Ansa
Una dimora di luce
Il Natale arriva a illuminare i buchi neri dei pensieri che non ci sono più
Non è possibile che ci sia un momento in cui non sarà più vero che ieri sera ho avuto quel tale pensiero. Quindi dobbiamo pensare a un “luogo” dove tutto ciò che pensiamo sia per sempre custodito, Ecco allora il Natale. Quel bambino che nasce per noi è la salvezza di tutti e di tutto
Credo che capiti a tutti di rincorrere per giorni qualcosa che certamente ci è passato per la mente ma di cui abbiamo dimenticato quasi tutto. C’è ancora qualche flebilissima traccia, ma è come se non ci fosse più nulla. Un’illuminazione della quale resta soltanto il ricordo della luce, senza nessun contenuto. Un’esperienza per certi versi inquietante. Vano chiedere lumi a chicchessia, considerato che non ne abbiamo parlato con nessuno. Men che meno possiamo contare su noi stessi, essendo appunto noi coloro che hanno dimenticato. A una certa età le sinapsi fanno brutti scherzi, dirà qualcuno. Eppure, vecchiaia a parte, in questa specie di allucinazione restano almeno due questioni sulle quali mi riprometto di riflettere durante gli ozi delle prossime festività. La prima potremmo formularla così: come è possibile che la mia mente si ricordi di qualcosa che ha dimenticato? La seconda invece la formulerei in questo modo: dove vanno a finire i pensieri una volta che ce li siamo dimenticati?
Se cerco di ricordare qualcosa evidentemente è perché non l’ho dimenticata del tutto, altrimenti non cercherei neanche di ricordarla. Ma che significa ricordarsi dell’entusiasmo procuratoci da un’idea che ci è passata per la mente, se non ci ricordiamo più nulla di quell’idea? Evanescente quanto si vuole, se sento un profumo particolarmente intenso e piacevole, sono certo che potrei riconoscerlo qualora lo sentissi di nuovo, anche a distanza di anni. Ma come posso dire la stessa cosa dell’idea che ho avuto ieri sera, della quale ricordo soltanto l’entusiasmo che mi ha procurato e null’altro? Come potrei riconoscerla? Qualcuno dirà che si tratta di una situazione analoga a quella nella quale ci troviamo allorché pensiamo al tempo in cui avevamo tre anni: sappiamo che certamente quel tempo lo abbiamo vissuto, ma non ci ricordiamo nulla. E’ normale. Tuttavia è molto diverso da qualcosa che mi è balenato per la testa e che non riesco più a ricordare. Il fatto che io adesso abbia una certa età implica di per sé, senza alcun dubbio, anche il fatto che io abbia avuto tre anni. Non c’è alcun bisogno che io mi ricordi qualcosa di quel periodo per essere certo di averlo vissuto. Tra l’altro me lo hanno confermato innumerevoli volte i racconti di mia madre. Ma l’idea di ieri sera, che non ricordo più, chi me la potrebbe confermare? E che senso ha quell’aura di bellezza senza contenuto che l’avvolge e che mi spinge a cercare di ricordarla? Non si tratta del “sentimento del nulla” di leopardiana memoria, che si alimenta della realtà “morta e mortifera” delle cose che ci circondano. Nel mio caso, infatti, c’è il “sentimento”, ma mancano le cose. Come certi sogni, che vorremmo rivivere ma dei quali non ricordiamo alcunché, allo stesso modo ieri sera mi frullava per la testa un’idea bellissima che stamattina è svanita nel nulla. Punto.
Evidentemente il clima prenatalizio mi sta dando alla testa, ma sta di fatto che qui si inserisce la seconda questione cui facevo cenno: dove vanno a finire i pensieri che abbiamo avuto e che ci siamo dimenticati? Siccome non è possibile che ci sia un momento in cui non sarà più vero che ieri sera ho avuto quel tale pensiero, a prescindere dal fatto che me lo ricordi o meno, tutto questo implica la necessità di pensare un “luogo” dove in qualche modo tutto ciò che pensiamo sia per sempre custodito, messo al riparo dal nulla. Il fatto che quel pensiero non ci sia più non significa che il suo esserci stato possa essere negabile. Se così fosse, infatti, ci troveremmo impelagati in questioni filosofiche vertiginose, tipo: come è possibile che ciò che è stato non sia stato? Possiamo affermare che non è più (infatti, è stato!), ma non che non sia stato. L’essere stato permane. Ma dove?
Nei momenti del “tempo ordinario” mi capita spesso di pensare che da qualche parte esista una sorta di buco nero dove vanno a finire i pensieri dimenticati, pensieri che non hanno più alcuna luce, assorbiti da un’energia invisibile che si accumula all’infinito senza esplodere mai. Pensieri dimenticati che non sono più di nessuno e che per questo vanno a finire nel buco nero. Eppure, anche se solo per un attimo, quei pensieri sono stati vivi nella mente di qualcuno. Ecco allora il Natale. Quel bambino che nasce per noi è la salvezza di tutti e di tutto, anche dei pensieri che non ci sono più. Una dimora di luce. Altro che buchi neri.