l'esposizione
La mostra "Timeline Shift" di Re:Humanism Art Prize ripensa il tempo oltre l'algoritmo
Le opere di undici artisti, ospitate alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma, rappresentano l'applicazione dell'intelligenza artificiale alla creatività artistica per creare un concetto nuovo di tempo lontano da automatismi che lo appiattiscono e lo rendono mera ripetizione
Viviamo in un presente sfuggente e privo di consistenza, ancorati alla solidità rassicurante del passato e alla previsione, sempre più algoritmica, del futuro. È un “tempo sbagliato”, in cui la realtà perde attrito e profondità, costretta dentro schemi che escludono l’inaspettato e il nuovo. Un presente diluito dalle tecnologie, che per prevedere ciò che verrà si rifugiano nei dati già accumulati. La sfida è immaginare un tempo nuovo, capace di sorprendere e rompere la catena del già visto. Timeline Shift – la mostra ospitata dal 19 giugno al 30 luglio 2025 alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma – ha chiesto agli artisti di rompere questo paradigma.
È la quarta edizione del progetto Re:humanism Art Prize, curata da Daniela Cotimbo. L’iniziativa ha portato undici artisti internazionali a ripensare il rapporto tra intelligenza artificiale, arte e tempo. Il desiderio di superare la concezione temporale dell'occidente – concepita come una linea retta – per abbracciarne una più complessa e stratificata — fatta di riti, simultaneità, intrecci e memorie. Qui l’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento, ma un agente capace di generare nuovi spazi di immaginazione.
Il progetto vincitore del primo premio, "Concept Drift" del collettivo sudafricano Lo-Def Film Factory (Francois Knoetze e Amy Louise Wilson), risponde con originalità alla sfida di Re:Humanism. È un’opera interattiva, un videogioco che mescola narrazioni postcoloniali e archivi visivi. Utilizza modelli 3D generati dall’AI e costruisce un contro-archivio della cultura sudafricana, interrogando il ruolo delle tecnologie digitali nella rielaborazione storica e nel perpetuarsi — o nella rottura — delle logiche coloniali.
Al secondo posto, Isabel Merchante che con "One Day I Saw the Sunset Ten Thousand Times", offre una riflessione poetica sul modo in cui la percezione della natura viene trasformata dalla meccanizzazione algoritmica. Qui l’AI, pensata originariamente per ottimizzare e semplificare, si trasforma in un dispositivo contemplativo, che osserva ossessivamente il tramonto. Il risultato è una meditazione sulla standardizzazione dell’emozione – quella che di solito accompagna la visione del sole che conclude il suo ciclo giornaliero – e sulla perdita dell’unicità dell’esperienza.
A chiudere il podio, Minne Atairu con "Da Braidr", una start-up concettuale che utilizza l’AI per valorizzare e proteggere la tradizione delle trecce afro. Il progetto denuncia la retorica del progresso tecnologico come maschera di dinamiche coloniali, mettendo al centro l’autonomia culturale ed economica delle donne nere e opponendosi agli stereotipi che in qualche modo ne limitano l’espressione identitaria.
Accanto alle opere premiate, la mostra propone altri lavori che ampliano la riflessione sui molteplici modi di abitare il tempo. Federica Di Pietrantonio, con "Net Runner 01", presenta un’installazione indossabile che esplora l’influenza dei mondi virtuali e dei forum decentralizzati sulla costruzione del sé e delle relazioni. Amanda E. Metzger, invece, in "Ever", vuole dare vita a un archivio generativo di voci di diario create dall’AI, basate sui suoi scritti personali: un tappeto multimediale che diventa spazio condiviso di memoria e previsioni sul futuro.
Nel sotterraneo della Fondazione, Daniel Shanken con "The Pit" fa un’esperienza immersiva sulle contraddizioni dell’estrazione delle terre rare, risorsa fondamentale ma invisibile dell’intelligenza artificiale. Mentre Adam Cole e Gregor Petrikovič, con "Me vs. You", indagano le sfumature dell’intimità queer in un mondo sempre più mediato dalla tecnologia, mettendo in scena una tensione tra presenza e distanza.
Chiude il percorso "Datalake: Contingency" di Franz Rosati, vincitore del Premio Apa. Un’installazione in continua trasformazione che fonde scenari naturali e immagini sintetiche, evocando l'ambigua relazione tra natura, dati e immaginazione artificiale.
In un tempo che sembra correre sempre più veloce verso l’automazione, Timeline Shift è un laboratorio di pensiero critico, un luogo in cui arte e tecnologia si intrecciano per restituire al tempo la sua ricchezza, la sua pluralità e la sua capacità di sorprendere. È un invito a eludere la linea retta per ritrovare la complessità.