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l'omaggio
Cartoline, salotti e onori ad Alberto Arbasino
Allo scrittore più colto delle lettere italiane è dedicato il documentario di Michele Masneri "Stile Alberto". In molti, quando muniti di registratore facevamo le interviste agli scrittori, abbiamo temuto che si rivelassero noiosoni vanitosi. Ma con lui il rischio non esisteva
Il fan venuto dalla provincia insegue lo scrittore che dalla provincia è fuggito – perché, diceva, “bisogna vivere nella capitale del paese, o almeno a Milano”. Ha lasciato la natìa Voghera per andare a Roma. Il più giovane Michele Masneri, nato a Brescia nel 1974, lo insegue per amore: i suoi libri li ha letti tuttI e ora vorrebbe approfondire con qualche conversazione. Magari più tranquilla di quella carpita con il cellulare durante un viaggio in macchina – ma comunque ricca di esprit arbasiniano.
Stile Alberto era il titolo del libro che Michele Masneri aveva dedicato a Arbasino, nel 2021 (editore Quodlibet). Stesso titolo del documentario di Michele Masneri e Antongiulio Panizzi. Presentato in anteprima domenica alla Festa di Roma, sarà proiettato due volte – per eccesso di prenotazioni – nel pomeriggio del 26 ottobre a Milano (Teatro della Scala, ridotto dei palchi). Tra le sue mille virtù, Arbasino amava l’opera, oltre al teatro, al cinema, alle canzonette. Ne scrisse una per Laura Betti “Seguendo la flotta” (nel documentario la ascoltiamo cantata da Paolo Poli: “Ossigenarsi a Taranto / è stato il primo errore / l’ho fatto per amore / di un incrociatore”.
“Ho deciso di correre il rischio di conoscerla”: spesso lo abbiamo pensato in cuor nostro, quando muniti di registratore facevamo le interviste agli scrittori. Con Alberto Arbasino il rischio di incontrare un noiosone vanitoso non esisteva. Parlava come nei libri, ironico e preciso, rallentato soltanto da una leggera balbuzie (ce ne siamo accorti soltanto sbobinando, tanti anni fa, la prima intervista, senza Arbasino di fronte si notava di più).
Il documentario gli rende giustizia, la passione di Michele Masneri è divorante ma non mette in ombra l’oggetto di tanta passione. Interroga i parenti rimasti a Voghera, gli amici, i letterati vicini e lontani, i salottieri e le salottiere. Spicca Marisela Federici, che si guadagna un applauso a scena aperta per aver dato la formula del salotto ideale: un po’ destra, un po’ sinistra, e molta Chiesa – se capita anche l’arcivescovo Milingo, spretato esorcista e guaritore (le signore facevano la fila). Adriana Sartogo, giornalista e critica d’arte, mostra la sua magnifica terrazza da cui davvero si vede tutta Roma (e forse un po’ trema, sperando di essere prima o poi invitata a godersi il panorama da lassù).
“Stile Alberto” si apre sulle cartoline che lo scrittore mandava a amici e conoscenti, con la sua bella calligrafia che l’età ha guastato (era impressionante vederne la decadenza nelle dediche autografe nei libri Adelphi). Lo scrittore più colto delle lettere italiane li firmava e dedicava puntualmente, anche per chi lo aveva intervistato tanti anni prima – e gli ricordava la gita a Chiasso, “alla stanga della dogana” (aveva un grande orecchio, anche per il dialetto ticinese). L’amico Giovanni Agosti, storico dell’arte e professore universitario, ha conservato perfino i fax, ora sbiaditi. Tra montagne di libri, di cui Arbasino diceva: “Spostarli, cercarli e metterli in ordine è una gran ginnastica”.

Il ritratto