Bruno Le Maire (Sean Gallup / Getty Images)

Romanzi & potere

L'arte del fare della politica la Storia. Una conversazione tra Le Maire e Da Empoli

Mauro Zanon

Lo scrittore e intellettuale italo-svizzero dialoga con l’attuale ministro dell’Economia francese. “La letteratura si nutre della politica perché è un tema altamente letterario”. “Ma alla vita di palazzo manca coerenza per una narrazione storica”

Parigi. “La letteratura si nutre della politica perché è un tema altamente letterario. La politica è una sorta di lente d’ingrandimento sul carattere degli individui. Abraham Lincoln diceva: ‘Se volete mettere alla prova il carattere di un uomo, dategli il potere’. È qualcosa di estremamente appassionante e romanzesco. La politica è l’unica attività che impedisce alle nostre società di sprofondare nella violenza, ma concentra di conseguenza molta violenza in sé. Alla domanda se il potere, reciprocamente, si nutre della letteratura, la risposta è invece più sfumata. È certamente così per la politica francese. La politica e la letteratura hanno un rapporto molto intimo in Francia. Questa specificità affonda le sue radici molto lontano nel tempo, in particolare nel Quattordicesimo secolo, e continua ancora oggi. Non c’è stata quasi nessuna interruzione sulla scia dei personaggi che hanno saputo coniugare questi due campi. È il motivo per cui sono in Francia, non esiste nessun altro paese che sappia legare a tal punto politica e letteratura”. Giuliano da Empoli, scrittore e intellettuale italo-svizzero, ma nato a Parigi ed entrato nell’olimpo delle belles lettres grazie al “Mago del Cremlino”, formidabile romanzo sulla Russia contemporanea vincitore del Grand Prix de l’Académie française, è stato invitato dal Figaro a dialogare con l’attuale ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, che ha da poco pubblicato la sua ultima opera, “Fugue americaine”, dedicata alla vita del grande pianista russo naturalizzato statunitense Vladimir Horowitz. Ne è nato uno scambio di idee insieme entusiasmate e raffinato attorno alle due passioni che li uniscono, politica e letteratura, sullo sfondo del ristorante Drouant, lì dove ogni anno, dal 1914, si decide il vincitore del premio Goncourt.

 

“In Francia, la letteratura e la politica si comportano come due amanti. Il loro legame è uno dei fili conduttori della nostra storia. Poche altre nazioni hanno creato dei legami così forti tra le parole degli scrittori e le parole della politica. Il potere ha bisogno della letteratura, e la letteratura a sua volta alimenta la politica. La vita politica è una successione di decisioni tecniche, di leggi, di decreti, ma gli manca una coerenza: la letteratura offre alla politica una narrazione per trasformarla in Storia”, analizza Le Maire. Da ex consigliere politico di Matteo Renzi, Da Empoli spiega che “la narrazione è un elemento centrale del successo politico”. “Un percorso politico è determinato dalla capacità di mantenere il controllo della propria narrazione. L’aspetto più complicato è quello di mantenere una narrazione coerente tra il periodo in cui si cerca di conquistare il potere e il momento in cui lo si esercita. Se si perde il controllo della propria narrazione, il fallimento politico diventa inevitabile. Ciò non vuol dire che non si possano effettuare delle virate radicali. Semplicemente, è necessaria una capacità di integrare l’imprevisto”, spiega lo scrittore.

 

Sul rapporto tra letteratura e politica in Italia, Da Empoli la pensa così: “Non ho il ricordo di un personaggio della vita politica italiana, negli ultimi anni, che abbia prodotto un vero testo letterario o le sue memorie. Eppure mi sembra importante per la storia che le persone che hanno avuto delle alte responsabilità mettano nero su bianco il loro percorso e le lezioni che ne hanno tratto”. E Renzi? “Leggeva dei romanzi, ma non solo. Amava anche la poesia. Li usava da predatore politico, sempre alla ricerca di immagini, di formule, di evocazioni. Alimentava il suo discorso politico a partire dalle sue letture, un aspetto molto positivo”, racconta Da Empoli, prima di aggiungere: “Non mi fido degli uomini e delle donne politiche che non leggono romanzi. Alcune persone, in particolare i grandi imprenditori, pensano di darsi un tono affermando di leggere soltanto dei saggi. Non mi fiderei mai di loro, perché il romanzo è l’antidoto al ripiegamento su di sé, permette di uscire da se stessi. Il genere del romanzo è anche una risposta ai social network, che ci confinano nelle nostre convinzioni”. Le Maire ha sempre voluto essere “scrittore e politico”: “Sono d’accordo con Giuliano da Empoli quando dice che non si può scrivere sulla politica se non si è stati vicini al potere, per comprenderne i meccanismi, le persone, le reazioni (…). Il romanzo è una strada che consente di avere una certa libertà di scrittura, senza essere prigionieri del proprio status di responsabile politico”.

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