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Il Foglio Weekend

Viaggio del mondo del romance, il libro che non conosce crisi

Michele Masneri

A Napoli il primo raduno di appassionati di romanzi per sognare, tra folle di giovani lettrici. Reportage da un fenomeno in rosa

Libri non se ne vendono più, pare. E’ il lamento degli addetti ai lavori e livori delle ultime settimane. I dati di vendita sono devastanti, secondo l’associazione degli editori con 29,2 milioni di copie vendute nei primi quattro mesi dell’anno siamo di fronte a un calo del 3,6 per cento su un mercato già non scoppiettante. Serpeggiano varie teorie più o meno complottistiche: calo dell’attenzione, col nostro QI ormai pari a quello di una noce moscata; fine della risalita post Covid; crisi dei bonus statali che danno comunque soldi ai giovani da spendere in “cultura”; e poi, empiricamente, che tutti proprio tutti ci siamo messi a scrivere, il nostro Instagram tracima di scrittori o “anche scrittori”, e dunque non c’è più tempo per leggere; e poi, c’è in circolazione un sacco di monnezza che però non viene recensita come monnezza perché ci conosciamo tutti. 

 

Comunque sia, il mercato ufficiale soffre, e però c’è un settore che invece non conosce crisi, e anzi scoppia di salute. E’ il romance, pronunciato “ròmans”, come se fosse   un vino friulano. Un tempo si chiamavano Harmony, erano romanzetti di pronta beva,  con storie avventurose ma un po’ sempre uguali, che le nostre nonne leggevano di nascosto; insomma erano il beaujolais del libro, che scontenta gli intenditori ma va giù che è un piacere. Adesso sono tornati,  molto più variegati e con un pubblico tutto diverso, che non si vergogna più.  Il ròmans è comunque  un mondo parallelo in cui  i lettori, ma sono quasi sempre lettrici, si scannano per comprare il nuovo volume e soprattutto conoscere le loro scrittrici (sempre femmine) preferite. Già al Salone di Torino mentre il libro normale, diciamo quello affinato in barrique, boccheggiava, il ròmans aveva avuto il suo spazio e il suo assalto: cinquantatré autrici – tra italiane e internazionali – si erano alternate in una sezione dedicata, diecimila posti sold out. Ma se ciò è accaduto nell’algido Piemonte, chissà al Sud. E così siamo andati al primo Romance Book Party a Napoli, a cavallo del ponte del Due giugno. 


Non ci facciamo mai mancare niente, dovrete ammetterlo. Sotto il cielo terso e i gagliardetti dello scudetto onnipresenti eccoci dunque a Napoli alla Stazione Marittima, manufatto di epoca fascista che guarda il mare tra le grandi navi da crociera ormeggiate e Capri in lontananza. In coda all’ingresso un’orda di ragazzine con trolley di ogni colore e foggia. Rossi, blu, bianchi, morbidi e rigidi, con questi valigioni appresso partono tutte per  le Eolie? No: son qui fin dal mattino per partecipare al loro speciale salone. Son tutte femmine, avranno un’età tra i 12 e i 20 anni, spesso accompagnate dalle mamme e da qualche sparuto papà dall’aria stravolta. Mentre fanno la fila per entrare hanno in mano i Qr della prenotazione, o i braccialetti per accedere: silver, gold e platinum, si va dai 50 del silver ai 250 euro del platinum che comprende il fast track, scavalcando la coda, ma anche la partecipazione alla “apericena esclusiva” che si terrà a Pozzuoli con le loro beniamine, le scrittrici di ròmans più ambite a livello internazionale, tra cui la Julia Quinn inventrice della saga di Bridgerton, quella specie di Jane Austen rivisitata dai Tarallo, con trame nell’alta società londinese dell’Ottocento, che spopola tra le audience mondiali. Col platinum si ha poi diritto anche a una serie di gadget tra cui una borraccia arancione personalizzata che sennò costerebbe 7,49, e la borsina di tela coi cuoricini che viene 4,99, e il “signature book”, per farsi fare le firme delle proprie beniamine, 5 euro, e l’accesso ai panel senza sovrapprezzo (i panel poi non saranno noiosissime presentazioni ma robe molto più pratiche, vedremo in seguito). 


