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Sembra Dibba

Il “porcospino” di Canfora vuole infilzare l'occidente e Israele

Maurizio Crippa

Libri e opinioni libere, certo: ma sul banco degli imputati dovrebbe esserci anche la verità storica, non solo l’Occidente. Il metodo è il solito, cancellare le tracce della verità

Lungi da noi voler “desertificare la libertà di espressione”, come dice Travaglio dalla Gruber su La7, ognuno è libero di pubblicare i libri che vuole, Laterza ad esempio le elucubrazioni pamphlettistico-paranoiche di Luciano Canfora sull’occidente, parola che “serve a imbellettare la politica di potenza”. E la seconda testata di Cairo, il Corriere, è liberissimo di darne anticipazione. Viene solo da interrogarsi sulla scelta redazionale, del Corriere, di scegliere un brano di "Il porcospino d’acciaio. Occidente ultimo atto" che è un delirio di accuse senza contestualizzazione cavandone un ritaglio che avrebbe potuto ben figurare sul Fatto: per la cura editoriale del generale Mini. Ma siamo certi che la contestualizzazione, il perché oppositivo tra la Nato e i suoi nemici, sarà ben spiegata nel resto del croccante libro. Nessuna idea può essere desertificata, ognuno pensa ciò che vuole. Pure Canfora. Ma un minimo di rispetto per la verità dei fatti la si dovrebbe pretendere persino dal filologo che per partito preso parteggia per Sparta e odia Atene.

 

Il succo degli excerpta canforiani è tutto nell’affermazione, non comprovata, che occidente e oppressione militare coloniale siano sinonimi: “Il Patto Atlantico è il Santo Graal dell’occidente: qualche dizionario presenta i due concetti come sinonimi. I soci fondatori avevano tutti un tratto in comune: usurpavano, o avevano appena perso, un dominio coloniale”. Un’intelligenza anche non artificiale ma non in precedenza ben allenata si troverebbe subito spiazzata, senza terra sotto i piedi: non gli viene detto che la Nato nasce perché di là c’è l’altro Patto, quello minaccioso (grozny) della dittatura che si era divorata mezza Europa ed era quasi giunta a Trieste. Si dice invece che “quando nacque la Nato, il mondo colonizzato era in rivolta”. La Nato non ha invaso l’Asia o l’Africa, ma Canfora lo omette. Scrive però che gabellò il suo colonialismo con “valori” e propinando parole di comodo, “libertà” e “democrazia”, per dare avvio “al sanguinoso sforzo di ri-colonizzare i continenti che stava perdendo”. Che “libertà” e “democrazia” piacessero persino a Gorizia, lo tralascia. La tesi, in breve: “Per guerreggiare unito, l’occidente ha bisogno di un nemico”, ma di fronte a tanta minaccia “il resto del mondo non rimase inerte”. Notevole che Canfora nel brano si sforzi come un ladro di verità di cancellare tutte le impronte: l’Urss non è mai citata (solo la gloriosa Rivoluzione). La Cina men che meno, hai visto mai che D’Alema si dispiaccia? L’altra metà invisibile del mondo, penserà il lettore, è buona e pacifica, è solo l’occidente cattivo che muove guerra: ma non è specificato nemmeno contro chi. Ma alla fine il grande inganno è smascherato, glielo avrà spiegato Mini: “L’ipertrofica dilatazione della Ue e la altrettanto ipertrofica dilatazione della Nato posero le premesse di nuovi conflitti”. Non Putin: l’Ue e la Nato. “Le formule predilette nei loro strumenti di informazione oppiacea, erano due: a) gli Usa, ‘la più grande democrazia del mondo’; b) Israele, l’unica democrazia del Medio oriente’. Ora di questi piatti rancidi restano solo macerie”, si augura il pifferaio magico. Ecco infatti il punto finale: “Lo stato terrorista israeliano”. Perché, strano ma vero, tutto torna, nelle letture monche e sbalestrate di cosa sia l’occidente, ed è che spunta sempre l’antisionismo. L’aculeo avvelenato del “porcospino d’acciaio” è lo stato ebraico. Nemmeno Dibba avrebbe saputo argomentare meglio. Liberi di dire ciò che si vuole, ma la decenza storica ogni tanto servirebbe.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"