
Ansa
Per promuovere un libro si farebbe di tutto. Ma Benigni esagera
La cavatina insincera del premio Oscar sulle guerre. Dante l’avrebbe messo tra gli ignavi, oppure anche più giù nella sesta bolgia, quella riservata agli ipocriti
Esiste una sindrome incurabile, un’infezione ben nota a chi se la piglia e pure a chi con l’infetto ci deve convivere, ma che nessuno vuole confessare, come l’esistenza del morbillo per i No Vax. La sindrome sintomatica il cui primo sintomo è negare di soffrirne e il secondo è il salamelecco di chi ne sfrutta la luce riflessa. È la fissazione, molto peggio della malattia, di chi ha scritto un libro e lo deve mettere in promozione. Non c’è come avere in uscita un libro per mandare a quel paese tutti i freni inibitori, e quel po’ di à plomb e dignità, per darsi pronti a qualsiasi ospitata. Per una recensione, un’anticipazione anche posticipata. E più il libro attira lo sbadiglio fin dal titolo, più la tarantola della promozione pizzica le caviglie. Roberto Benigni ad esempio. Pure a un premio Oscar in disarmo tocca promuovere l’alto pensiero dell’opera sua. E che pensiero: “Il sogno. L’Europa s’è desta!”. Da comico sbeffeggiante che era s’è fatto ormai da lungo tempo telepredicatore. E adesso anche europeista. Un titolo che avrebbe fatto scendere le calzette anche l’avesse scritto Veltroni o financo Macron. Ma è da promuovere, ed eccolo acconciarsi ai Cinque minuti melonisti di Vespa, il programma che la bella sinistra odia di più.
Eppure gigioneggia, dinanzi al conduttore di tutte le coscienze con il quale non ha mai voluto contaminarsi: “Voglio firmare sul suo tavolo di ciliegio come Berlusconi”, la battutona. “E’ veramente un’esplosione di gioia essere qui con lei, tra l’altro è la nostra prima volta: vorrei fare qualcosa per dimostrare che non è frutto dell’intelligenza artificiale, che siamo proprio io e lei, io e Vespa”. Non è proprio come citare Javier Cercas e i Padri di Ventotene, ma che s’adda fa’? Poi, venerdì scorso, a lavare la coscienza come fossero i panni in Arno, ecco che finalmente Benigni ha potuto andare a predicare in partibus fidelium (anche lì una prima volta, che s’adda fa’?) alla serata di fine stagione di “Propaganda live”, tempio della pace e del pacifismo in tutte le sue migliori intenzioni. Eddai: cosa ci vuole a tirare una bella linea di divisione tra chi invade e chi si difende, chi minaccia la Bomba e chi gliela vuole impedire? Invece, mentre già si alzavano nel cielo sopra il Golfo i jet con la Stella di Davide per dare qualche bella martellata a un regime che i bambini li impicca pure a casa sua, ecco che Benigni ha sciorinato il buonismo senza spina dorsale, mellifluo perché senza capacità di giudicare: “E’ insopportabile per l’animo umano”. Ha parlato delle guerre, brutte, lo sapevamo anche prima, ma con meno senso del giudizio di Papa Leone. I bambini, muoiono i bambini. “E’ insopportabile per l’animo umano”. Chi mai non ti darà ragione, chi non si commuoverà con te sei parli dei bambini che muoiono? “Continuano a uccidere i bambini, non sono uomini!”.
Tragedia condita con la solita poesia da fiera stenterella: “Quando i bambini giocano alla guerra appena uno si graffia, il gioco si interrompe. Perché allora, di fronte alla morte di un bambino vero, non si fermano? Dovrebbero fermarsi”. Dovrebbero fermarsi, chi? Dài Benigni, che ce l’hai sulla punta della lingua. Dài dillo, che lo sai! Chi deve fermarsi? Invece, scantona: “E’ una vigliaccheria. E’ insopportabile per l’animo umano. Non sentono il grido di dolore che sale da tutto il mondo? Se non lo sentono, allora non sono umani”. Dare un nome? Non darlo significa fare di ogni combattente un fascio. Del resto nella seratona finale di “Propaganda” con lui c’era anche un altro riverito testimone a cuore aperto dell’arte per la pace, Goran Bregovic. Di cui però nessuno ricorda mai che non andò a suonare nella sua Sarajevo, anzi disse proprio che non aveva voluto suonare per Alija Izetbegovic, l’assediato dai cecchini, e se ne rimase a Belgrado da parte di Milosevic. Essere dalla parte di nessun contendente, perché sono tutti uguali, è il contrario della verità e del coraggio. Il suo caro Dante l’avrebbe spedito tra gli ignavi, oppure anche più giù nella sesta bolgia, quella riservata agli ipocriti. E la cavatina sull’Unione europea. Eh, ci fosse stata l’Unione, sì che avrebbe evitato i conflitti. Eh, se Israele avesse usato la moderazione come l’America dopo l’11 settembre. (A quel tempo, in verità, l’America qualche guerra la scatenò, ma oggi bisogna pur poter dire che Netanyahu è più cattivo). Che volete che sia, tutto fa buon contorno, quando c’è da promuovere l’opera ammorbante di un opinabile genio.