Dentro, tra i saloni marmorei e le foto delle celebrità d’epoca che qui si imbarcarono spicca una gigantografia di Ungaretti col cappotto (chissà cosa direbbe oggi della fiera del ròmans). Al piano terra stanno le “piccole”, cioè scrittrici non ancora assurte a celebrità globali, ma  hanno  vasto seguito pure loro. I romanzi anzi ròmans hanno tutti titoli inglesi o inglesizzanti, ecco “California in Wine”, trama: “quando Victoria White, italo-americana, arriva dal Montana per frequentare Orticultura e Agronomia  a Sacramento, tutto si aspetterebbe tranne l’incontro con lo studente dell’ultimo anno Aiden Moore. Lui è più grande, misterioso, scontroso e ha un passato ingombrante”. Ecco l’autrice, Erika Castigliano, ma è californiana? “No, di Roma”.  E fa anche altro nella vita? “Sì, sono impiegata alla Regione Lazio”. Tra la Napa Valley e la Colombo insomma. Lei è specializzata nel ròmans vinicolo, ma ci sono altre mille categorie, c’è il dark ròmans, il mafia ròmans, e fin qui tutto funziona come i vecchi Harmony, ma poi ci sono le novità: la “fan fiction” cioè romanzi su personaggi realmente esistenti tipo Harry Styles che vanno fortissimo (chiediamo, ma poi lui non fa causa? “No, sono talmente tanti!”). Castigliano è anche parte di un collettivo che ha scritto “Paura di scegliere”, “Paura di ricominciare”, “Paura di vivere”. Ah, è una serie? No, no, sono “autoconclusivi”. Cioè ogni storia si esaurisce nel libro, e le autrici tengono tantissimo a farla presente, questa differenza tra i libri autoconclusivi e le serie. Ecco Fabiana Vestoso con la sua saga; “Stay with me”, seguita da “Stay with him” e “Stay with her”. Trama: “Juliet Carson ha una vita perfetta: suo padre è stato eletto Governatore dell’Ohio, il suo fidanzato si sta facendo strada nella politica e lei lavora in un importante studio legale, o almeno ci lavorava prima di licenziarsi e tornare a vivere dai genitori”. Non capisco se è una serie o se è autoconclusivo. Allora non lo compro. Però c’è l’avvertenza, proprio un’etichetta: “Questo è un libro erotico che include scene sensibili, tra cui: alcool, droga, linguaggio volgare, scene di sesso esplicite, scene di sesso in gruppo, BDSM, morte e incendi. Se qualcuno di questi contenuti vi fa sentire a disagio, vi prego di non acquistarlo”. Le nostre nonne correrebbero a leggerlo, incapaci di certi disagi d’oggi.  


Oltre all’etichetta, che, scritta a mano su dei cartoncini campeggia su tutti i libri qui esposti, dopo un po’ il visitatore boomer si accorge anche di altre stranezze e della mancanza di alcuni elementi tipici delle fiere di questo genere: non ci sono talk, cioè “presentazioni” classiche, col dibbbattito e il giornalista o moderatore, ma solo firmacopie; non ci sono  i loghi delle case editrici, non ci sono le borsine Adelphi, gli stand delle regioni, dell’arma dei Carabinieri, della Marina, insomma delle istituzioni, che trionfano invece nelle varie fiere. Ma soprattutto non ci sono maschi. Ci voleva il ròmans per abolire definitivamente il patriarcato. Nell’immenso salone progettato da Cesare Bazzani nel ’36 vagano solo ragazzine, e le autrici sono solo donne. Solo dopo un bel po’,  cammina cammina tra i corridoi, ecco finalmente un maschio: è un ragazzo che cerca di attirare l’attenzione col suo banchetto, e vende dolcetti travestito da Willy Wonka (è una pasticceria specializzata in grandi eventi, con filiali a Napoli, Salerno e all’outlet di Valmontone, leggo); perché c’è tutto un indotto anche qui di ristorazione, come alle fiere del libro ufficiali, ma per ragazzine, dunque biscottini e bibite e dolcetti tutto sui toni del rosa. Anche il pieghevole della manifestazione è rosa, con un Vesuvio che erutta cuoricini.

