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Morte e vita
L'atto ancestrale del parto proiettato in una cripta, osservato dai fantasmi
Per la ventesima edizione del “Sole Luna Doc Film Festival” diretto e ideato da Lucia Gotti Venturato, è stato invitato Isaki Lacuesta, che ha realizzato un inno alla maternità nel suo momento più intenso. L'istante in cui la vita dal grembo arriva nel mondo esterno
A Palermo, nella seicentesca chiesetta dei Santi Euno e Giuliano alla Magione, costruita dalla confraternita dei portantini – i “seggettieri” detti anche conduttori di sedie volanti – si trovano una cripta e un ambiente ipogeo. Sono stati scoperti di recente, quando la chiesa è stata restaurata dopo decenni in cui appariva come rudere puntellato, semidistrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. E’ venuto fuori che l’ambiente ipogeo, che si estende sotto la piazza, veniva usato come essiccatoio per i cadaveri, sistemati poi nelle nicchie della cripta. La chiesetta barocca dedicata a Euno e Giuliano, martiri ad Alessandria d’Egitto, è stata scelta quest’anno come terza sede del “Sole Luna Doc Film Festival”, aggiungendosi alla Gam e a Palazzo Branciforte. Per la ventesima edizione del festival diretto e ideato da Lucia Gotti Venturato, è stato invitato Isaki Lacuesta, che ha cercato un modo per dialogare con i cadaveri essiccati dell’ambiente ipogeo. L’artista-regista basco-catalano – che si chiamava Iñaki, e che dopo essersi messo con la collega Isa Campo si è rebrandizzato in Isaki – ha presentato lunedì 15 settembre il suo video trittico “La Veu Latent” (cioè “La voce latente”) proiettandolo nella cripta (a lui il festival dedica anche una retrospettiva).
Quello di Lacuesta è un inno alla maternità nel suo momento più intenso, quello del parto, unicità femminile, istante in cui la vita dal grembo arriva nel mondo esterno, in cui il bambino respira per la prima volta. Per la donna che diventa madre, le aspettative si mescolano con la realtà, le attese con la sorpresa, le emozioni covate con la commozione esagerata di chi dona la vita, un gesto che può sembrare un sogno, tanto è irreale. L’attrice del video unisce i tempi, quelli dell’atto partoriente, quelli del ricordo dell’atto stesso e quelli delle passioni e pensieri intorno al gesto immaginato. Anche il dolore – biblico – che vediamo sui volti, è parte del processo. Interpretazione, memoria e realtà si concatenano, mentre si recita una poesia di Sylvia Plath: “Il grembo materno / Scuote il suo baccello, la luna / Si libera dall’albero senza avere dove andare…”.
Nei tempi in cui il concetto di maternità si estende come un elastico escheriano, in cui si prestano i corpi per procreare, si ritorna a un momento unico di ancestrale semplicità e intensità che ci ricorda i limiti biologici. E gli antichi morti della cripta, i vecchi seggettieri rovinati dalla ruota, o i loro fantasmi, osservano insieme al pubblico del Sole Luna Doc Film Festival, questo video, ricordandosi forse di come tutto sia cominciato. “Bisogna parlare del parto”, dice il regista-artista, che spesso è ancora tabù, sottolineando che non c’è posto migliore che un sotterraneo, rimasto nascosto per secoli. “Ho scelto io il luogo per questa rappresentazione proprio per dare sacralità al gesto più grande che compie la donna accettando la violenza della natura per dare la vita”, aggiunge la direttrice Gotti Venturato. “L’installazione mi ha fatto pensare alla citazione: ‘Mors et vita a duello conflixere mirando’”. Cioè a quel verso cantato durante la solennità pasquale, che celebra la resurrezione del Cristo, e che ci ricorda che “Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario”. Perché, continua Gotti Venturato, così “si celebra la vita in un rispettoso omaggio alla storia e al passato”.