
Speciale 7 ottobre
Nella neolingua sionismo è ora sinonimo di Hitler. Ben scavato, “eroi” di Hamas
Che differenza c’è tra il 7 ottobre e l’11 settembre? La differenza tra un terremoto che cambia tutto e un trauma che si vuole cancellare, una Hiroshima culturale che seppellisce un fragile equilibrio e inaugura una nuova èra in cui le parole stesse sono rovesciate. Risultati
Il 7 ottobre 2023 è precipitato il mondo. L’11 settembre aveva stravolto il mondo, il 7 ottobre lo ha travolto. Alle prime luci dell’alba I predoni, gli stupratori, gli sgozzatori di Hamas celebrano un nuovo inizio e riducono in cenere l’ordine morale che aveva retto il pianeta (e l’Occidente in particolare) per ottant’anni. Un ordine morale che si inchinava nella consapevolezza, o almeno così sembrava, dell’immensità apocalittica della Shoah, credendo ancora nella chimera del “mai più”. L’11 settembre è stato un terremoto, il 7 ottobre, invece, una Hiroshima culturale che seppellisce un fragile equilibrio e inaugura una nuova era in cui le parole stesse sono rovesciate. Le vittime del sadismo jihadista diventano carnefici e i kibbutz sventrati, trascorse soltanto poche ore di convenzionale e retorica afflizione, diventano dapprima gradualmente, e poi trionfalmente, l’inizio necessariamente cruento della nuova “Resistenza”.
Lo Stato degli ebrei si trasforma nel Male assoluto: l’unico Stato che non deve avere diritto di esistere, cancellato “dal fiume al mare” come gorgheggiano i nuovi balilla dei cortei che non sanno di quale fiume e di quale mare si parli, addirittura accarezzati da un responsabile uomo delle istituzioni come il candidato del centrosinistra Decaro. Nelle teste, nei sentimenti e nei risentimenti dell’Occidente, è il “1984” realizzato. Cerimonia belluina dei minuti d’odio compresa, anzi decuplicata. Nelle piazze d’Occidente si spezza l’argine che bollava come un marchio d’infamia l’antisemitismo. Nel nuovo mondo gli studenti ebrei a cui vengono sbarrate le porte dell’Università (Torino, Harvard, Sciences Po) non sono vittime di una intimidazione oscena e intollerabile, ma “e Gaza, allora?”. Agli ebrei morti ammazzati alla Sinagoga di Manchester l’orchestra monocorde del grande talk non dedica nemmeno un minuto, imbambolata davanti agli sbandieratori filo-Hamas.
Gli assassini di Hamas vengono trattati come un cenacolo di eroi. Si rintanano nelle infinite grotte sotterranee costruite con il fiume di soldi con cui l’Occidente soccorrevole li ha finanziati per quasi vent’anni, pasciuti e al sicuro, e lasciano i bambini come scudi umani: un dettaglio che sparisce dalla scena. Gli ostaggi israeliani vengono fischiati a Firenze. La loro sorte, sono ebrei, è irrilevante. Nell’inferno di Hamas, ai fratellini Bibas (il più piccolo rapito che aveva nove mesi) viene tagliata la gola: ma nel nuovo mondo l’indignazione è ferocemente selettiva, sadicamente indifferente. Il governo di Israele dovrà pagare per l’infinità dei lutti provocati nel 7 ottobre con la disfatta di ogni misura di difesa, e dopo il 7 ottobre per la tragedia che sta spaccando tutta la società israeliana e per il numero di vittime civili palestinesi insopportabilmente smisurato. Ma nel nuovo mondo la condanna per Israele non sarà mai sufficiente, l’unico verdetto accettabile è questo: che Israele sia cancellato dalla faccia dalla terra. Lo pensavano già in tanti prima del 7 ottobre. Con il 7 ottobre la speranza (“uccidere un sionista non è reato”) può diventare tragicamente vera, il progetto jihadista gode di un consenso internazionale.
Diventano patetiche escrescenze di un passato oramai archiviato, le visite solenni ad Auschwitz, il rispetto per i sopravvissuti, le imbolsite giornate della memoria. Il 27 gennaio viene insultata e bullizzata Liliana Segre, ma nel Pd, partito purtroppo deformato da una mutazione genetica avviata con il 7 ottobre, non si alza una parola di solidarietà nell’inner circle della nuova segreteria. Una sola cosa non è cambiata nel passaggio d’epoca: il formidabile istinto conformista degli intellettuali, l’acquiescenza verso il totalitarismo, l’attrazione irresistibile per le dittature, come quella di Hamas che tiranneggia le donne e scaraventa dai palazzi gli omosessuali, come i talebani. Ma dopo l’11 settembre si poteva essere contro la guerra in Afghanistan ma non baciare la pantofola ai talebani. Oggi invece i talebani di Hamas vengono glorificati senza pudore, come i tagliagole di Hezbollah, come i lugubri mullah di Teheran. E nel nuovo mondo un corteo che si autodefinisce femminista caccia a pedate chi vuole ricordare le donne stuprate il 7 ottobre.
Il 7 ottobre, appunto: la grande data spartiacque. Quello che c’era prima è finito, sepolto dalla nostra cattiva coscienza che si balocca ingiuriando gli ebrei con la parola “genocidio” per dimenticare l’abisso di un genocidio vero, consumatosi nel cuore dell’Europa, nelle camere a gas. Nella neolingua sionismo è diventato sinonimo di Hitler. Ben scavato, eroi di Hamas.