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La cupa fine del nostro mondo di cui sentiremo la mancanza

Valeria Cecilia

Il nuovo libro di Sheila Heti edito dal Saggiatore segna una continuità con l'acclamato "Maternità" del 2019: ma sul fronte dello stile si spinge ben oltre il postmodernismo. "Dovrebbe sembrare una prima stesura", ci dice la scrittrice canadese

L’autrice canadese Sheila Heti, indicata dal New York Times tra le “nuove avanguardie”, torna nelle librerie con "Colore Puro", tradotto da Federica Aceto per il Saggiatore. Il nuovo lavoro di Heti, da noi nota soprattutto per l’acclamato "Maternità" (Sellerio, 2019), segna una continuità con la sua poetica del raccontare la realtà interrogandola e interrogandosi, ma sul fronte dello stile si spinge ben oltre il post modernismo (anti romanzo e anti trama) sperimentato finora, consegnandoci un dilemma non facile da sciogliere. Altra novità, Heti esce dall’autofiction, guarda il mondo e il tutto si fa parecchio cupo. Il libro racconta della giovane Mira che frequenta l’Accademia di critica americana e con i suoi compagni vive speranze e sogni che nel tempo si dissolvono. Mira si innamora di Annie, ma anche la loro storia sfuma via. Poi Mira perde il papà e tutto continua a rotolare. Fine dei fatti. 

 

Passando ai temi, c’è la fine del mondo attuale, dove Internet ha cambiato i rapporti umani, il clima è insopportabilmente caldo e il sesso è desessualizzato; il dolore per la morte dei propri cari contiene il dilemma più ampio “tradizione-separazione” che qui coincide con “fare arte o starsene al sicuro”. Sopra a tutto c’è Dio, l’artista per eccellenza, che ora sta guardando la sua creazione, il mondo, e ne sta progettando una seconda bozza, dato che la prima è a fine vita. Da un punto di vista formale il libro è lirico, fiabesco, filosofico, saggistico e diaristico insieme, passa dalla terza singolare alla prima plurale, ha un andamento instabile, approdi contraddittori e visionari (Mira si trasforma in una foglia), cuciti insieme da quello sguardo incantevole, intelligente e pieno di meraviglia che Heti ci ha già fatto conoscere, e la formula restituisce un libro che parrebbe aver saltato ogni editing: una bozza. La critica americana ha ancora una volta apprezzato Heti, non rinunciando a un’analisi articolata.

 

Tra gli altri, sul New York Times, D. Garner scrive: “Pure Colour fa correre lungo il confine tra sostanza e allucinazione” e Heti “desidera farsi non comprendere”, mentre per L. Mercer (ArtReview) il romanzo ha personaggi piatti e non porta da nessuna parte. Quindi: il libro ha una grande firma ma semplicemente non funziona? Il dilemma e il nome che ce lo consegna valgono bene una riflessione profonda. E allora riflettiamo: il libro parla dello sgretolamento della realtà? Forse è per questo che non ha una forma coesa e coerente? Questo mondo è una prima bozza? Per ciò anche il libro ha l’aspetto di una prima bozza? Dopo la morte del padre Mira cambia, per questo qui il libro cambia? Insomma: Heti, per la sua fame di realtà, vuole raccontare il cosa anche attraverso il come?

 

Il dilemma e il nome che ce lo consegna valgono anche fare due domande, e Heti dice al Foglio “era una cosa di cui ero consapevole: il libro stesso dovrebbe sembrare una prima stesura. Penso che Mira non sia nemmeno sicura di cosa sia il mondo, a causa dell'invecchiamento, della morte del padre, del fatto che non riesca a trovare la sua direzione”. Nel libro (ndr) “ci sono molte idee sul mondo, in continua evoluzione, che sono allo stesso tempo mie, del narratore, di Mira e degli dei. Anche alla domanda se ci sia un Dio o molti dei non c’è una risposta ‘finita’. In una stesura ‘finita’ la risposta sarebbe nota, ma come si può sapere se c’è un Dio unico o molti in questo particolare romanzo, o in questo particolare mondo?”. Ecco la poetica delle domande e della instabilità che ci mette in crisi. Anche i personaggi “piatti” servono a mettere meglio in scena l’umanità in quanto tale: “Sono un po’ più simili a quelli delle favole, dei miti, delle parabole. Non sono personaggi freudiani con psicologie specifiche, ma tipi: l’orfano, il padre. Non mi interessavano i loro problemi specifici, ma quelli generali delle varie fasi della vita”. Come sarà la seconda bozza del mondo? Luminosa, senza dolore, l’arte non ci sarà più e non si procreerà più perché non ce ne sarà bisogno. Ci sarà amore e basta. Ma, scrive, Heti, sentiremo la mancanza del mondo passato, delle cose belle c’erano.

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