di cosa parlare stasera a cena

La riscossa di Letta

Giuseppe De Filippi

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Enrico Letta si è preso 48 ore per dire se assumerà il peso di reggere il Pd in questa fase. È un uomo fortunato quindi l’unica cosa che potrebbe portare a un rifiuto è che, nell’intervallo di tempo indicato, si dimettano von der Leyen o Biden e lo preghino di assumere, modificando ad hoc leggi e costituzioni, i loro incarichi, o che arrivi una telefonata da Pechino pregandolo di coprire il vuoto lasciato improvvisamente dalla decisione di dedicarsi interamente alla pesca della trota da parte di Xi Jinping. Sentiamo già l’obiezione: ma quale uomo fortunato, gli affidano quella carcassa che è ormai il Pd. E invece no, qui si continua a credere che Letta sia il Gastone della politica italiana e che il Pd non sia affatto una carcassa, o almeno che possa essere rapidamente e profittevolmente rivitalizzato. Probabilmente accetterà, ma questo non significa risolvere i problemi del Pd o azzerarne le opportunità. Letta può sorprendere, speriamo, per aperturismo. E approfittare di questa fase sospesa, in cui i partiti possono riorganizzarsi, per ascoltare tutti, far transitare tutti dal Nazareno, aprire le finestre e le porte del partito. Forse, da già sconfitto in passato, è la persona giusta per provarci. O meglio, non ha mai proprio vinto né proprio perso, ma sempre è stato sostenuto dall’essere nei posti giusti al momento giusto, soffrendo però di una certa mancanza di caratterizzazione. Ora, come tutti quelli che non spiccano per alcuni tratti più notevoli, potrebbe approfittare del ruolo per stracciare un po’ di convenzioni piddine e importare altri caratteri. Come tutti i politici un po’ timidi Letta, in realtà, non vede l’ora di strappare con la tradizione, con le conventicole, e di dare una lezione a quelli che pensano di avere un carattere forte. Con la famosa campanella passata sgraziatamente aveva mostrato i suoi difetti. Ora può emendarsi e dimostrare che quello era il Letta che lui stesso non ama.

  

Le tre "cose" principali 

Fatto #1

L’ordine dei medici del Piemonte chiede che la regione diventi subito zona rossa. Il destino, a breve, sembra quello anche per altre zone d’Italia. Sembra di capire che, mentre la campagna vaccinale si definisce meglio, bisogna assolutamente evitare che queste settimane facciano ripartire fortemente i contagi. Rispetto al lockdown dell’anno scorso c’è la certezza dell’esistenza dei vaccini, e questo cambia completamente le condizioni generali, ma non c’è, come è noto, altrettanta sicurezza sui tempi di somministrazione. E ieri, con l’avvertimento sui probabili, quasi certi, ritardi da parte di Johnson & Johnson, si è capito che uno slittamento va preso seriamente in considerazione, anche se, da Pfizer e altri, invece, arriveranno in Ue dosi aggiuntive, per l’Italia sono 530 mila nelle ultime due settimane di marzo. A maggior ragione non si può rischiare di rovinare tutto per scansare un ultimo sforzo, perché con i vaccini si vince.

 

Fatto #2

E stasera, per cena, sapremo cosa decide la cabina di regia riunita a Palazzo Chigi per stabilire come e quando limitare ulteriormente la vita sociale, gli spazi pubblici, il commercio. Ma in giornata c’è stata, sempre a Palazzo (espressione che proponiamo per evitare quella orribile “a Chigi”) la firma del patto per l’innovazione, ovvero del tentativo di scuotere, col consenso dei sindacati, o meglio delle loro segreterie nazionali e confederali, la macchina della pubblica amministrazione. Non se ne può fare a meno, perché i soldi europei arrivano a destinazione solo se ci sono le strutture in grado di impegnare risorse e gestire progetti. E, per quanti consulenti di multinazionali uno possa cercare, alla fine si passa per la Pa. Mario Draghi lo sa bene e oggi ha un po’ sorpreso intervenendo pubblicamente (com’è noto non ha una spiccata loquacità pubblica) per spiegare proprio le ragioni dell’impegno in questa riforma. Cosa rara, perché in passato i presidenti del consiglio cercavano di eclissarsi quando si parlava di pubblico impiego, salvo accennarne ma solo in negativo per chiedere tagli alla burocrazia. Allora, questa burocrazia invece di maledirla in astratto è meglio andare a guardarla in concreto. Se non altro perché non c’è alternativa. A Draghi, proprio perché non è uomo di partito e tantomeno parlamentare, manca la struttura intermedia che ha sempre sostenuto i presidenti di estrazione tipicamente politica, vero, e allora si capisce che voglia fare ciò che nessuno finora era interessato a fare e cioè allearsi con gli statali. È una fortuna, ma forse non è un caso (evidentemente Mario Draghi ha scelto le persone, pur rispettando le quote di partito), che il responsabile di questa transizione sia Renato Brunetta, che ha idee, è un lavoratore tostissimo, conosce la macchia statale.

  

Fatto #3
Viviamo in tempi interessanti. In cui, per esempio, Bibi Netanyahu va in visita negli Emirati Arabi Uniti e mancano anche solo 10 giorni alle elezioni in Israele.

 

Oggi in pillole

  • Una precisazione che vi può servire, avendo a che fare col no-vax di turno
  • Le buone pratiche della Regione Lazio, con risultati molto buoni nella campagna vaccinale e la capacità di avviare iniziative specifiche per coprire le diverse esigenze della popolazione
  • I passi concreti per aumentare i diritti politici negli Usa e la possibilità di partecipare alla vita pubblica, a partire dal voto
  • A Tokyo in molti avevano investito nell’immobiliare immaginando facili affari con le necessità di alloggio delle squadre e delle delegazioni olimpiche. Con il rinvio sono rimasti scottati. E chiedono compensazioni. Comprensibile, però (sì è vero non sono affari nostri ma parliamone lo stesso) c’è anche in questa vicenda la spia di un atteggiamento non proprio giustificabile. Stiamo parlando dell’idea che qualunque investimento, con capitale non a caso detto “di rischio”, debba essere invece ristorato se succedono fatti avversi. È vero che una pandemia è causa di invalidità dei contratti, ma in questo caso non c’erano contratti né altro, ma c’era una ragionevole aspettativa. Insomma, se uno compra 2 porchette per vendere i panini al derby e poi la prefettura decide che si gioca a porte chiuse perché ci sono state violenze ci rimette e sa che sono rischi del mestiere. L’idea mondiale di ristoro assoluto andrebbe messa in discussione.
  • Il cane di Joe Biden tornerà presto alla Casa Bianca dopo l’episodio del morso
  • Chiusi in casa e tantissimi, a quanto pare, a giocare con le costruzioni

  

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