(foto di Clarisse Meyer)

in cammino

Un'epifania minima lungo un viaggio svela ciò che diamo per scontato

Costantino della Gherardesca

Intervista a Corin Sworn, artista in cammino che racconta il valore del viaggiare

Non so se è il Covid che comincia a mollare la presa o se siamo noi che non ne possiamo più di guardare il mondo dalla finestra. Fatto sta che con la bella stagione la voglia di girare si fa più forte che mai e anche il mio corpo martoriato e spento è pervaso dal bisogno di viaggiare. E dico “bisogno” non a caso, perché per me viaggiare non è un hobby, ma una necessità. Sono dovuto andare fino a Glasgow per capire perché. Lì ho incontrato e intervistato l’artista Corin Sworn (il video sarà disponibile a breve sul mio account Instagram @costantinodellagherardesca). Sworn è nata a Londra, ma si è formata in Canada per poi stabilirsi in Scozia. Vive a Glasgow da anni, ma sa che per comprendere un luogo che le è del tutto famigliare come la sua città, le serve viaggiare in giro per il mondo: se non lo facesse non avrebbe termini di paragone.

 

Sono cresciuta in Canada e lì, se dovevi trasferirti in una casa nuova, potevi farlo solo il primo del mese” racconta Sworn. “Arrivata a Glasgow, invece, mi sono accorta che qui si poteva cominciare ad abitare in una casa in qualsiasi momento, a seconda del giorno in cui partiva il contratto d’affitto”. Sembra una sciocchezza, un dettaglio da poco, ma il trasloco è già un trauma di per sé e non ha bisogno di essere reso più complicato dalla dittatura gregoriana del calendario. Spostandosi da Toronto a Glasgow, Sworn ha visto come una convenzione – banale quanto intoccabile – si era rivelata del tutto relativa e contingente. E queste piccole rivelazioni quotidiane si riversano nella sua arte, che riflette su come soggettività e società entrano in relazione attraverso regole, abitudini e tendenze culturali.

 

Quando ci si trova davanti a queste epifanie minime, dice Sworn, “si prova una sensazione molto liberatoria, ma sulle prime ci sentiamo smarriti. E lo smarrimento è uno dei miei sentimenti preferiti”. Viaggiare, in fin dei conti, è quasi una ricerca dello smarrimento, una ricerca che, secondo Sworn, è legata al nostro sviluppo non solo culturale ma anche neurologico, perché il viaggio ti offre “la possibilità di entrare in contatto con quello che ti sta intorno e con la tua capacità di reagire a quello che ti circonda”. E’ un modo per testare il nostro apparato sensoriale: lo portiamo in un luogo non familiare, estraneo e in questo modo lo facciamo crescere. Non incontri solo un posto nuovo, ma anche il modo in cui tu stesso reagisci alla novità. Sintetizzando alla Terzani, viaggiamo dentro e fuori di noi.

E oggi che si parla tanto di metaverso, il viaggio fisico è diventato ancora più importante: ci sono delle cose che vanno necessariamente provate in prima persona, andandole a toccare con mano, e che non possono essere lette o viste su uno schermo. “Il mondo online è estremamente impoverito dal punto di vista sensoriale”, mi spiega Sworn. “Certo, ci fa usare molto i nostri occhi, ma trascura completamente l’olfatto e la nostra capacità di toccare le cose. Nell’ambiente virtuale troppe nostre abilità vengono azzerate. Mentre, quando viaggiamo, le mettiamo alla prova e le coinvolgiamo tutte”.

 

Si potrebbe obiettare che anche un libro non mette più di tanto alla prova i sensi dei lettori, ma secondo Sworn la differenza sta tutta nell’immersività dell’esperienza. “Credo che la lettura ci permetta di viaggiare in varie emozioni e immedesimarci in vari personaggi. In questo modo possiamo testare diverse versioni di noi stessi. Ma questo è possibile solo con un testo piuttosto lungo, all’interno del quale puoi appunto viaggiare e immergerti fino a trovare elementi che differiscono dalla tua realtà. Viaggiando nel mondo reale, invece, è molto più semplice imbattersi in persone e regole completamente diverse da quelle a cui sei abituato e questo ti fa riflettere su quanto quello che pensiamo sia ‘la norma’, in molti casi, non sia altro che un’abitudine.” Viaggiare, insomma, ci fa capire che molti aspetti della vita che riteniamo immutabili sono il frutto di convenzioni sociali. Convenzioni che, prendendo un banalissimo volo di linea, possiamo lasciarci alle spalle. Anche solo per un weekend.

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