Banca centrale cinese

Ora la Banca centrale cinese va a lezione dalla Fed di Yellen

Ugo Bertone
Una collaborazione sempre più stretta tra occidente e Pechino evitare una nuova frana dello yuan. Lagarde guarda a est e loda la strategia

Milano. “La Fed ha assunto esplicitamente il ruolo che di fatto ha sempre avuto: quello di Banca centrale cinese”. La “provocazione” di Alessandro Fugnoli di Kairos trova conferma in un recente scoop della Reuters. Il 27 luglio scorso alla Banca centrale americana arrivò da Pechino questa email: “E’ richiesta con urgenza la vostra collaborazione”. Pochi minuti prima la Borsa di Shanghai aveva vissuto la seduta più drammatica dal 2007, segnata da una pioggia di sospensioni e di tracolli.

 

Qualcosa che ricordava da vicino il “lunedì nero” del 1987 di Wall Street, che Alan Greenspan era riuscito a sterilizzare prima che la frana contagiasse l’economia reale. “Come avete fatto?”, si chiedeva la People’s Bank of China. Di lì a poche ore, da Washington partì un voluminoso dossier. Per carità, niente di segreto o di inedito visto che la Federal reserve ha ben pochi segreti per i cinesi. Chen Yuan, ex pezzo grosso della Banca centrale di Pechino, aveva costruito la struttura per gestire le riserve e le emissioni di titoli pubblici con la consulenza di esperti americani, tra cui William Lawton di Trust Company, molto vicino alla Banca centrale americana. Ma in questi mesi la collaborazione è diventata più stretta e più visibile: la decisione di rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi americani, frenando così la corsa del dollaro, si spiega anche (se non soprattutto) con la preoccupazione di evitare una nuova frana dello yuan che possa gettare nel panico i mercati, come è successo l’estate scorsa e a gennaio.

 

Una strategia, quella della Yellen, che riscuote l’adesione dell’altra dama di ferro della finanza mondiale, Christine Lagarde, che lunedì ha sottolineato come “la transizione della Cina verso un modello economico più sostenibile” sia “un bene per la Cina e per il mondo”. “La finanza internazionale – si legge nell’outlook di primavera del Fondo monetario internazionale – sta appena adesso cominciando a capire il vero peso della Cina sulla finanza mondiale, destinato a crescere nel prossimo futuro a mano a mano che verrà liberalizzata la compravendita di bond e valuta”. Già oggi il mercato del reddito fisso cinese, il terzo del mondo, movimenta l’enorme cifra di 6.700 miliardi di dollari. Solo da pochi mesi è stato concesso di operare sui bond ai fondi sovrani e alle banche. “E’ solo l’inizio – spiega Lagarde – Sarà inevitabile l’apertura ai privati con enormi riflessi sui portafogli della finanza”. In questo modo, ripetono in coro le due dame di ferro, si potrà sostenere la tenuta della locomotiva cinese impegnata nella transizione da economia manifatturiera a un modello di crescita basato sui servizi e la crescita dei consumi interni, destinato a ridurre la corsa del prodotto interno lordo.

 


Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale e Janet Yellen, presidente della Federal reserve (foto LaPresse)


 

Una trasformazione dall’enorme peso politico interno, come dimostrano le critiche in arrivo da alcuni esponenti del partito nei confronti di Xi Jinping, ma che segna un cambio degli equilibri; Yellen e Lagarde (che tra l’altro deve la sua riconferma alla lobby di Pechino, riconoscente per l’ingresso nel club delle valute di riserva del Fmi) guardano sempre di più a oriente, assieme agli Stati Uniti la vera locomotiva per una possibile ripresa, senza nascondere il fastidio per l’Europa, al palo nonostante gli sforzi di Mario Draghi. Lagarde non ha nascosto il suo disappunto per le proteste di Atene dopo la pubblicazione della telefonata tra gli ispettori in Grecia e Poul M. Thomsen, responsabile per l’Europa. “Invece di lamentarsi – ha sbottato – pensino a tutelare la sicurezza dei nostri uomini”. Il messaggio, del resto, è rivolto alla Germania: si muova in fretta per risolvere la crisi greca, prima che si debba fronteggiare la minaccia della Brexit a giugno. L’analisi di Yellen e Lagarde, insomma, è comune: la ripresa globale si gioca nel paese del Drago. Ma non ci facciamo illusioni sull’Europa che non riesce a cambiare passo. “Non è sufficiente sapere – ha sillabato Lagarde da Berlino, citando Goethe – Dobbiamo anche mettere in pratica. Non è sufficiente sapere, dobbiamo anche agire”.