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Un convegno di destra su Pasolini rivela sudditanza e provincialismo imbarazzante
Nella locandina del convegno dell'iniziativa promossa da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia, PPP viene definito "conservatore". “Ma cos’è, uno sgarbo, una vendetta postuma?”, dice Bonifacio Castellane, il dispari maître à penser di destra
Ppp, che in musica è “piano pianissimo”, nella cultura italiana sta per Pier Paolo Pasolini e suona fragorosissimo quando è combinato alla parola “conservatore”, ultima etichettatura di una imponente serie di aggettivazioni che lo riguardano e sono esplose come schegge di shrapnel nel mezzo secolo dalla sua morte frammentandone l’identità.
“Ma cos’è, uno sgarbo, una vendetta postuma?”, si chiede Bonifacio Castellane, il dispari maître à penser di destra quando legge la locandina del convegno promosso da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia per martedì 25 novembre a Roma: ‘Pasolini conservatore’. “Ossia ciò che non era”, sottotitola Castellane. “Tutt’al più fu un reazionario, meglio ancora un anticonservatore, definitivamente un vero e proprio nostalgico, uno per cui i conservatori erano i bottegai, era l’asse Dc-Pci, era lo status quo contro cui si scagliava nei suoi attacchi al consumismo e nell’amore per la tradizione che ricercava tra le pale del Rinascimento e i contadini, in quella civiltà che nemmeno il fascismo era riuscita a intaccare”.
I dizionari in uso quando era vivo Pasolini non sono scaduti ma ci sono vocaboli che frattanto hanno assunto duttilità telescopica, per cui “conservatore” – i più anziani s’immaginano un Malagodi, uno Zanone, magari un Fisichella – risulta come il formaggino Mio, spalmabile su qualsiasi fetta di pane o solubile nella pastina. Se PPP è conservatore, de Maistre come dobbiamo chiamarlo? “Oltretutto Pasolini, anche quando parlò di ‘destra spirituale’, lo fece contro il conservatorismo, perché non si riferiva ai valori spirituali espressi dalla destra ma al suo spirito conservatore”, aggiunge Bonifacio Castellane sottolineando che “non smise mai di rivendicare il suo marxismo anche se il marxismo lo allontanava col bastone, come fanno i brahmini con i paria. Ma alla qualifica di marxista, è bene ripeterlo, Pasolini non si sottrasse mai”.
Di cos’è fatta dunque quest’allure destrogira che rivendica le reliquie del poeta friulano magari offrendo nello scambio di figurine qualche brandello di Céline, che alla sinistra piace con la precisazione del “nonostante tutto”? Castellane s’appella a un “effetto Pound” che si traduce in un transfert: “Lo sdoganamento di Pasolini a destra avvenne dopo la sua ‘conversione’ poundiana, ma il paradosso è che si è buttata via l’acqua poundiana e ci si è tenuti il bambino Pasolini perché la destra italiana ha compiuto una cesura verticale e netta con il suo passato culturale, tanto che si è rivitalizzata solo con l’irruzione sulla scena degli accelerazionisti americani, della tecnodestra di Elon Musk, con uno spaesamento inevitabile dagli esiti intellettuali drammatici ma non privi di spunti comici, come questo del ‘Pasolini conservatore’. Saranno pure esplosi certi significati con la fine del secolo scorso e avrà pure ragione chi rivendica il superamento delle categorie destra e sinistra, ma ha certamente torto quando pensa che siano superate come concetti universali, perché l’opposizione tra materialismo e spiritualismo è più valida di prima. Se la destra si appropria del conservatorismo è segno che non ha capito la distinzione tra liberale e spirituale, tra stato identitario o basato sul mercato. Puoi riadattare la questione, ma è uno sbaglio reputarla estinta”.
Ma fra tanti dubbi, quello che PPP sia più citato che letto è troppo peregrino? “Vale ancora la pena leggerlo? Come diceva Carmelo Bene, la poetica di Pasolini fu esile come la sua vocina. E poi, si può guardare a un pensatore Pasolini a prescindere dall’uomo? In ‘Salò’ parlava di sé, non possiamo ignorarlo. Quanto le scelte autoriali furono indipendenti dalla vita che faceva? È una domanda che a sinistra non hanno interesse a porsi e a destra non si pongono per un complesso di inferiorità. Forse nel tentativo di appropriazione frettolosa lo si ritiene addirittura un gramsciano che non era affatto, anzi rifuggiva dai luoghi dell’egemonia e fletteva il proprio marxismo più che alla lotta di classe all’anticonservatorismo. Se volevano vendicarsi di lui, non potevano trovare aggettivo migliore per una locandina”. Lo avranno visto il film “La rabbia”, Guareschi vs Pasolini, dove il “conservatore” Pasolini attacca il conservatorismo? Castellane invita alla visione. (E lo trovate su YouTube).
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