
LaPresse
l'esposizione
In epoca di autoritarismi e democrature, riscoprire Jacques Maritain. La mostra ai Musei vaticani
L'esposizione pesca dai tesori della Collezione d’arte moderna e contemporanea, che deve la sua esistenza proprio a Paolo VI e a Maritain, al dibattito sull’arte sacra innescato in Francia e agli artisti in esso coinvolti, compreso Matisse
Che la civiltà occidentale abbia già un chiodo sulla bara o giaccia “solo” in rianimazione con una esile speranza di ripresa (è già successo nella storia, dunque cauti…) le cose non cambiano: comunque essa non dispone della polizza a lunga scadenza Non praevalebunt intestata alla Chiesa di Nostro Signore e al Suo luogotenente Pietro. Per l’Occidente vale piuttosto il caveat, altrettanto neotestamentario, et si domus contra se dividatur, non poterit domus illa stare, una casa divisa in se stessa non sta in piedi. Certo, nella sua ultramillenaria vita, di formidabili fratture intestine la civiltà dell’occaso se ne è procurate – basti pensare alla sbandata totalitaria italo-tedesca del Novecento, pur al netto di molte discordanti interpretazioni, da Nolte ad Adorno – e bene o male è sopravvissuta. Oggi però, con l’Atlantico allargato oltremisura; l’America – negli ultimi due secoli main contributor e garante dell’occidentalismo – in preda a pazzotico narcisismo; e il Vecchio Continente – storica fucina dei western values – svigorito da abulia depressiva, si naviga di nuovo in acque perigliose assai. Estote parati dunque, già, ma come prepararsi al possibile schianto della propria abitazione? Ammetto che tale prospettiva possa apparire lugubre, ma solo attraverso questa lente, e animato dal retropensiero di cosa mettere nella sacca del possibile esodo verso – o aspettando l’avvento di – civiltà altre (maomettana? Cinese? Tecnotransumanista? Postapocalittica?), riesco a osservare due piccoli fatti culturali: entrambi riguardano Jacques Maritain, audace e indomito milite culturale del Novecento che giusto ottant’anni fa il generale vittorioso Charles De Gaulle inviò a Roma come ambasciatore di Francia presso la Santa Sede.
A questo di per sé irrilevante anniversario è tuttavia dedicata una raffinata ed eloquente mostra nei Musei Vaticani, curata con abituale verve e sagacia da Micol Forti. Sì, in tempi di auge culturale nietzschiana, schmittiana, girardiana, la figura dell’umanista integrale, cioè cristiano, Maritain appare distintamente fuori tempo, fuori luogo e fuori fuoco; il suo contributo all’edificazione d’un assetto cultural-giuridico-filosofico globalmente riconosciuto del mondo, il suo tentativo di fondazione dei diritti universali dell’uomo (in definitiva l’Onu), il suo repêchage del tomismo – lui protestante e poi ateo, convertito al cattolicesimo insieme alla brillante moglie Raïssa, ebrea russa di Mariupol – suonano nobili ma blandi patetismi privi del nerbo necessario a questi tempi di ferro. In Vaticano l’hanno pensata diversamente, collocando Maritain al crocevia del rinnovamento dell’arte sacra del dopoguerra, associandolo al mite Paolo VI; tema alquanto periferico rispetto alla crisi globale odierna, si dirà, ma dai risvolti molteplici. Quello che spicca maggiormente, prima ancora dei singoli contenuti, è il metodo con cui civiltà apparentemente moribonde si rianimano, si rinnovano, si riaffermano, e il metodo è un involucro delicato e prezioso: l’amicizia personale entro la quale la fede (religiosa, artistica) intima di ciascun individuo si propaga in incendio collettivo indomabile. Basta rileggere il travolgente e commovente I grandi amici di Raïssa Maritain (qualcuno lo ripubblichi!) in cui si racconta d’una piccola ma colossale genìa di personalità (Bloy, Péguy, Rouault, Chagall, Bergson, e altri) che ha ribaltato il destino culturale della Francia d’inizio XX secolo, all’apparenza votata a un tombale anticlericalismo scientista socialisteggiante. Ma basta anche seguire il filo dell’amicizia tra Montini e Maritain per comprendere la forza che certi piccoli atomi d’umanità sanno sprigionare.
La mostra, che meriterebbe altra collocazione (chi entra ai Musei Vaticani mira generalmente a bersagli diversi: Sistina, Stanze di Raffaello, Pinacoteca, ecc.), pesca dai tesori della Collezione d’arte moderna e contemporanea, che deve la sua esistenza proprio a Paolo VI e a Maritain, al dibattito sull’arte sacra innescato in Francia e agli artisti in esso coinvolti, compreso Matisse. E’ curioso come nello stesso momento in cui il tronfio establishment culturale d’oltralpe decretava l’estinzione del cristianesimo, in appartati orti cattolici si coltivassero germogli che produrranno una infiammazione eclatante dell’intera galassia cattolica (non si penserà mica che pontefici come Wojtyła e Ratzinger nascano dal nulla! Si legga ad esempio la vicenda del fondamentale testo montiniano Il Credo del Popolo di Dio, ghostwriter Maritain). Dunque oltretevere quadri, ritratti, foto, bozzetti, documenti rievocanti un’avventura umana e intellettuale straordinaria; mentre in simultanea, dai laici ma illuminati ambienti olivettiani giunge l’opportuna ripubblicazione in unico volume dei maritainiani saggi I diritti dell’uomo e la legge naturale (1942) e Cristianesimo e democrazia (1943), Edizioni di Comunità. Pagine preziose in epoca di autoritarismi illiberali e democrature aggressive, di giuspositivismi amorali e unilateralismi sopraffattori. Sì, nei miei promemoria per affrontare una ignota civiltà futura il “demodè” Maritain non può mancare.