Carl Spitzweg, Il topo di biblioteca, 1850 circa
Il piccolo oracolo letterario da tirare fuori quando neanche ChatGPT ti suggerisce la citazione giusta
Nel suo “Non sapendo fare a maglia. Diario di viaggio di un lettore compulsivo”, Lodovico Festa raccoglie 555 frammenti tra letteratura, cinema e vita vissuta, restituendo un metodo affettuoso e ironico per ritrovare quel sapere smarrito che i lettori inseguono da anni. Uno zibaldone necessario
Era in Montaigne. O forse in Benjamin. No, aspetta: in quel saggio di Sontag? Ma quello sul camp o sulla fotografia? Eccolo il chiaro sintomo dell’invecchiamento o del precoce rincoglionimento di quella categoria di persone che per lavoro stende articoli, saggi, libri (e dunque si suppone legga anche): il non trovare mai, sistematicamente, la citazione giusta quando serve. Eccoci tirare giù libri su libri dagli scaffali polverosi, compulsare indici, sfogliare pagine: dov’era quel fantastico Kraus, quel Flaiano che qui sarebbe perfetto? La scena è sempre la stessa. La frase è lì, nella memoria. Nitida come un’allucinazione. Solo che non ricordi dove l’hai letta. E soprattutto: quando. A volte ti aggrappi anche ai colori (massì la copertina era verde-salvia…era un Adelphi!). Ma ora accumuli libri sul Kindle, non funziona più. Anni fa – come tutti – mi promisi di raccogliere passaggi e aforismi per grandi temi su un file che intitolai “Thesaurus” (sintomo precoce di poca voglia, scarsa fantasia). Promessa non mantenuta: mollai alla sesta o settima frase. Ci vuole costanza, tenacia. Ci vuole un metodo. Ci vuole una vita.
Ecco perché quello di Lodovico Festa non è solo un libretto delizioso ma anche – per una volta possiamo dirlo – “necessario”. S’intitola “Non sapendo fare a maglia. Diario di viaggio di un lettore compulsivo” (lo pubblica Liberilibri), ed è fatto di “555 citazioni, aforismi versi accompagnati da brevi commenti e note autobiografiche”, raccolte con gli unici criteri che tengono a bada le megalomanie letterarie: la semplicità e l’ironia, che è già tutta in quel titolo meraviglioso (“l’affaticarmi ancora a scrivere nasce dal fatto che non so fare a maglia”).
Si presenta con la nobile genealogia dei grandi zibaldoni della cultura europea: il Benjamin del “Passagenwerk”, Flaiano, Kraus, volendo anche il Bellocchio (Piergiorgio) del “Diario del Novecento”. C’è lo spirito dei grandi collezionisti di frammenti e amanti della letteratura: quelli che non credono più alla possibilità del sistema ma che al sistema non rinunciano. Lo ricostruiscono per accumulo, per montaggio, per analogie. Qui si inseguono lampi di memoir, vissuto, ricordi, si svolazza con disinvoltura rara e levità intrepida tra Machiavelli e i dialoghi di Jane Austen, Tommaso D’Aquino e gli aforismi di Nora Ephron e battute di Lubitsch, del “Grande sonno” di Hawks, di Bette Davis (“arriva un momento, nella vita di ogni donna, in cui la sola cosa che aiuta è una coppa di champagne”). Dietro questo “personale dizionario” di pagine letterarie, film, articoli, c’è una vita intera e una scena primaria: luglio 1961, appena finita la terza media, Lodovico Festa viene spedito in Inghilterra a studiare inglese e trova ad aspettarlo quaranta libri mandati dal padre: Puškin, Diderot, Voltaire, Tolstoj, Balzac, Mann, eccetera (sì, c’è stato un tempo in cui ai figli in vacanza-studio in Inghilterra i genitori non mandavano file audio o emoji sul telefono, ma addirittura libri).
Trovo ci sia qualcosa di commovente in questo lavoro. Forse la sensazione di appartenere tutti a un mondo ormai estinto o quasi. Forse il tentativo – spiega Festa – di sanare le fratture tra “vita operosa” e “vita meditativa”, provando qui a riconciliarle con il fine essenziale di “raccontare perché vivere leggendo è un bel modo di vivere”. E’ come se Festa avesse passato una vita a preparare un regalo per sé stesso e per noi. Perché sì, è bello leggere Borges, Eliot, Auden. Ma quando stai scrivendo un articolo alle tre di notte e ti serve quella citazione perfetta su quella cosa lì ecco che questo libro diventa una salvezza. Meglio di Google. Meglio di ChatGpt (che spesso si sbaglia). Qui ogni citazione apre un mondo, suggerisce una lettura, fa venire voglia di andare a cercare il libro originale.
La prefazione di Mattia Feltri racconta con un lampo la figura di “Vichi” (per gli amici) al Foglio: nascosto nella sua stanzetta dietro pile di carta, capace di pescare al primo colpo il ritaglio necessario come un GPS letterario. Un consiglio: tenete questo libro sulla scrivania. Apritelo a caso quando avete bisogno di ispirazione. Usatelo come un piccolo oracolo letterario. E quando finalmente troverete quella citazione che cercavate da ore, ringraziate Lodovico Festa che ha fatto per voi il lavoro sporco.