 

A parte Willy Wonka, a un banchetto mi sembra finalmente di aver trovato un autore maschio. Andiamo subito verso la prelibata preda. “No, sono solo un editor”, fa lui. Si chiama Marco Corsi, lavora alla Mondadori e mi guida un po’ nel magico mondo del ròmans. Perché le case editrici esistono pure nel ròmans, funziona che dopo che le autrici si autopubblicano su Amazon o sulla piattaforma Wattpad, loro le stanano e reclutano.  Wattpad, che non dice niente a noi boomer, è una piattaforma online di colossale successo, una Facebook di lettori (e scrittori), dove chi scrive interagisce con chi legge, riceve voti, si scambiano contatti e gruppi di lettura e soprattutto si crea una micidiale massa critica di potenziali clienti. 


Le case editrici si fingono morte, come se l’ufficialità rovinasse la bella fiaba della filiera corta, dalla scrittura alla lettura, che nasce senza intermediazione. In un salone infatti va in scena il panel “Romance lab - Lezione 1” per chi vuole scriverli, i romance, e non solo leggerli. Slogan: “Emoziona e vendi – la formula perfetta per i romance che funzionano”. Quasi quasi mi iscrivo pure io, magari riesco a estinguere finalmente il mutuo. Chiedo al nostro editor maschio in quota protetta com’è questo mondo del ròmans. “Mah”, risponde, “io poi mi sdoppio, curo anche i Meridiani”, dice lui, insomma dal Meridiano al ròmans… gli chiedo subito questa cosa delle etichette dei ròmans con gli ingredienti che vengono esplicitati sulla confezione, come sui cibi, manca solo la carta degli allergeni. “Sì, le lettrici vogliono sapere, gli ingredienti si chiamano trope”, insomma il nuovo lettore anzi la nuova lettrice  2.0 non vuole ritrovarsi cibi a cui è magari allergica, tipo le noci macadamia. Una mi spiega che nel suo libro ci sono i trope “matrimonio combinato” e “lieto fine”. In quello del vino californiano ci sono i trope “age gap” e “long distance”.    Anche qui, tutto da ripensare, bisognerà indicare i trope anche sui nostri di libri, e perché no, articoli? E subito il visitatore boomer pensa a quali ingredienti si potrebbero mettere sulle etichette di  grandi classici. Guerra e pace che trope avrà? E Aldo Busi? Alcuni libri però hanno già etichette “parlanti” incorporate, tipo il leggendario “Cazzi e canguri, pochissimi i canguri” (se ci fosse qualcuno allergico ai canguri, vi preghiamo di non acquistarlo).

Comunque le lettrici di ròmans saranno pure allergiche, ma non son mica decerebrate, vogliono solo sognare, come si è sempre fatto: eccone una, Sabrina, 22 anni, studentessa di lettere di Salerno: “io di giorno leggo incunaboli del Trecento, la sera romance”. “Il romance ha sempre spopolato, questa volta ci hanno visti arrivare”, ha detto al Salone di Torino, quello vero, un’altra delle eroine di questo mondo nuovo e vecchio insieme, Felicia Kinsgley, nome d’arte di Serena Artioli, da Carpi, un milione di copie vendute.   

