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l'analisi
Filosofia dell'Europa, dai sogni di Savinio all'eterno ritorno di Parmenide
L'identità europea appare come rifiuto dell’autorità divina verticale e difficoltà di essere unita cancellando o sublimando i differenti caratteri dei suoi popoli e territori
Europa! Piuttosto che perdermi nel labirinto storico e politico che è l’Europa, perché mi mancano i mezzi e il tempo, ricorro alla chiaroveggenza genialmente dilettantistica di Alberto Savinio, che nella sua Nuova enciclopedia scrisse una voce dedicata al nostro continente. Se ne capisce subito il tenore ontologico-immaginoso a cominciare dalle sue prime righe. Con il massimo di leggerezza e velocità stilistica, Savinio punta al massimo di profondità: “L’Europa è la tomba di Dio. Definizione più esatta dell’Europa e assieme più profonda (…) Dio nasce in Asia e muore in Europa (…) La verità è che Dio non è Intelligenza. L’intelligenza insegna a separare, e Dio è Unità”. Parole, queste, che si potrebbero commentare così con un eccesso di attualizzazione. La prima caratteristica dell’intelligenza europea è nella sua difficoltà (o impossibilità) di essere unita cancellando o sublimando i differenti caratteri dei suoi popoli e territori. Anche perché in Europa ci sono degli estranei all’Europa. Secondo Michelet, infatti, i tedeschi erano degli “asiatici”.
Infatti: “Uno degli elementi che più sicuramente segnalano la presenza dell’‘europeismo’ è il senso liberale della vita. Questo ai tedeschi manca (…) Dio, nel significato qui usato, non è Dio nel significato di Amore: è Dio nel significato di autorità suprema e accentratrice (…) Dio-Amore è una simbiosi assurda. La Chiesa perpetua questa simbiosi. Associa principio di autorità e sentimento cristiano della vita (…) Il cristianesimo è un fatto umano, soltanto umano. Il più umano dei sentimenti. Opera da uomo a uomo. Si muove sul piano orizzontale” mentre il piano verticale va verso Dio, verso l’autorità che oppone l’alto e il basso. E attualmente questo porta, secondo Savinio, a una lampante rivelazione di ciò che è l’autorità verticale: “Dio veduto da vicino è Mussolini. Dio veduto da vicino è Hitler”. Puro potere, pura e inumana, illiberale verticalità. Senza amore. L’europeismo va da Oriente verso Occidente: “Estremo Occidente furono a turno la Grecia, l’Italia, la Francia, l’Inghilterra” e poi passò in America: “L’Europa si ferma sulla costa americana del Pacifico. Sarà mai felice l’Europa? Sarà mai ‘tutta’ europea? (…) Nella stessa Grecia bisogna distinguere il più greco (più europeo) dal meno greco (meno europeo). Il più greco della Grecia è il periodo presocratico (…) Platone, questo ellenissimo, introduce in Grecia l’asiatismo in forma di Dio unico e della coscienza (luogotenenza del dio unico nell’interno dell’uomo)”.
Ma se si eliminano Dio e coscienza che cosa resta? Restano le molte idee che l’intelligenza europea produce, ma nessuna delle quali, per Savinio, viene prima o è più centrale delle altre. E questo perché “condizione ottima dello spirito europeo è il dilettantismo”. Ma se è così, allora mi pare che l’America, con la sua fede (nella ricchezza, nella coerenza, nella forza e nel successo) è più asiatica che europea: vuole Dio sulle proprie bandiere. Anche Trump è un Dio visto da vicino che crede di fermare le guerre dicendo che le fermerà. Con lui è comparso il leader carismatico dittatoriale in veste di americano uomo d’affari. Ho citato Alberto Savinio e la sua filosofia dell’Europa che rifiuta il Dio verticale e accentratore contro l’amore umano e l’intelligenza dilettantistica, perché ho cominciato a sentire recentemente un gran bisogno di patriottismo europeo, con una Chiesa cattolica, dice Savinio, profondamente europea, con una liberaldemocrazia e un socialismo orizzontale. E’ quello che Savinio sognava nel 1948.
E in filosofia filosofica? C’è tuttora, mi pare, una filosofia che viene dalla Grecia più “asiatica”, che adora l’unità e l’Essere, e una filosofia greco-europea, che invece distingue e separa. Leggo sul Corriere del 9 settembre un testo di Mauro Bonazzi, un allievo di Emanuele Severino, sacerdote di Parmenide e del suo poema sull’Essere unico, supremo, perfetto, “rotondo” e che mai muta. Un’antica polemica filosofica aperta da Parmenide di Elea contro Eraclito di Efeso e la sua filosofia della contraddizione e del divenire? E’ possibile. Le polemiche ci sono sempre state. Ma certo Parmenide e Severino, e ora anche il suo premiato allievo Bonazzi, tutti furono, sono stati e sono ostili all’idea (ammesso che sia un’idea e non una realtà) che “tutto scorre”, le cose si evolvono e non restano sempre le stesse. Meglio ancora: dicono che il divenire non è, poiché l’essere non diviene e il suo divenire è solo un’apparenza illusoria. Afferma Bonazzi per la milionesima volta replicando Parmenide (520-440 a. C.) e Severino (1929-2020): “C’è il mondo illusorio del divenire e il mondo vero dell’‘essere’, che è e non può non essere, che è sempre”. E poco più avanti sul Corriere questa notizia: “L’essere è e non può non essere”. Ma anche l’“ente” che noi siamo, in quanto essere, è e non può non essere: “Tutte le cose, tutti gli eventi, ciascuno di noi è in quanto è ente: e se è, è eterno, non viene all’essere (non nasce) e non finirà nel nulla (non muore)”. La filosofia (o meglio quella di Parmenide, Severino, Bonazzi) è una sfida che nega la morte. Vita e morte sono un abbaglio di chi non ha capito cosa vuole dire “essere”.
Insomma, tali pensatori conoscono il verbo essere solo all’infinito, senza modi né tempi, senza indicativo, né congiuntivo, né condizionale e tantomeno imperativo e gerundio. Ci si chiede, caro Bonazzi, ultima reincarnazione di Parmenide, che vita sia quella di esseri o enti (noi diciamo individui umani battezzati filosoficamente come participi presenti) che non sono però persone singolari o plurali né hanno numero e genere, né presenti o passati o futuri. Che vita infinita e vuota senza limiti di tempo e modo! Ma perché, allora, se Parmenide era immortale, fare nascere le copie conformi che sono Severino e Bonazzi? Se questa è la sola filosofia perfettamente filosofica, una ed eterna, perché mai Severino ha scritto una sua storia della filosofia con tutte quelle nullità fuorvianti di filosofi dentro? Da Socrate a Epicuro fino a ieri? Perché se la vera verità è questa l’essere non può che essere, il non essere non può che non essere. Filosofia come tautologia.