di cosa parlare stasera a cena

In Sardegna Meloni sa perdere

Giuseppe De Filippi

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“Dillo che hai perso! Mettici la faccia!”, ora l’assedio dichiaratorio contro Giorgia Meloni da parte di Giuseppe Conte ed Elly Schlein si sta facendo troppo serrato e un po’ puerile. Anche perché Meloni, senza arrivare alla cenere in testa, una parte di responsabilità se l’è presa per la sconfitta sarda (aiutata anche da una certa serietà del suo candidato, che ha evitato pose da cattivo perdente e ha tenuto un comportamento molto corretto e rispettoso di un’intelligente etichetta democratica) fino al gesto politicamente saggio di chiamare direttamente lei la neopresidente sarda Alessandra Todde per fare i complimenti e avviare i contatti istituzionali con il governo per lavorare su obiettivi comuni.

   

Meloni ha anche evitato le polemiche con i suoi alleati, anche di fronte al dato impressionante della vittoria del centro-destra nell’aggregato dei voti di lista e della sconfitta nei voti per la presidenza, evidente spia di una disaffezione degli elettori e forse anche dei dirigenti dei partiti coinvolti, e un po’ costretti, nell’alleanza a favore del meloniano Truzzu. Adesso questa vittoria e questa sconfitta aprono prospettive in entrambi gli schieramenti e smuovono anche il centro. A sinistra si vedono solo campi larghi e larghissimi, ovunque e comunque. E attenzione perché l’Abruzzo potrebbe proseguire la serie e aumentare l’effetto di esaltazione, nel quale non manca però anche il rischio di esaltarsi troppo e di far prevalere la logica numerica dei super campi a scapito della proposta politica. A destra e tra i centristi che la frequentano c’è una buona occasione per ragionare. Lo hanno detto in tanti e ci uniamo noi a cena, queste elezioni hanno offerto un’altra prova dell’utilità di aprire il mondo politico meloniano (espressione che si dovrebbe usare per distinguerlo dal leghismo e anche dalla nuda e cruda riproposizione di posizioni nostalgiche pre-finiane, nel senso di Gianfranco Fini). Il melonismo è ancora un’ideologia confusa, neanche abbozzata per la verità, ma con qualche possibilità visto che ha ricevuto una specie di apertura di credito preventiva da parte degli elettori. Fuori dai suoi libri autobiografici, insufficienti a fondare un pensiero politico, Meloni avrebbe bisogno di qualche bella giornata pubblica di riflessione, un bel congressone anni Settanta, per decidere e comunicare al mondo i suoi progetti e la sua vera squadra di collaboratori. Matteo Salvini è tornato a parlare di cantieri e dovrebbe continuare a farlo nei prossimi mesi e anni. Antonio Tajani si è dedicato a un successo con la liberazione di italiani sequestrati dal 2022 in Mali. Il consiglio per tutti loro è che pensino a governare, dandosi una prospettiva di legislatura, lasciando stare la guerra interna per quattro voti in più alle europee (ma è un consiglio che non verrà ascoltato). Poi c’è Carlo Calenda con la solita uscita estemporanea, adesso ha scoperto che non si può prescindere da Giuseppe Conte e ci ha regalato un’altra delle sue improvvisazioni, proposte non fondate se non nel suo personale umore del risveglio mattutino, mosse prive di radicamento politico. Mosse, a proposito di europee, piuttosto pericolose per un piccolo partito in cerca di intese elettorali

   

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Cosa serve all’Ue per reggere il confronto mondiale, economico e militare

 

Fatto #2

Emmanuel Macron ha provato con un’uscita a sorpresa a superare il tabù dei militari Nato da inviare in Ucraina, ed è stato respinto dai suoi colleghi (che pure ribadiscono il sostegno a Kyiv)

 

Vladimir Putin sopperisce in altri modi alla necessità di truppe al fronte

 

Fatto #3

Prendiamo da Anne Applebaum e Steve Rosenberg le parole giuste per segnalare la nuova persecuzione personale e cancellazione dei diritti umani avviata da Putin contro un avversario politico

 

E il funerale impossibile per Alexei Navalny

 

Oggi in pillole