Mi spiega sempre Corsi che un altro  trope che va molto è quello queer, cioè storie Lgbt, altra novità; ecco un banchetto con i colori della bandiera arcobaleno, l’autrice si chiama Ju Maybe ed è già una firma affermata, nonostante il nome esotico è palermitana e vive nelle Marche. I suoi sono ròmans politicizzati, perché queste storielle in apparenza innocue possono essere anche piene di contenuti. Scrive storie queer pure Rossana Soldano, un passato da  giornalista  a Taranto, presenta “Hamartìa”. “Roma, 1967. In un caldo pomeriggio di giugno, Lucas, un giovane americano in cerca di un alloggio, suona alla porta di un appartamento in via del Pellegrino. Quando la porta si apre, Lucas incontra Cristiano, l’esuberante proprietario di casa, che con il suo accento marcatamente romanesco e un carisma impossibile da ignorare, lascia subito il segno”. Almeno non è l’ennesimo giallo con la commissaria pugliese.  
 
Infatti ce n’è per tutti i gusti. Ecco Adriana Moccia, credo nessuna parentela con l’omonimo di un successone editoriale bestiale di tanti anni fa, un proto ròmans, “Tre metri sopra il cielo”. Lei presidia un banchetto pieno di ragnatele, teschi, e carabattole da Halloween. Scrive “paranormal romance”, scopro dal suo Instagram, dove riposta TikTok di sconosciute. Il mondo del ròmans è così, è la criptovaluta del libro ufficiale, circola tutto fuori dai canali ordinari, è autoproduzione, autorappresentazione, allestimento, vetrinismo amatoriale: rispetto sempre alle nonne, incorpora un po’ di grani antichi, ed è più a km zero. Un tempo c’era Barbara Cartland con la sua Rolls Royce, oggi Carpi e le Marche; insomma, ci adattiamo tutti ai tempi che cambiano,   ecco là per esempio un’autrice che stacca ricevute da un blocchetto, per libri evidentemente autoprodotti. Quasi tutte le autrici portano in testa una coroncina di plastica, tutte poi regalano gadget alle lettrici, caramelle, adesivi, e pure le lettrici recano doni alle loro idole (anche se il regolamento del Book Party partenopeo consiglia di portare solo regali facili da trasportare. E vieta di introdurre più di 3 libri da autografare per autore, più “le copie che acquisterà all’interno della manifestazione”). Mi chiedo come mai il genio partenopeo non abbia previsto uno stand di trolley pezzotti all’entrata, magari coi colori del Napoli; una ragazzina mi racconta invece che il trolley preferito da loro lettrici di ròmans è quello smontabile, un cubo con ruote che si vende su Amazon a 56 euro, in vari colori, lei l’ha scelto giustamente rosa. Venissero mai alle nostre di presentazioni, queste amazzoni col trolley! Lì dove invece vendi se va bene 6 copie, e non serve neanche una sportina, e non ci portano mai niente in regalo! Queste creature leggendarie, le giovani lettrici mezze donne e mezze trolley,  arrivano tutte, sagge ragazze, con un foglietto con cui hanno annotato esattamente la dedica che l’autrice dovrà scrivere; altro uso che si potrebbe introdurre anche nel mondo dei libri normali (cioè quelli che non vendono), dove  c’è sempre quel momento in cui l’autore complice anche la stanchezza della presentazione si dimentica nomi anche di congiunti e amici di una vita, con buchi di memoria tragici, e deve fare ricorso a tragiche parafrasi, “Nel ricordo della scuola”, “pensando a quel giorno in campagna”, per far sapere che ha capito chi sei… anche se non ricorda come ti chiami! 


