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Echi riusciti di Stephen King nella “Notte devastata” di Jean-Batpiste Del Amo  

Mariarosa Mancuso

In attesa della notte di Halloween. L'autore non aggiunge arzigogolii e neppure spiegazioni. Omaggia il genere, e il grande scrittore, che ha tanto amato quando era adolescente

Esce oggi in libreria. Se lo comprate subito, anche su Kindle, può darsi che vi accompagni fino alla notte di Halloween. Può darsi. A dispetto delle 400 pagine, La notte devastata  si fa leggere di corsa, e magari neanche vi dura fino alla notte delle zucche e delle streghe e dalle mascherate, in arrivo con il suo carico di film e di serie. Per dirne una, da ieri è su Sky la serie “IT: Welcome to Derry”. Il prequel di “IT”, romanzo di Stephen King portato sullo schermo in due film dal regista Andrew Muschietti. Racconta le origini di Pennywise: il clown che va in giro con il palloncino rosso, sbucando dalle fogne per attirare i bambini.


Il riferimento a Stephen King non è d’occasione. Il francese Jean-Baptiste Del Amo, romanziere nato a Tolosa nel 1981, ha esordito con Un’educazione libertina: scandaloso romanzo di formazione settecentesco, vinse nel 2009 il premio Goncourt. Poi ha scritto Regno animale: un reduce dalla Prima guerra mondiale, sfigurato, torna al paesello, e pian piano la porcilaia di famiglia diventa uno stabilimento industriale. Siano sempre lodati gli scrittori che da un romanzo all’altro affrontano mondi e generi diversi.

Stephen King, appunto, che a prima vista vuol dire horror. A prima vista. Basta leggerlo per capire che è una grande scrittore novecentesco, capace di raccontare l’età ingrata in cui non si è più bambini, ma non ancora adolescenti. Per questo, quando leggere non era considerato a furor di social un passatempo da sfigati, alla Libreria per ragazzi di Milano il libro più venduto e letto – non serviva né a scuola né a far bella la libreria – era IT, con le sue oltre mille pagine.

La notte devastata – in francese era “ravagée”, forse si poteva tradurre in altro modo, magari “La notte del disastro” – inizia in una cittadina francese a 25 chilometri da Tolosa. Nome di fantasia, Saint-Auch. Cinque ragazzi che abitano nello stesso quartiere fanno quel che fanno gli adolescenti degli anni Novanta. Fumano robaccia, ascoltano i Nirvana, guardano i film dell’orrore. Si chiamano Thomas, Mehdi, Alex, Max e Lena. Gruppo misto, varie classi sociali, con figlio di immigrati. Sono incuriositi da una casa in fondo a un vicolo. Sembra abbandonata, ma nessuno nella cittadina ricorda chi prima la abitava. Fa venire i brividi, come sempre succede a certe case nei racconti dell’orrore. A cominciare dalla Casa Usher, nel racconto di Edgar Allan Poe “La caduta della casa Usher”: l’edificio sembrava guardare chi si avvicinava (e in questo caso osava disturbare la solitudine del proprietario Roderick Usher.) Per arrivare, saltando molti passaggi ma qui parliamo di capolavori, a L’incubo di Hill House di Shirley Jackson (purtroppo massacrato nella serie tv di Mike Flanagan intitolata “Hill House”).


La casa nell’Impasse des Ormas, una delle tante citazioni nascoste nel romanzo (è la traduzione francese di “Elm Street”, dove il mostro con la mano di forbice ruba le notti degli adolescenti nel film di Wes Craven che lanciò Freddy Krueger) incuriosisce. I ragazzi e la ragazza, munita di macchina fotografica, ci entrano una prima volta, restando turbati dall’influenza malefica. Ci tornano a uno a uno, e ognuno lì trova i suoi incubi – tema preso pari pari da IT di Stephen King. Nella cittadina, di giorno, ognuno deve vedersela con genitori violenti, mamme malate, desideri repressi, fattacci di cronaca, sparatorie scolastiche. Jean-Baptiste Del Amo (pubblicato da Feltrinelli Gramma) ha il passo giusto. Non aggiunge arzigogoli e neppure spiegazioni. Omaggia il genere che ha tanto amato quand’era adolescente, e poi da scrittore e da spettatore.
 

     


 
       
       

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