Piero Craveri nel 2017 - foto Ansa

La funzione

Il rigore di Pietro Craveri, l'impegno civico e la passione politica di un gran borghese

Massimo Teodori

Oggi alle ore 16 a Roma, in via Pietro Cossa 40 si terrà una cerimonia pubblica in memoria dello storico. Morto il 22 dicembre scorso, l'intellettuale è stato autore di due opere fondamentali epr lo studio dell'Italia repubblicana: "La Repubblica dal 1958 al 1992" e "Storia d’Italia"

Una cerimonia laica in ricordo di Piero Craveri si terrà oggi alle 16 a Roma, presso l’aula magna della facoltà di Teologia valdese (via Pietro Cossa 40). Dei tre amici Gerardo Mombelli, Piero Craveri e Massimo Teodori – che hanno attraversato settant’anni di storia repubblicana in un sodalizio amicale nutrito di affinità civili e politiche, Piero, scomparso a quasi 86 anni il 23 dicembre, era l’amico dal carattere più originale in quel mix di colto intellettuale e appassionato politico che lo accompagnò fino agli ultimi giorni. La sua identità caratteriale non derivava, come è stato banalmente ripetuto in questi giorni, dalla sua provenienza familiare –  con il nonno Benedetto Croce, la madre Elena, raffinata letterata, e il padre Raimondo Craveri, antifascista del Partito d’Azione organizzatore del collegamento tra Alleati e resistenti. La sua cifra personale si era andata formando nel rigoroso mestiere dello storico basato sulla pignola ricerca delle fonti senza alcuna concessione all’ideologismo della sua formazione laica e alle simpatie politiche in area liberaldemocratica e socialista.  

Lo storico lascia due opere che si distinguono nel panorama degli studi sull’Italia repubblicana per la singolarità rispetto alla maggioranza delle ricerche sul tema, connotate da uno spirito vicino alla sinistra comunista e al mondo cattolico. “La Repubblica dal 1958 al 1992”, parte della ”Storia d’Italia” Utet diretta da Giuseppe Galasso,  del 1996, e l’ampia biografia “De Gasperi” del Mulino apparsa nel  2006, da cui emerge l’azione dello statista cattolico per stabilizzare la democrazia insieme al liberale Einaudi, al repubblicano Carlo Sforza e al socialdemocratico Giuseppe Saragat a fronte degli assalti della sinistra comunista e della destra post fascista, e l’impegno internazionale per riportare l’Italia tra le democrazie occidentali tramite l’Alleanza atlantica e l’unità europea. 

Ma l’impegno civile che aveva ben presto reso Piero un intellettuale pubblico e l’accademico a tutto tondo che aveva conquistato la cattedra universitaria insegnando nella sua Napoli dopo un lungo peregrinare in lontani atenei, non emarginò l’altra sua spinta vitale, la passione politica. Guidò negli anni Sessanta l’Ugi a Roma e negli organismi rappresentativi nazionali nella stagione in cui la politica universitaria era una scuola di democrazia; guardò con fiducia al Partito socialista liberatosi dalla gabbia frontista nel centro-sinistra, ma rimase deluso dalla sua esperienza governativa; e collaborò alle campagne per i diritti civili del Partito radicale per cui fu eletto consigliere comunale e regionale a Napoli, quindi nel 1987 senatore della Repubblica, responsabilità che tuttavia non poté esercitare perché chiamato a dimettersi da Marco Pannella che seguiva i suoi astrusi giochi personalistici. 

Contribuì allo svecchiamento istituzionale del mondo del lavoro pubblicando nel 1977 “Sindacato e istituzioni nel secondo dopoguerra (dieci anni con la Uil)” che gli costò l’attenzione delle Brigate rosse quando si dichiarò pubblicamente favorevole all’abolizione della scala mobile. Al tramonto della cosiddetta Prima Repubblica contribuì a storicizzare la memoria del Psi con la Fondazione Socialismo.

Il carattere di Piero, plasmato dall’erudizione accademica (la sua tesi in Storia del diritto italiano si intitolava “Giuristi pre-vichiani napoletani”) e dall’impegno civico in una miriade di enti, associazioni e convegni, insieme alla passione politica espressa a fianco del mondo laico e socialista, ne hanno fatto uno degli ultimi rappresentanti di quella borghesia operosa e disinteressata quasi del tutto scomparsa dalle responsabilità pubbliche nazionali. Lui se ne assunse sempre il peso quando veniva chiamato anche nel lavoro gestionale: portò l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli alla notorietà specialmente per i beni culturali, e si prodigò perché le istituzioni volute da Croce vivessero al più alto grado di qualità: nel 2016 fu chiamato a presiedere la fondazione della biblioteca intitolata al filosofo.

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