Chiacchiere da Nobel

Orhan Pamuk e l'angoscia dell'atomica: "Il rischio è forte. L'umanità è terrorizzata"

Giuseppe Fantasia

Lo scrittore Nobel, vincitore del premio Costa Smeralda, chiacchiera con il Foglio sulla recente guerra, sulle passate critiche a Obama mentre l'Italia attende il suo ultimo romanzo "Le notti della peste"

Porto Cervo - Quando Orhan Pamuk fu premiato nel 2006 con il Nobel per la Letteratura, la motivazione dell’Accademia di Stoccolma sottolineava la capacità dello scrittore turco di aver saputo ricercare l'anima malinconica della sua città natale (Istanbul, da cui l’omonima romanzo) e di aver scoperto “nuovi simboli per rappresentare scontri e legami fra diverse culture". 

A distanza di anni, quei simboli sono più o meno gli stessi e la situazione non è cambiata, semmai peggiorata. Ce lo dice a voce quando lo incontriamo al Premio Costa Smeralda, una nuova edizione presieduta da Renzo Persico con la direzione artistica di Stefano Salis. Pamuk - primo scrittore nel mondo musulmano a condannare la fatwa iraniana contro Salman Rushdie - ha ricevuto il Premio Internazionale. 

Oggi l’umanità - precisa - è terrorizzata dalla bomba atomica. Ci sono due poli: da un lato abbiamo quelli che si sentono minacciati e dall’altro quelli che vogliono combattere questa guerra fredda che è solo in parte”. 

“Rispetto alla guerra fredda, non abbiamo più due superpotenze che si oppongono ma una sola, la Russia contro l'intero sistema mondiale e il modello capitalistico. Questa è la minaccia che ci allarma tutti”. 

Nella guerra fredda - continua Pamuk - avevamo sempre un'opposizione tra capitalismo e socialismo che creava una sorta di equilibrio militare, geografico, economico. Ora abbiamo un solo potere, quello della Russia che rappresenta una minaccia per tutto il mondo e causa uno squilibrio. La minaccia è la bomba atomica e il rischio è forte”. 

 

Durante il nostro incontro ha ribadito più volte  che nel passato è stato spesso critico nei confronti di Barack Obama. “Qualche volta l’ho criticato per non essere intervenuto a proposito dell'aggressione di Putin alla Crimea. Ma poi ho pensato: cosa avrebbe dovuto fare? Se si fosse esposto sarebbe stato come Re Lear di Shakespeare che disse:`faro’ cose... che spargeranno terrore sulla terrà’. Era, quindi, difficile intervenire”. “In ogni caso, sono per il dibattito, la cosa più bella del mondo e detto da me che vengo da un Paese in cui è stata soppressa la libertà di parola, è ancora più significativo”. 

 

Nel salutarci, accennando al Nobel (“mi ha cambiato la vita, ma la cosa bella è che lo sai prima e non hai l’effetto sorpresa”, ironizza), ricorda anche il suo Museo dell’Innocenza a Istanbul, che da quando ha deciso di aprirlo nel 2012 “continua ad essere in pieno svolgimento, un museo che dimostra il potere dell’immaginazione di plasmare la realtà”. 

A settembre, il suo prossimo libro, Le notti della peste  - già uscito sei mesi fa in Turchia e poco prima della guerra anche in Russia - uscirà anche da noi per Einaudi. Non ci resta, quindi,  che aspettare. 

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