Le amazzoni del trolley invece  dopo il feticcio dell’autore hanno   quello del libro, che torna a essere  unico, anche con un forte lavoro di personalizzazione (stiamo tornando al mondo pre-Gutenberg?). Il ròmans intercetta infatti pure il fai da te: ecco che in uno dei saloni ci sono solo posti in piedi per un workshop di decorazione del libro. Stanno lì ad ascoltare una tale “Nola Sprayed Edges” che parla nel microfono e non è una giallista di Macerata bensì un’esperta di questa branca molto di nicchia, come decorare i libri, e non tutto  il libro, ma solo il taglio, cioè la fine delle pagine. In dotazione le ragazze hanno morsetti, inchiostro, un pennellino, e una maschera tipo stencil che permetterà loro di istoriare il loro volume con fiorellini, cuoricini o fiocchetti. Avvicino Nola, giovane ragazza dall’accento nordico, le chiedo dove ha imparato questa strana disciplina. “Ho visto una roba online in inglese”, fa lei, tutta soddisfatta. E prima che faceva? “La tatuatrice a Collecchio, provincia di Parma”. E’ chiaro che il ròmans mette in gioco anche nuove carriere e nuovi destini e siamo davvero in un’Italia fresca  e interessante, che come sempre scaturisce dalla provincia. “Siamo di Treviso, abbiam fatto cinque ore di viaggio!”, sibila una mamma affranta che rantola sulle scale per andare al piano di sopra, dove non ci sono provini per un film come sembrerebbe – pare di stare negli anni Novanta a “Non è la Rai”, dove le genitrici cercavano di introdurre le minori, o in “Bellissima” di Visconti. No, sopra non ci sono grandi registi bensì le celebrità del ròmans. La mamma trevigiana accompagna la figlia Matilde, e insieme trascinano non uno ma due trolley pieni di libri  in fila per andare a farli autografare da Kelly Oram, quarantenne dell’Arizona, autrice di “Cinder & Ella”, ma il suo primo ròmans  è stata una “fan fiction” sui Backstreet Boys, scritta a quindici anni. Qui presenta – ma non è una presentazione, bensì un “cover reveal”, come il “gender reveal”, tutto colorato, la sua nuova opera, “Girl in love”, anteprima assoluta. 
Lei non è mai venuta in Italia. E’ di casa invece a Napoli la vera superstar del ròmans mondiale, la quarantacinquenne newyorchese Julia Quinn, inventrice della saga di Bridgerton. Le è stata dedicata un’intera sala, e la fila per arrivare al suo cospetto si snoda attraverso passatoie rosse, festoni di fiori, un finto tavolo da pranzo addobbato con candele finte, piatti finti, un tavolino di ferro battuto bianco con pasticcini finti per un immaginario tè. Lei sta lì invece con un bicchierone di caffè americano, riceve una ad una le sue fan, che si fanno il selfie, porgono il biglietto con la dedica che preferiscono, lei trascrive, gli appiccica un suo adesivo personalizzato, e poi via, avanti un’altra. E’ sudata, accaldata, ma contenta: e quando je ricapita: pare che fosse una studentessa attardata di medicina, poi ha cominciato con questi romanzetti, ha azzeccato Bridgerton, 9 volumi che dal  2018 sono diventati una serie tv prodotta da Shonda Rhimes e Netflix, che ha appena annunciato l’uscita  della quarta stagione, e pure una quinta e una sesta… 


Fuori dalla sala Bridgerton un’altra reginetta vestita da fatina suona un violino, anche lei col suo trolley, ma esegue non Bach o Mozart, bensì Taylor Swift. Una delle organizzatrici del Book Party napoletano, Valentina Trombetta, è tutta contenta pure lei di questa prima edizione. “E tanto che volevo portare il romance al sud”, dice al Foglio. Ma tutte ‘ste ragazzine, se scappano come fate? “Per le minori di anni 14 c’è uno speciale braccialetto verde, le sorvegliamo. E poi non scappano, queste qui vogliono stare”. Dovete fare il banchetto coi trolley, insisto. “E’ vero, dobbiamo trovare l’importatore cinese”. Ma come risponde a chi critica il ròmans? “Che c’è il ròmans di qualità e poi c’è naturalmente la monnezza. Ma quella ce n’è tanta anche nei libri normali”. Insomma, il ròmans sarà pure il beaujoulais, qualcuno dice pure il Tavernello, della letteratura, ma intanto lo bevono in milioni. Non si sa cosa abbia bevuto invece all’apericena a Pozzuoli la regina del ròmans Julia Quinn, ma pare si sia molto divertita, è andata pure a Procida, è un attimo che ne tira fuori una saga napoletana. E lì il trolley azzurro non ce lo leva nessuno, vabbè. 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).