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La nomina

La Biennale è bella perché se ne frega della politica, si giudica  la qualità

Francesco Bonami

La destra ha celebrato la nomina di Buttafuoco come l’espugnazione di una roccaforte della sinistra. La sinistra ha bofonchiato una scandalizzata replica, tirando in ballo le polemiche sul direttore del Museo egizio di Torino. Ma la battaglia è fra capaci e incapaci. L’eterno problema è scegliere la squadra

La conferma della nomina annunciata di Pietrangelo Buttafuoco alla presidenza della Biennale ha negato, sia a destra che sinistra, un’occasione d’oro per non dire sciocchezze. La destra ha celebrato la notizia come l’espugnazione di una roccaforte culturale della sinistra. A sua volta la sinistra ha bofonchiato una scandalizzata replica, tirando in ballo le polemiche sul direttore del Museo egizio di Torino, che con la Biennale non c’entra una mazza. La Biennale di Venezia è in realtà un animale strano. Possiede degli anticorpi che per qualche motivo gli fanno sempre evitare il peggio, e il peggio c’è. Vittorio Sgarbi, ad esempio, non è mai stato presidente della Biennale, carica prestigiosa che immagino gli potrebbe essere piaciuta. Vuol dire che da qualche parte, e la Biennale ne beneficia, qualche logica esiste. Lo scandalo sull’occupazione delle poltrone da parte di chi prende il potere è un’ipocrita buffonata. Anche Sant’Obama da Chicago a Washington si portò gli amici con in testa, segretaria del Commercio, la ricchissima Penny Pritzker che gli aveva finanziato più che generosamente tutte le sue campagne politiche. Quindi signore e signori, manteniamo un doveroso silenzio.

 

Il problema è fra capaci e incapaci, categorie equivalenti sia a destra che a sinistra. La Biennale, miracolosamente , d’incapaci non ne ha mai veramente avuti alla presidenza, e nemmeno di rapaci. Non conosco personalmente Buttafuoco e non ho dunque idea di cosa sia capace di combinare o non combinare. La differenza la farà solo se saprà scegliere attorno a se dei capaci, amici o nemici poco importa, basta che sappiano fare il proprio mestiere. È sempre meglio farsi fare un’operazione a cuore aperto da un bravo chirurgo, anche se d’idee politiche opposte, che da uno in linea con le nostre idee che confonde un’aorta con un ventricolo. Riguardo alla Biennale roccaforte della sinistra non sono neppure tanto d’accordo, per esperienza personale. Fui nominato direttore del settore delle Arti visive dall’allora presidente Franco Bernabè nominato a sua volta dall’allora ministro dei Beni culturali di Forza Italia Giuliano Urbani. Io di destra non ero e non sono, tanto che  mi definirono al tempo il Cofferati dell’arte. Ma il governo che accettò la mia nomina era di destra. Infatti Sgarbi, anche allora sottosegretario, fece l’impossibile per mettere i bastoni fra le ruote e impedire la mia nomina, ma non ci riuscì.

 

Il problema della cultura italiana sono le amicizie, non i nemici. Davanti a un amico si chiude un occhio mentre con il nemico si tengono gli occhi aperti e quindi è più facile che la sfida sia equa e non truccata. Un suggerimento alla destra: non canti vittoria. Soltanto la qualità delle proposte e dei risultati potranno essere la misura del successo del nuovo presidente, altrimenti la roccaforte diventerà una bagnarola culturale. Un suggerimento alla sinistra: smetta di bofonchiare, danni alla cultura ne hanno fatti anche loro facendo finta di confondere l’amicizia con la capacità, il favore con l’incapacità. La Biennale, fortunatamente, è un po’ come la Firenze breve capitale d’Italia che c’insegnavano a scuola: figlia dell’arte, se ne frega di quando il re arriva e di quando il re parte.
 
 

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