Tornare dal bosco
La recensione del libro di Maddalena Vaglio Tanet, incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023 ed edito da Marsilio (256 pagine, 17 euro)
Invece di andare a scuola, la maestra entrò nel bosco”. Siamo nel 1970 – nel biellese – e la maestra Silvia si è persa. Il suo non è uno smarrimento solo fisico quanto dell’animo, interiore. Ha scoperto che una sua giovane ex alunna è scomparsa, si è tolta la vita. E questo dolore, questo debordamento – unito alla solitudine stessa che Silvia porta con sé da donna senza marito né figli – fa sì che scelga di seguire il proprio richiamo interiore ed entrare nel bosco. Forse in cerca dei suoi fantasmi. Silvia rimane intrappolata in una sorta di limbo tra la vita e la morte, fatto di allucinazioni e paure, di pensieri e ricordi. “Pensò che probabilmente avrebbe camminato fino a collassare e anche quello le stava bene, solo sarebbe durato molto più a lungo. La vista scemava. Non riconosceva più bene le forme. Le parve che fosse il bosco ad andarle addosso avviluppandola in una mischia di tronchi, spini e fogliame”. Un ambiente ostile, duro, minaccioso ma che da un certo punto di vista consente a Silvia una sospensione, un rifugio dal mondo e una perdita di se stessa da cui in certi frangenti pare non saper tornare indietro. Fugge forse da un dolore troppo grande da portare da sola, da un piccolo paese di montagna dove tutti si conoscono e ciascuno ha un ruolo già scritto, da una fissità radicata che non permette anomalie e variazioni. A salvarla da questo baratro di immobilismo arriva – come è caro al suo cuore – un bambino. Il piccolo Martino addentrandosi nel bosco scorge un capanno e vede Silvia. Non dice a nessuno di averla trovata, mantiene il segreto. E forse è proprio grazie a quel riserbo, al custodire la presenza di quella vita adulta che Martino permette a Silvia di recuperare se stessa. Le permette di tornare indietro da quel limbo in cui si è messa, dal senso di colpa che la attanaglia e non le permette più di vivere facendo finta di nulla. Il bosco accoglie tutti questi sentimenti, terribili e insieme quasi confortanti, accudisce la maestra, le permette di mettere in pausa la propria esistenza per ritrovare il capo del filo. E Martino diventa il viatico di questa opportunità. Perché anche lui conosce la solitudine e la vita ai margini, perché conosce il bosco che porta con sé mistero ma anche magia. Il tono di favola permea tutto l’esordio narrativo di Maddalena Vaglio Tanet che con sapienza tiene in equilibrio i vari elementi narrativi con una scrittura precisa e limpida. Racconta una fiaba che è un modo per guardare la realtà più in profondità, per vedere di più e con maggiore intensità dentro e fuori se stessi. Come fanno i bambini che spesso inconsapevolmente portano un’angolazione nuova su ciò che accade e con semplicità introducono un differente paradigma per osservare il mondo, sia che esso abbia le sembianze di un bosco o di una donna scomparsa. Uno sguardo amico che rende possibile – e desiderabile – tornare dal bosco, cambiati.
Antifascismo per definizione