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DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Il Pd delude sui candidati e fa (quasi) sperare nel "terzo polo"

Giuseppe De Filippi

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Già mesi fa, in qualche cena, avevamo parlato delle strategie elettorali portate dalla diminuzione dei parlamentari calata nello schema delle liste bloccate. Figuriamoci se contano qualcosa le nostre chiacchiere a cena, però possiamo dire serenamente di non essere stati ascoltati. Il Pd e i suoi alleati hanno trascurato del tutto il ruolo speciale che questa volta hanno le liste dei candidati nel proporzionale. Non è stata colta questa novità. Perché i nomi delle liste con probabilità seria di elezione sono pochi, ovviamente, e il loro peso nelle scelte degli elettori aumenta drammaticamente. Il Pd ha applicato questo criterio solo in poche e importanti eccezioni, come nella candidatura di Enrico Letta capolista in Veneto e in Lombardia, e lì, appunto, ha quasi esagerato, abusando di ciò che altrove ha invece trascurato. È la classica eccezione che conferma la regola e che mostra come la strategia generale del Pd sia stata confusa, non ispirata a un progetto, priva di unicità nei criteri decisionali. In questo modo le candidature interessanti e di valore vengono annullate dal rumore di fondo delle altre, molto discutibili, segnate dalla prevalenza di rapporti di piccoli clan o di cordate, mentre l’apporto esterno è limitato a nomi di qualità ma caratterizzati dal vantaggio/svantaggio dell’appeal televisivo, anche loro malgrado, come Carlo Cottarelli o Andrea Crisanti. Peccato, perché, invece, sarebbero interessanti i nomi e le vicende politiche dei 4 capolista dem con meno di 35 anni. Si chiamano Caterina Cerroni, Marco Sarracino, Raffaele La Regina e Rachele Scarpa. C’è una certa curiosità, ora, nei nomi che verranno scelti da Carlo Calenda e Matteo Renzi, per i quali si apre qualche possibilità di cogliere spazi tra gli errori del Pd (ma non fatevi illusioni).

  

Le tre "cose" principali  

Fatto #1

Mentre l’avvocato del popolo si butta sui magistrati, in evidente continuità con l’influenza del Fatto di Marco Travaglio

Fatto #2

C’è una certa confusione sul concetto di presidenzialismo e non è tranquillizzante. La stessa idea meloniana che si tratti di un metodo per stabilizzare la politica tradisce intenzioni di riforma costituzionale che vanno palesemente aldilà di quanto dichiarato. Perché uno stabilizzatore, cioè uno che non è soggetto a crisi o sfiducia, sarebbe, per forza, titolare di un potere superiore a quello del parlamento, e non si vede come conciliare già questa prima obiezione con la nostra costituzione. Renzi, per esempio, non se ne preoccupa

Fatto #3

Dove, invece, le candidature si conquistano con la durezza delle primarie vere gli scontri interni ai partiti possono diventare il fatto politico del momento. Come avviene nella sfida sul trumpismo e su come resistergli nel partito repubblicano, in prima fila c’è Liz Cheney, alle primarie del Wyoming, negli Stati Uniti, in vista delle elezioni di MidTerm.

 

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