il libro
Il tormento di Esposito nel tratteggiare l'Avversario è lo stesso di Delacroix
Con il suo lavoro il filosofo segna una rottura rispetto alle ricerche più comuni sui temi di comunità e biopolitica. E tende a spostare l’evento narrativo della biblica lotta in un contesto moderno e attuale, quanto più possibile in relazione alla nostra esperienza
Proprio come in fondo suggerisce e dichiara di fare Roberto Esposito, autore di questo affascinante “I volti dell’Avversario” per i tipi Einaudi, di cui ha scritto sul Foglio Lucetta Scaraffia nei giorni scorsi, conviene partire dalla pittura murale messa in opera da Eugène Delacroix negli anni tra il 1850 e il 1861 sugli scabri muri della Chapelle des Saints-Anges nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. Esposito scrive che da quasi trent’anni ogni volta che si reca a Parigi non manca di visitare, come in una sorta di appuntamento segreto, quella che definisce “trasfigurazione” e che pare coinvolgere i due personaggi-attori della biblica lotta dipinta e in particolare la figura antagonista, l’Avversario di Giacobbe che anche Delacroix, in maniera canonica, rappresenta nelle fattezze di un angelo. Si tratta in realtà di un’entità che nel tempo è stata oggetto di infinite interpretazioni teologiche, artistiche, letterarie, filosofiche che di continuo hanno mutato i loro connotati da uomo a ombra, Dio e Satana, nemico o amante “fino a dissolversi nel profilo impersonale e imperscrutabile di un’Avversità dai contorni indefiniti e tuttavia incombenti”.
Subito ci si rende conto che l’autentico interesse del suo lavoro è dato piuttosto dalla “straordinaria irradiazione percepita dalla tradizione culturale degli ultimi due secoli in ambito filosofico, letterario, artistico, politico e psicoanalitico”. Il protagonista lotta con un avversario misterioso di cui non conosce provenienza né identità e neppure gli è chiara la ragione dello scontro al punto di indurci a pensare che il pericolo non provenga tanto dall’esterno quanto dal proprio fondo inconscio, “fino ad allora rimosso e proiettato fuori di sé”.
Il libro nasce in Esposito, autore di riferimento dell’Italian Theory con Agamben, Gentili e Marramao, come evidente discontinuità, un passaggio eterogeneo, una rottura rispetto alle ricerche sui temi di comunità e biopolitica in cui s’avverte un’eco non troppo lontana del rapporto tra la guerra scoppiata in Palestina e l’attacco di cui si parla nella Genesi “subìto da un uomo chiamato Israele”. In Esposito traspare quasi il medesimo tormento di Delacroix quando dichiara che la sua faticosa pittura sui muri di Saint-Sulpice “me harcèle et me tourmente de mille manières comme la maîtresse la plus exigeante”.
Lo studio tende a spostare l’evento narrativo della biblica lotta in un contesto moderno, attuale e quanto più possibile in relazione alla nostra esperienza. Oltre alle parole e alle acutissime analisi, Esposito si affida alle immagini e ricerca il tema della Lotta nell’iconografia degli artisti attraverso i secoli. L’abbraccio potente e ambiguo nell’opera di Rembrandt o “La Visione dopo il sermone” del 1888 di Paul Gauguin che rivela una sorta d’impianto scenico, quasi uno spettacolo cruento cui si assiste con una evidente indifferenza. Impressiona la drammatica visione di Bonnat capace di innervare i gesti della pittura romantica francese, nel gusto spagnoleggiante di fine secolo. Poi il gioco mistico e sensuale di Gustave Moreau o il raffinato simbolismo onirico di Odilon Redon. Carico di pathos e di violenza compiuta la visione di Marc Chagall nella quale un bluastro Giacobbe dà l’idea di soccombere senza scampo alla violenza del gigantesco Avversario.
L’autore non esita però a definire il componimento poetico “Duellum” di Baudelaire come “la più intensa evocazione della Lotta nella cultura moderna” anche se il testo non dichiara relazioni con il gesto biblico.
Il poeta stesso pare trovare un equivalente pittorico al suo testo nella XVII Tavola dei Capricci di Francisco Goya dal titolo “Chi lo avrebbe creduto?” e lo dichiara con un linguaggio che riecheggia la violenza di Duellum “I due mostri rotolano per l’aria tenebrosa… hanno insieme dell’uomo e della bestia”. La convocazione di Esposito di autori, testi opere che percorrono la cultura contemporanea chiamano a raccolta sul tema della Lotta autori come Mann, Bernanos, Sachs o Baudelaire, Heidegger, Rank, Girard, Schmitt. Incurante in fondo dei versetti della Genesi l’autore indaga gli insegnamenti dei grandi autori, “La caduta congiunta dei Due” in Baudelaire, lo scontro dell’uomo con l’avversità predominante in Heidegger, il desiderio mimetico in Girard”. In Schmitt e Jung “un punto di condensazione decisivo come la lotta che tutti combattiamo con il nostro fratello-nemico, con una figura creata dal nostro inconscio ed espulsa fuori di noi”.
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