La donna che che s'è gettata dal campanile e quelli che provano disgusto per il bacio

Redazione

L'uomo accoltellato dal figliastro e la notizia che per cambiare sesso non serve l'intervento chirurgico

DELITTI


 

M. B., 45 anni. Un lavoro da ambulante, viveva con la compagna, addetta in un’impresa di pulizie, e il di lei figlio, studente di 15 anni, nato dal precedente matrimonio. Dopo uno sfratto risalente a sei anni fa, avevano ottenuto dal Comune di stare in una ex casa cantoniera in cambio di un affitto modesto. Dicono tutti che i tre conducessero una vita non agiata, ma dignitosa, senza problemi da segnalare ai servizi sociali. Ieri mattina il ragazzo e l’uomo iniziarono una discussione che si trasformò in litigata. Tutto finì quando il quindicenne prese il primo coltello che gli capitò tra le mani e, davanti agli occhi della madre, con quello colpì l’uomo al petto, dritto al cuore.

 

Poco dopo l’ora di pranzo di martedì 22 luglio sulla via Aurelia, a Carrodano, in alta Val di Vara, provincia di La Spezia. 

 

Ismaele Lulli, 17 anni. Di Sant’Angelo in Vado, nel Pesarese, «solitario», «un po’ eccentrico», fisico prestante, viveva con la madre. Domenica scorsa uscì con due compagni di scuola, gli albanesi Igli Meta, 20 anni, e Mario Nema, 19 anni, che gli avevano proposto di andare a fare un bagno al fiume. I tre arrivarono a San Martino in Selva Nera e lì il Meta, convinto che il Lulli avesse una tresca con la sua fidanzatina, la diciannovenne macedone Ambera, con l’aiuto del Nema lo legò a una croce di ferro col nastro da pacchi e prese a chiedergli dei rapporti con la sua donna. Siccome l’amico negava tutto gli sferrò due coltellate alla gola che quasi gli staccarono la testa dal collo, mentre il Nema stava a guardare. Poi i due mandarono un sms dal cellulare del morto («Non cercatemi. Andrò a Milano»), trascinarono il cadavere fino a un dirupo, lo fecero rotolare giù, e per ripulirsi dal sangue fecero un bagno nel fiume. Arrestati due giorno dopo.

 

Domenica 12 luglio a Sant’Angelo in Vado, Pesaro.

 

 

SUICIDI 


 

Ludovico Caiazza, 32 anni. Pregiudicato napoletano, tossicodipendente, ritenuto l’assassino del gioielliere Giancarlo Nocchia, 70 anni, ucciso durante una rapina mercoledì 15 luglio in via dei Gracchi a Roma. Domenica 20 si è impiccato con un lenzuolo stretto al collo e agganciato alla finestra in una cella del reparto di Grande sorveglianza del carcere Regina Coeli, dov’era stato portato sabato 19 luglio. Caiazza era stato arrestato dai carabinieri lo stesso sabato su un Intercity partito da Formia che lo stava riportando a Roma. Al momento del fermo aveva con sé il cellulare spento di Giancarlo Nocchia, due pistole, del metadone e un borsone pieno di preziosi: anelli, bracciali, collane, alcuni dei quali avevano ancora l’etichetta della gioielleria Nocchia. Prima di uccidersi, nei colloqui con lo psicologo e con l’avvocato, s’era mostrato molto turbato: «Volevo solo ferirlo a una gamba». 

Qualche minuto prima delle 23 di domenica 20 luglio a Regina Coeli, Roma.

 

Gianluca “Giangi” Mereu, di anni 22. Di Milano, appassionato di viaggi e oriente, frequentatore di un corso di kick boxing, senza impiego, da poco uscito da una importante storia d’amore, figlio di una coppia ormai separata ma ancora in ottimi rapporti (madre e padre gestiscono due noti ristoranti). Sabato sera dopo cena lasciò la madre per far serata con un’amica. Rientrò nella bella casa di piazza Piola, al civico 5, domenica mattina alle quattro, facendo un gran baccano. La madre, svegliata di soprassalto, lo trovò agitato, provò a calmarlo e si prese un pugno in faccia. La donna chiamò allora l’altro figlio, che abita nello stesso stabile, e l’ex marito, residente poco lontano. Gianluca aggredì anche loro, poi scappò a piedi fino alla parrocchia di San Giovanni in Laterano di via Pinturicchio. Ai carabinieri che lo trovarono lì disse che aspettava l’inizio della messa e che, già che c’erano, avrebbero fatto bene a seguirlo in chiesa pure loro. Ascoltando le sue frasi sconnesse, lo accompagnarono al commissariato per calmarlo, fargli le prime analisi e chiamare l’ambulanza. Invece il ragazzo saltò giù dalla barella su cui l’avevano sdraiato, scattò di corsa verso una finestra e con un balzo si schiantò tre piani più in basso. 

Mattina di domenica 19 luglio, alla Questura di Milano. 

 

Annamaria Miotti, 33 anni. Di San Giorgio in Bosco (Padova), col padre Virginio, la mamma Elsa, il fratello Stefano e la sorella Paola era molto attiva nel volontariato. «Piena di vita e di progetti», stava prendendo la seconda laurea in Scienze dell’alimentazione a Parma, recitava a teatro e aveva pure girato qualche spot. Mercoledì mattina, accompagnata dal padre, andò a fare una visita specialistica in ospedale e scoprì di avere una malattia degenerativa alla retina che rischiava di portarla gradualmente alla cecità. Dopo pranzo disse ai genitori che andava a prendere il fratello in stazione e invece andò nella chiesa di Sant’Anna Morosina, dove tutte le domeniche leggeva i passi della Bibbia, salì in cima al campanile e si buttò di sotto. Trovata sull’asfalto col cranio spappolato.

