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“Tre storie e dieci poesie”. A cento anni dall'esordio di Hemingway scrittore

Giulio Silvano

Il primo libro del giornalista aspirante scrittore uscì in trecento copie e fu pubblicato dalla piccolissima casa editrice dell’americano Robert McAlmon, l’appena fondata Contact Editions. Era il 13 agosto 1923

Fu Sherwood Anderson a dare il consiglio più importante a un giovane aspirante scrittore di Oak Park, sobborgo di Chicago, nei primi anni Venti: “Vai a vivere a Parigi”. E così il ventiduenne Ernest Hemingway, con la prima moglie al seguito, senza pensarci due volte si trasferì nella capitale francese, lui che inizialmente voleva andare in Italia. Dopo un po’ di tempo passato all’Hotel Jacob la coppia trovò un appartamentino al 74 di rue Cardinal Lemoine, a due passi dalla piccola Place de la Contrescarpe. Parigi era molto economica per gli americani, visto il cambio con il dollaro, e poi lì c’erano tutti, tutti quelli che avrebbero lasciato un segno sul modernismo: Gertrude Stein, James Joyce, Ezra Pound. Ogni tanto passava anche T. S. Eliot. C’erano Picasso, Mirò e tutto quello star system che ha raccontato Woody Allen in Midnight in Paris. Con le lettere di raccomandazione di Anderson, Hemingway entrò in questi salotti della Rive Gauche e iniziò a pubblicare sulle riviste degli expat, mentre scriveva articoli per il Toronto Star. 

Il suo esordio, il suo primo libro, venne pubblicato nell’agosto di cento anni fa, in trecento copie, dalla piccolissima casa editrice dell’americano Robert McAlmon, l’appena fondata Contact Editions. Si chiamava Three stories and ten poems. Hemingway faceva ancora il giornalista. L’anno prima aveva intervistato Mussolini. Fu mandato anche in Germania a seguire le rivendicazioni francesi sulla Ruhr. Non aveva ancora provato a buttare giù un romanzo, non aveva il tempo. E così sperimentò con racconti molto corti e con delle vignette sperimentali, ritrattini, che sperava di pubblicare in volume con Bill Bird. Il titolo fu in our time, tutto minuscolo. Fu spronato da Pound, con le sue giacche di velluto, che gli fece da mentore, il buon fabbro. Due libri quindi in cantiere, entrambi di prose brevi che raccoglievano materiale della sua vita, durata solo ventiquattro anni ma piena di cose: l’Italia, la natura nel Midwest, le infermiere, i toreri. Cose che furono anche esagerate, come nel caso della Prima Guerra Mondiale, per lui durata solo tre settimane da volontario autista di ambulanza, e che diventeranno poi Addio alle armi. 

Nel frattempo andava agli incontri di boxe e viaggiava in Spagna. Vide i corpi degli anarchici uccisi a Barcellona e le prime corride che lo fecero diventare un vero appassionato, e quel luglio del ’23 andò a las fiestas de San Fermín dove ambientò parte di The Sun Also rises, il suo primo romanzo. Quell’estate Parigi era caldissima, la gente cercava di scappare. Gli Hemingway, con Hedley incinta, restarono, ma non si godettero i fuochi d’artificio del 14 luglio perché Hedley era malata ed Ernest non riesciva a scrivere. “Butto via ogni giornata in piccole cose senza importanza”, ebbe a dire. Poi la pioggia rinfrescò la città e il 17 arrivarono le bozze di Three stories and ten poems. Ernest era galvanizzato, nonostante si trattasse di un editore minuscolo, e questo gli dava la carica per scrivere ancora. A breve sarebbero dovuti partire per il Canada, dove far nascere il bambino. In our times doveva uscire prima, ma alla fine McAlmon, noto per la sua fretta, fece pubblicare Three stories in una stamperia di Digione. Due delle poesie ebbero titoli in italiano: Mitragliatrice e Riparto d’Assalto (scritto sbagliato). 

Il 13 agosto 1923 le prime copie, librini sottili sottili con copertina ruvida di un grigio bluastro, apparvero nella libreria di Sylvia Beach, Shakespeare & Co. Il libro era dedicato a Hedley. Come scrive Michael Reynolds nell’esaustiva biografia di Hemingway: quel libricino “era l’unico risultato sostanziale da mostrare per quei venti mesi all’estero”. Era solo l’inizio. 
 

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