono profondamente legate a quello del mercato finanziario del Brent.

 

Da allora, non c'è stata compagnia petrolifera, compagnia di trading, paese produttore che non sia stato obbligato ad aprire una sede a Londra, spostandovi management, personale altamente qualificato, assumendo giovani brillanti laureati nelle famose università del Regno Unito. Nel corso degli anni, a Londra è nato un nuovo ceto sociale, fatto di persone dinamiche, professionalmente aggressive e strapagate con bonus annuali da capogiro, che si sono riversate sul mercato immobiliare e che hanno alimentato la domanda di ristoranti raffinati e costosi. Il meccanismo creato allora ha continuato a svilupparsi e crescere, al di là dell'evoluzione della produzione di greggio nel paese. Anzi, paradossalmente, il sistema è diventato più potente e dinamico al decrescere della produzione del Brent. Proprio perché il Brent è ormai quasi esclusivamente una entità finanziaria a disposizione di tutte le istituzioni finanziarie e non soltanto del mondo petrolifero.

Il mercato del Brent è diventato il mezzo principale per fornire liquidità al sistema finanziario della City. Per questo, lo si è fatto sopravvivere al di la della quasi scomparsa del greggio Brent, inventando ogni escamotage possibile ed immaginabile. E su questo, il mondo della comunicazione che si muove intorno agli interessi della City, ha sempre fatto quadrato, come fosse un segreto di stato. Del mercato del Brent semplicemente non si parla. La parola “petrolio” è associata esclusivamente a quelle di Opec, domanda, offerta, shale oil, tensioni internazionali, IS, ecc.. Non troverete mai un commento che associ il Brent alle attività finanziarie della City.

 

Brexit arriva come uno tsunami su un sistema già strutturalmente in crisi. Riuscirà il mondo della City a trovare un punto di nuovo equilibrio che salvi capra e cavoli? L'industria petrolifera sta già facendo i conti con la diminuzione delle attività esplorative e produttive del Mare del Nord. Molte compagnie hanno, già da tempo, iniziato il processo di abbandono delle postazioni londinesi, fra le più costose del mondo e sempre meno giustificabili agli occhi degli azionisti.
Molte società di trading, per ragioni analoghe, hanno avviato lentamente lo spostamento di gran parte delle attività su altre piazze europee ed asiatiche (Ginevra, Dubai, Singapore, Hong Kong,…).

 

Le grandi banche europee hanno già elaborato piani di trasferimento verso piazze alternative europee. Mi viene in mente quanto mi disse, circa un anno fa, un amico, ceo di una importante banca operante a Londra, quando gli chiesi se valesse la pena comprare un immobile in quella città. Mi rispose di non farlo e mi spiegò che l'economia su cui si basava la vita della città era drogata dal business finanziario della City e che una crisi possibile di questo sistema avrebbe riportato l'Inghilterra all'economia agricola del primo Novecento.

 

Era un'immagine colorita e simbolica, ma funzionale a definire il livello di rischio presente nel sistema. Il silenzio “colpevole” della stampa inglese su queste tematiche ha fatto sì che questi livelli di rischi siano pressoché sconosciuti alla maggioranza degli inglesi. Si sono scontrati sui problemi dell'immigrazione, ma nessuno ha spiegato l'immigrazione dei capitali del mondo nella City e quella del business del petrolio (circa due miliardi di dollari al giorno) nel mondo della finanza inglese.
Riuscirà un paese spaccato e impigrito, abituato a vivere di rendita su un meccanismo geniale creato dalla Thatcher, a risvegliarsi e re-inventare una soluzione funzionale mondo del business petrolifero internazionale? E' un day-after pieno di incognite gravi e di domande che non solo non hanno risposte, ma non sono state nemmeno poste.

 

*Salvatore Carollo è Direttore Settore Idrocarburi e Geotermia

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