la mostra

Il bel Sebastiano. Un'ossessione artistica che dura da secoli

Maurizio Crippa

Sensualità, dolore, fede e un corpo trafitto.  Che ha attirato anche un grande attore sensitivo come Kevin Spacey e il poeta Gabriele Tinti, per un inusuale reading milanese, davanti ai dipinti barocchi di Pietro Ricchi “il Lucchesino”, Angelo Caroselli, Luca Saltarello, Andrea Ansaldo riallestiti dalla giovane galleria BKV Fine Art nella casa museo di Luigi Koelliker

Il corpo bello e trafitto e la stessa leggenda di San Sebastiano sprigionano da secoli un fascino sensuale, che dall’efebico Botticelli al drammatico Mantegna a mille apparizioni fino all’arte contemporanea è diventato una sottile ossessione. Iconografica, morale, collezionistica. Che ha attirato anche un grande attore sensitivo come Kevin Spacey, come ha attirato il poeta Gabriele Tinti, con i suoi versi ispirati al santo trafitto. Attirati per un inusuale reading milanese, davanti ad alcuni esiti barocchi di quella fascinazione antica per San Sebastiano: quello di Pietro Ricchi “il Lucchesino”, di Angelo Caroselli, Luca Saltarello, Andrea Ansaldo. Opere rare provenienti dalla raffinatissima, rabdomantica, per quanto oggi in parte smembrata, Collezione Koelliker: un unicum nella storia del collezionismo del Novecento.

  
Ora quei quadri sono riallestiti dalla giovane galleria BKV Fine Art, nella sede che fu la casa museo milanese di Luigi Koelliker. Il san Sebastiano che l’iconografia consacra trafitto da frecce, sensuale e ispirato come nelle versioni capolavoro di Guido Reni, che hanno dettato il gusto anche agli esempi in mostra a Milano, era in verità sopravvissuto alla condanna a morte per sagittazione: curato da pie donne e per così dire risorto, era poi stato condannato a un secondo differente martirio. Dettagli che di solito si ignorano – di Sebastiano interessa la sfida tra bellezza e fede, tra classicismo e sacro – ma forse un attore colto come Kevin Spacey può saper cosa significhi sopravvivere a una sagittazione. Di certo sulla figura ha riflettuto il poeta Gabriele Tinti, avvezzo a costruire versi in dialogo con l’opera d’arte degli old master. E che del resto con san Sebastiano aveva già dialogato, a Venezia, con il regista Abel Ferrara al cospetto di uno dei più celebri San Sebastiano, quello veneziano di Mantegna. Nel quale compare un enigmatico cartiglio: “Nulla è stabile tranne il divino / il resto è fumo”. E questa enigmaticità ritorna qui ora, in un altro assaggio del gusto del celebre collezionista milanese, fatto di intuizioni e ossessioni, come quella per le teste mozzate del Battista già esposte in una precedente mostra in via Fontana. Anche i dipinti davanti a cui scorrono, quasi in sovrimpressione, le parole poetiche di Tinti e di Spacey fanno parte di questo particolare culto artistico di san Sebastiano, in un inno alla sensualità, al tormento ed estasi del corpo, al fio da pagare per essere sé stessi (“il resto è fumo”) che è cresciuto in decine di varianti d’arte. Sebastiano ha attratto l’attenzione del Rinascimento come occasione di “bella anatomia” maschile adulta, per diventare poi simbolo erotizzato di resistenza al dolore. Ma è tutta moderna, a partire dal Martyre de Saint Sébastien di D’Annunzio, che san Sebastiano si è trasformato in un riferimento ormai stabile dell’iconografia omosessuale. Non esistono indizi di passioni omoerotiche dell’antico soldato di Diocleziano, abbastanza improbabili nelle prime comunità cristiane di ascendenza ebraica, ma molti artisti contemporanei, il film Sebastiane di Derek Jarman e persino una pubblicità di Versace hanno questo nuovo e contraddittorio immaginario. Nelle stanze della BKV Fine Art, quel che conta è solo il fascino dell’arte e della poesia. “Il resto è fumo”.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"