Matteo Renzi con Vladimir Putin (foto LaPresse)

Campagna di Russia

Perché le imprese europee spalleggiano il viaggio russo di Renzi

Marco Valerio Lo Prete
Eurosanzioni vs. opportunità di crescita. Al Forum di San Pietroburgo si rivedono i leader occidentali. Le industrie italiane siglano accordi, ma i tedeschi svettano ancora. Parlano Fallico (Intesa Russia) e Schauff (capo dei businessman Ue)

Roma. Ieri sera il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è arrivato in Russia per partecipare questa mattina ai lavori del Forum economico internazionale di San Pietroburgo. L’agenzia americana Associated Press, in una sua analisi, ha scritto che “i leader dell’Unione europea arrivano in Russia, segnalando che le sanzioni possono essere ammorbidite”. Renzi, in realtà, è l’unico capo di governo dell’Unione europea presente, per di più alla guida di una nutrita delegazione istituzionale ed economica del nostro paese. Sempre ieri è arrivato il presidente della Commissione europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, che nel pomeriggio ha avuto un faccia a faccia con il presidente ospite, Vladimir Putin. Si è parlato delle sanzioni che l’Europa ha comminato a Mosca nell’estate 2014 e di cui Bruxelles ridiscuterà il prolungamento a fine mese. Per Juncker, “Russia e Ue devono tornare a dialogare, perché il prezzo della frammentazione è troppo alto”. Certo è che la mossa quasi solitaria di Renzi, nel mondo imprenditoriale europeo che opera in Russia, è stata notata. E apprezzata.

 

“La visita del presidente del Consiglio Renzi, così come quella di Juncker, sono un segnale importante per gli imprenditori europei in Russia”, dice al Foglio Frank Schauff, direttore generale dell’Associazione del business europeo nella Federazione russa. L’organizzazione diretta da Schauff, nel 2014, mise in guardia dalla dannosità delle sanzioni, ma da allora non ha più preso una posizione ufficiale, dicendo che i suoi associati rispettano le decisioni prese dai governi: “Sappiamo che i diversi stati membri hanno posizioni diverse verso il rinnovo delle sanzioni, come sappiamo che l’Italia è stata più esplicita di altri paesi nel sostenerne la fine. Quel che posso dire è che qualsiasi azione vada nella direzione di ricucire e poi migliorare i rapporti è più che benvenuta”. Continua Schauff: “La situazione economica di questo paese è difficile, anche a prescindere dalle sanzioni, ma prevediamo un rafforzamento della ripresa nella seconda metà del 2016 e poi nel 2017: la contrazione del pil (di 3,7 punti percentuali nel 2015, ndr) probabilmente ha toccato il fondo, e il prezzo del petrolio si stabilizzerà. Tocca al governo trovare il modo migliore per puntellare la ripresa: la politica monetaria è stata giustamente accomodante, adesso non si ecceda con la regolamentazione che rende imprevedibile e poco accessibile il mercato”.

 

In Russia, secondo l’Associazione Conoscere Eurasia, ci sono circa 6.000 aziende tedesche radicate e attive, 3.000 francesi, 1.500 belghe e tra le 400 e le 500 con passaporto italiano. Le nostre, insomma, rincorrevano già prima delle sanzioni. Ieri al Forum di San Pietroburgo è stato inaugurato il padiglione del nostro paese, che gode dello status speciale di “Guest country”, con la firma di nove accordi – cinque i contratti firmati tra imprese italiane e russe, due i Memorandum of Understanding e due le lettere di intenti – in diversi settori. La stima degli organizzatori, tra cui l’ambasciata italiana a Mosca, è che le nostre aziende domenica porteranno a casa contratti per circa 1,4 miliardi di euro.

 

Antonio Fallico, oltre a presiedere l’Associazione Conoscere Eurasia, è da anni il numero uno della branca russa di Intesa Sanpaolo in Russia. Parlando con il Foglio, conferma che “l’Italia è particolarmente presente per il suo ruolo più dialettico che ha voluto ricoprire nei rapporti con Mosca, spiccando rispetto al coro unanime e solitamente più duro nei confronti di questo paese”. Dopodiché “c’è una storia ricca di relazioni personali amichevoli ai massimi livelli di questi due paesi, né va sottovalutato che perfino le forze d’opposizione al governo, come Lega e M5s, sui rapporti con la Russia sono tutt’altro che ostili. Soprattutto, però, non bisogna sottovalutare il disagio e la perdita di export e opportunità delle nostre piccole e medie imprese, in particolare dal Triveneto e dalla Lombardia: da qui credo sia partita la spinta principale a un rapprochement”. Secondo alcuni operatori industriali italiani sentiti dal Foglio, la crisi economica ha certo avuto un effetto più pesante delle sanzioni stesse sull’interscambio, ma un clima politico negativo, oltre a colpire settori che invece avrebbero potuto continuare a esportare, come l’aerospaziale e l’esplorazione del settore oil destinati ad aziende piuttosto solide nel paese, “ha incrinato un sentimento di fiducia reciproca con l’Italia, e in generale con l’Europa, anche tra turisti e consumatori del lusso di alta gamma”. Ragionare sulla struttura, per parafrasare Karl Marx, non deve far chiudere gli occhi sulla sovrastruttura: “Non è solo questione di contratti, che pure durante questo Forum si sigleranno – dice Fallico – La presenza di figure come Juncker, Ban Ki-moon e il presidente del Consiglio Renzi rende più intrigante, anche dal punto di vista geopolitico, questo appuntamento. Il clima tra Russia ed Europa è cambiato molto, prima sul terreno, grazie all’insistenza delle forze produttive, ora anche a livello politico e diplomatico”.

 

Una sensazione confermata da chi ha potuto partecipare al Forum di San Pietroburgo in queste ore. Gli organizzatori dicono che sono previste complessivamente 17.000 presenze, molte più delle 12.000 dello scorso anno. E se chiedere conto all’oste della qualità del vino non è la scelta più indicata, rimane indiscutibile il sensibile aumento di presenze istituzionali dai paesi occidentali. Non dagli Stati Uniti, visto che il dipartimento di Stato ha fatto sapere che nessun rappresentante del governo americano, di nessun livello, sarà presente. Le Nazioni Unite, in compenso, saranno rappresentate dal segretario generale, Ban Ki Moon. Dall’Europa, come detto, sono arrivati Renzi e Juncker, oltre al ministro dello Sviluppo italiano, Carlo Calenda, e al ministro degli Affari esteri dell’Ungheria, Péter Szijjarto. Lo scorso anno solo un ministro occidentale partecipò, quello italiano dello Sviluppo, Federica Guidi. Ieri pomeriggio inoltre, tra gli oratori d’onore, era presente Nicolas Sarkozy, già presidente della Repubblica francese, che ha proposto a Putin di “annunciare per primo la revoca delle contro-sanzioni russe, a quel punto noi europei seguiremmo”. Si sono riaffacciati, infine, media e opinionisti dei principali network europei e americani – tra cui l’americano Wall Street Journal e il tedesco Handelsblatt – mentre l’anno scorso la copertura mediatica fu a maggioranza cinese.

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