Giovedì 23 luglio a San Giorgio in Bosco (Padova).

 

 

AMORI


 

CANZONI Negli anni Cinquanta solo il 3% delle canzoni in cima alle classifiche mondiali parlava di sesso. La percentuale nel 2009 era salita al 92%.

Antonio Di Pollina, la Repubblica 21/7. 

 

CASSAZIONE La Cassazione ha deciso che per cambiare sesso non serve l’intervento chirurgico, ma è sufficiente chiedere la rettifica all’anagrafe. La sentenza è arrivata accogliendo il ricorso di Sonia Marchesi, ex Massimiliano, che nel 1999 aveva fatto tutti i passi per il passaggio, anche chirurgico, ma poi alla fine si è fermata: «Avevo capito che stavo benissimo così, con me stessa e la mia sessualità». Quindi aveva chiesto di poter modificare i suoi dati senza sottoporsi all’operazione temendo «complicanze di natura sanitaria» e sostenendo «di avere già raggiunto un’armonia con il proprio corpo che lo aveva portato a sentirsi donna a prescindere». Domanda che il tribunale aveva rigettato, ritenendo il trattamento chirurgico «condizione necessaria». Dello stesso avviso era stata la Corte d’appello di Bologna. Ora, invece, è arrivato il parere dei supremi giudici che hanno ordinato agli ufficiali dello stato civile competenti le modifiche anagrafiche. Fino a ieri Sonia Marchesi ogni volta che tirava fuori i documenti doveva spiegare perché sulla foto c’era un uomo, un nome maschile: «Una volta al Pronto soccorso ho dato i miei documenti e mi hanno risposto: “Scusi, c’è un errore, ci ha dato i documenti di suo marito”».

Tutti i giornali del 21/7. 

 

TAORMINA Intervistato al programma La Zanzara su Radio24, Carlo Taormina (già condannato per discriminazione verso gli omosessuali) ha detto: «I froci mi danno fastidio fisico. Li riconosco, fanno delle mossette. Ormai li riconosco. Per esempio il movimento delle mani, il modo di camminare. Li pizzico subito, come i delinquenti. E normalmente non sbaglio. I gay nascono con un difetto fisico, sono difettati. Possono anche fare i loro comodi, senza rompere i coglioni con le manifestazioni che mi fanno ribrezzo. Ci sono persone col culo di fuori, sono cose ignobili, inaccettabili». Se avesse un nipote omosessuale? «Cercherei di farlo andare in altre direzioni. Faccia la sua vita da omosessuale senza rompere i coglioni».

Dagospia 23/). 

 

YOGURT Battiato, tanto ascetico, pratica la castità? «Magari! Ahimè no, questo è stato il mio problema. Io ho una necessità di libertà, non potrei mai litigare per un dentifricio spostato». Il suo rapporto con le donne? «Quando ero molto giovane e suonavo con il mio complesso, ne ero sempre circondato: una volta ce n’era una sulla quale avevo puntato e una sera venne a casa mia. Ai tempi avevo pochi soldi, così uscii e comprai tre yogurt, poi andai a farmi la doccia: quando tornai fuori, scoprii che li aveva mangiati tutti e tre. Ma come, le dissi, neanche uno me ne hai lasciato? Ecco, diciamo che anime gemelle non ne ho avute... Ma amiche degne di questo nome, sì, e ogni tanto ce n’è qualcuna che viene a stare qui con me per cinque, dieci giorni. In camere completamente separate, però, per forza!»

a Elvira Serra, Corriere della Sera 24/7. 

 

SOCIETA’ Uno studio pubblicato a luglio su American Anthropologist ha mostrato che meno della metà delle 168 civiltà prese in esame prevede l’esistenza del bacio (inteso dai ricercatori come un «contatto fra labbra che può o può non essere prolungato» connotato sessualmente). Ne è stata trovata traccia solamente in 77 civiltà fra quelle esaminate, cioè il 46% del totale. Il bacio connotato sessualmente è presente in tutte le civiltà esaminate del Medio Oriente e nella maggior parte di quelle asiatiche ed europee. È assente, invece, in tutte le dieci società esaminate provenienti dall’America Centrale, e decisamente minoritario nelle civiltà sudamericane e africane. Il bacio è presente nell’82% delle civiltà che presentano una stratificazione sociale «complessa», mentre è assente nel 71% delle società «egalitarie», cioè primitive, senza strutture sociali e di potere sviluppate, e nel 63% delle società solo parzialmente stratificate. Gli studiosi teorizzano che «forse esiste una causa per cui nelle società stratificate gli individui hanno tempo e interesse nelle dinamiche erotiche, e quindi per il bacio». Nello studio si precisa anche che «è possibile che la diffusione del bacio connotato sessualmente abbia conciso con altri fattori, come la nascita dell’igiene orale o la presa di potere di alcune classi sociali che davano importanza alle pubbliche dimostrazioni di affetto».

il Post 23/7. 

 

SALUTE Secondo alcune teorie, il bacio potrebbe essere un mezzo per testare la salute e la compatibilità genetica di un possibile partner. Inoltre alcuni riportano il fatto che gli scimpanzé sono soliti baciarsi per dimostrare la solidità di un legame. Secondo altri, invece, il gesto del bacio è il modo più semplice per scambiarsi agenti patogeni. E infatti in alcune società (per esempio tra i Mehinku dell’Amazzonia e i Thonda del Sudafrica)  è considerato una pratica disgustosa.

ibidem

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