Thomas Piketty

La diseguaglianza del global warming

Redazione
Cosa c’entra la diseguaglianza con il global warming? Thomas Piketty con il suo famoso e discusso best-seller “Il capitale nel XXI secolo” è diventato famoso soprattutto come specialista del primo tema, ma Cop21 si tiene nella sua Parigi, e da che mondo è mondo è vocazione degli intellò francesi pontificare su tutto e tutti.

Cosa c’entra la diseguaglianza con il global warming? Thomas Piketty con il suo famoso e discusso bestseller “Il capitale nel XXI secolo” è diventato famoso soprattutto come specialista del primo tema, ma Cop21 si tiene nella sua Parigi, e da che mondo è mondo è vocazione degli intellò francesi pontificare su tutto e tutti. Ha iniziato dunque il 14 novembre con una lettera al Guardian firmata assieme all’“economista ecologico” Tim Jackson, autore a sua volta dell’altro bestseller “Prosperità senza crescita”, il cui titolo è in effetti già da solo un programma eloquente. I due hanno rivolto un appello agli “investitori responsabili” a “disinvestire dal fossile”.  Probabilmente, però, quell’invito ad aggiungersi spontaneamente a “un movimento che già rappresenta 2,6 trilioni di dollari di asset” deve essere sembrato loro troppo poco coercitivo. Piketty ha quindi fatto una seconda proposta: far pagare una special carbon tax agli utenti di business class degli aerei (con il rischio di incentivare a viaggiare di più in economica, e produrre esiti opposti in quanto a emissioni di CO2). A ogni modo, ora che il summit sul clima delle Nazioni Unite è effettivamente iniziato, Piketty attraverso un post ripreso dal Monde ha fatto una terza ulteriore proposta: una carbon tax a livello mondiale pagata non dai paesi produttori, ma da quelli consumatori.

 

“Si sente spesso dire, in Europa e negli Stati Uniti, che la Cina è diventata il primo inquinatore mondiale, e che è dunque ora il turno dei cinesi e di altri paesi emergenti di fare i loro sforzi”, dice Piketty. Lui spiega che “le deboli emissioni europee si spiegano in parte per il fatto che delocalizziamo massicciamente all’estero, soprattutto in Cina, la produzione dei beni industriali ed elettronici inquinanti che noi amiamo consumare”. Contando i flussi di import ed export le emissioni europee aumenterebbero dunque del 40 per cento, e quelle nord-americane del 13 per cento. Piketty fa dunque qualche calcolo e decide che il nord America dovrebbe pagare il 57 per cento dei 150 miliardi di dollari all’anno previsti per il fondo mondiale per gli adattamenti climatici, l’Europa il 16 per cento, Russia e medio oriente il 6 per cento e la Cina il 5. Qua però la domanda è: è l’occidente che delocalizza in Cina, o è la Cina che toglie quote di mercato ai produttori occidentali con un aggressivo dumping sociale e, appunto, ecologico? Proprio di questi giorni è la notizia della bancarotta della Abengoa: ennesimo colosso occidentale del fotovoltaico che questo dumping ha messo a mal partito. E secondo Piketty questo dumping lo dovrebbero finanziare i contribuenti occidentali?

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