Contesa tra Egitto e Israele per l'hub del gas del mediterraneo orientale

Gabriele Moccia
Il governo di Gerusalemme sta cercando di recuperare il gap che lo separa dal Cairo dopo la scoperta del giacimento Zhor da parte del Cane a sei zampe.

Roma. Il nuovo piano strategico presentato di recente dall'ad di Eni, Claudio Descalzi, prevede - tra le altre cose - una riduzione dei costi per 6 miliardi di euro e nuove dismissioni pari a 7 miliardi per affrontare la tempesta del cheap oil. Gli analisti già si chiedono quali saranno le attività che Descalzi metterà in vendita. Infatti, oltre alla chimica, al mercato retail del gas, potrebbe rientrare nel quadro delle dismissioni anche la cessione di quote minoritarie dei giacimenti del Cane a sei zampe, come il super giacimento egiziano di Zhor che al momento palazzo Mattei sta sviluppando in 'splendida solitudine', detenendolo ancora al 100 per cento. Sullo scacchiere energetico del Mediterraneo Orientale che riguardano Israele, Egitto, Cipro, Turchia e i destini incrociati di varie compagnie – come l'Eni per l'appunto – si muovono interessi sempre maggiori e il governo di Gerusalemme sta cercando di recuperare il gap che lo separa dal Cairo dopo la scoperta di Zhor.

 

Non c'è più tempo da aspettare. Questo il messaggio che ha lanciato David Stover, l'amministratore delegato della Noble Energy (proprietaria dei promettenti giacimenti israeliani di gas di Tamar e Leviatano) al governo di Gerusalemme. I pozzi devono cominciare a pompare gas entro il 2019. Da quando l'Eni ha cominciato i lavori per sviluppare il suo super giacimento egiziano, Zohr, aldilà della felpata diplomazia si è scatenata una vera corsa contro il tempo tra Israele ed Egitto. Stover, in un serrato incontro con il ministro dell'energia israeliano, Yuval Steinitz, ha messo sul tavolo il principale ostacolo al decollo di Leviatano e Tamar: se non arriverà entro l'anno l'attesa approvazione dell'Alta corte di giustizia d'Israele (che a breve dovrebbe decidere sulla legittimità della scelta del governo di affidare tutto il progetto in mano alla Noble, dopo una mozione presentata dai partiti di opposizione contrari all'assegnazione a privati di un bene considerato strategico per la nazione) non sarà possibile completare nei tempi stabiliti il quadro delle infrastrutture necessarie all'esportazione del gas e al Cairo, il presidente Al Sisi, che sta puntando alla leadership energetica del Mediterraneo Orientale, potrà dormire sonni tranquilli.

 

Per evitare questo scenario, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si sta muovendo a tutto campo, a partire dalla ripresa dei colloqui con la Turchia. Secondo l'ultimo progetto stilato dalla Noble, i pozzi di Leviatano saranno in grado di produrre 21 miliardi di metri cubi di gas all'anno, anche se alcune stime, particolarmente ottimistiche, ipotizzano che la produzione potrebbe arrivare fino a 31 miliardi di metri cubi l'anno proprio se la Turchia dovesse decidere di acquistarne. A riguardo lo scorso gennaio, è entrato nella partita per la fornitura del gas israeliano anche un partner privato turco, la società Zorlu Enerji che insieme ad un gruppo israeliano (Edeltech), ha firmato un contratto di 1,3 miliardi di dollari con la Noble per la fornitura di 6 miliardi di metri cubi di gas. Lo sbocco turco è un'opzione che piace al ministro dell'energia israeliano Steinitz perché un eventuale gasdotto in grado di trasportare il gas del Leviatano sulle coste turche sarebbe comunque meno costoso di un eventuale progetto passante per Cipro e poi la Grecia.

 

L'ambizione di Netanyahu è quella di portare la produzione israeliana al mercato europeo. Il capo della delegazione Ue in Israele, il diplomatico danese Lars Faaborg-Andersen, sta lavorando a una visita del Commissario per l'energia Sefcovic per incontrare i rappresentati israeliani e discutere dei principali dossier. Sefcovic, come ha già avuto modo di dichiarare incontrando il premier greco Tsipras, già appoggia il progetto di interconnessione elettrica tra Tel Aviv, Nicosia e Atene (progetto Eurasia) e non è escluso che possa dare il via libera anche ad un corridoio del gas del Mediterraneo. In questo senso, Israele potrebbe trovare un importante alleato nella Grecia. Il viceministro degli esteri del governo di Atene, Nikos Xydakis, che segue con attenzione la partita energetica ha più volte parlato della costruzione di legami forti per la cooperazione energetica con lo Stato ebraico. Le strategie sul gas in questo quadrante si intersecano anche con gli interessi italiano, come ha ricordato il direttore generale di Snam, Marco Alverà, secondo cui la realizzazione del Tap va considerata come una priorità strategica per l'Europa, andando ad aiutare la creazione di un hub del gas nell'area mediterranea.

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