Voglia di cristianesimo

Giulio Meotti

Da Ferguson a Bruckner, atei e agnostici sedotti dalla chiesa. Il cretinismo che accelera il declino occidentale

"Forse il Duemila cova per noi l’allarme di sconvolgimenti e definitivi disastri? Questo secolo ha già consumato i primi venti anni del suo tempo senza dirci chi è e cosa vuole. Non era mai accaduto... In Europa le sole note di novità ci vengono da Houellebecq che profetizza a breve la fine della cultura occidentale (laico cristiana) aggredita dai colpi della spiritualità islamica”. Così si è espresso il critico culturale Angelo Guglielmi in un articolo sulla Stampa della scorsa settimana. Sorprendente, per il registro un po’ apocalittico in tempi di ottimismo à tout faire e per il profilo dell’autore, l’ultimo dei fondatori del “Gruppo 63” assieme a Umberto Eco ed Edoardo Sanguineti. Meno sorprendente se lo inseriamo in un nuovo filone di intellettuali fuori dalla chiesa che sono arrivati a mettere in guardia l’occidente dalla scristianizzazione.

 
“Da ateo dico che senza il cristianesimo l’occidente non sopravvivrebbe”, spiega il celebre storico Niall Ferguson, che è più facile trovare a Davos o al Forum Ambrosetti che in una chiesa. “Perché sono conservatore? Perché il liberalismo da solo non ferma il totalitarismo, che avanza non solo in Cina ma anche in democrazia”. Lo stesso sostiene Douglas Murray, saggista cresciuto nella chiesa prima di lasciarla da adulto e che si è definito un “ateo cristiano”. In una discussione con il teologo N.T. Wright, Murray si è descritto come “un agnostico inquieto che riconosce le virtù e i valori che la fede cristiana ha portato” e si dice irritato dal modo in cui la chiesa  sta fuggendo dalla sua eredità. “Quando la si vede cadere in tutti gli ultimi tropi si pensa bene, questa è un’altra cosa andata, proprio come assolutamente tutto il resto dell’epoca. Sono un non aderente deluso”. Murray, che sta per pubblicare “The war on the West”, dice che il cristianesimo è essenziale perché i secolaristi sono stati finora totalmente incapaci di creare un’etica dell’uguaglianza che corrisponda al concetto che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio. In un articolo sullo Spectator, Murray è stato anche più schietto: “La santità della vita umana è una nozione giudeo-cristiana che potrebbe facilmente non sopravvivere alla scomparsa della civiltà giudeo-cristiana”.

 
Su La Vie di questa settimana, il poeta e scrittore Emmanuel Godo, che pubblica su Gallimard, critica la chiesa cattolica per il suo eccessivo ecumenismo: “Smettetela di credervi consiglieri, aiutanti politici, supplenti sindacalisti, amministratori domenicali, giornalisti in overdose di ‘moralina’. Non dateci il cretinismo, ma il cristianesimo, per favore!”. Il celebre storico inglese Tom Holland, l’autore di “Dominion”, alla British Library di Londra ha appena detto che “siamo diventati culturalmente desensibilizzati e parliamo solo del tipo di cose che ascolteresti in una trasmissione politica del partito liberaldemocratico, una sorta di pensiero del giorno”. Lo storico ha sostenuto che solo il cristianesimo spiega l’enfasi occidentale sui diritti umani. “La Cina, e non solo la Cina, ci sta ricordando che il concetto di diritti umani è quello emerso in una matrice culturale ben precisa, quella cristiana”. Questo riapre anche “la possibilità per i laici di riconoscere che non si sono in qualche modo emancipati” dal retaggio cristiano, perché “i nostri istinti viscerali sono profondamente radicati in questa storia”. Se è stato uno storico di vaglia come Pierre Nora, ebreo, a denunciare la ricostruzione in chiave politicamente corretta di Notre Dame, in Francia non ci sono soltanto “Houellebecq scrittore cattolico” (La Croix della scorsa settimana) e l’ateologo Michel Onfray che difende la messa antica dalle riforme bergogliane. La filosofa femminista moglie di Lionel Jospin, Sylviane Agacinski, partecipa alle Settimane Sociali della chiesa per denunciare il concepimento desessualizzato, in cui l’origine dei genitori è nascosta e in cui ai bambini è impedito di accedere alle proprie origini. Nel suo libro più importante, “Les dernier jours”, il grande critico d’arte Jean Clair denuncia la scristianizzazione dell’Europa. “Ciò che ha scritto Eliot, ‘Nessuna cultura è sorta o si è sviluppata senza che non sia stata collegata a una religione’, mi sembra ancora valido. Lo scrisse poco dopo la fine della guerra, nel 1948, quando l’Europa era impegnata in un processo di scristianizzazione che ora sta volgendo al termine”. Lo stesso piglio di un filosofo ebreo come Alain Finkielkraut, che parla dell’“aberrante e plausibile ipotesi della scomparsa del cattolicesimo”. La giornalista franco-tunisina Sonia Mabrouk si definisce laica, ma dice che come comunità abbiamo bisogno sempre di un crogiolo comune. Nel libro “Insoumission française”, Mabrouk scrive: “Siamo condannati alla scomparsa della civiltà giudaico-cristiana? Siamo condannati a uno scontro spietato tra due civiltà di cui rimarranno solo le ceneri? Dobbiamo renderci conto che il pericolo non è tanto la forza dell’Islam, quanto la debolezza patologica del cristianesimo. Se la civiltà giudaico-cristiana sta morendo, è soprattutto per mancanza di  difensori”.

 
Uno scrittore laico come Xavier Patier su Le Figaro è appena arrivato a leggere nelle dimissioni di Benedetto XVI un simbolo della crisi di civiltà: “Il moribondo Giovanni Paolo II ha continuato a portare il suo peso di Papa, lui che era stato tanto orgoglioso del suo corpo atletico, perché credeva di avere il dovere di dare l’ultima testimonianza. Il suo successore, Benedetto XVI, annunciò le sue dimissioni pochi anni dopo, nel 2013. Le prime dimissioni di un Papa dal Medioevo, salutate dai ‘moderni’ come una prova di progresso. Il Papa ha dato la sua spiegazione: non aveva più le energie necessarie. Una civiltà della rassegnazione, una versione appena attenuata della cultura della morte”.

 
Perché tanto fervore nel mondo intellettuale ateo, laico e agnostico? Il grande storico della Sorbona Jean-Marie Salamito in una intervista questa settimana a Famille Chrétienne spiega che questi laici sono capaci di “percepire la barbarie che ci minaccia”. Secondo Salamito, “di fronte a queste forme di barbarie, il cristianesimo è il solo portatore di un’antropologia che difende l’unità dell’umanità e la dignità della persona umana” e questi agnostici capiscono che “le civiltà sono fragili”. “Siamo arrivati a perdere l’influenza cristiana in Occidente e invece di avere l’umanesimo, abbiamo un vuoto”.

 
Quattordici famosi intellettuali e scrittori, molti atei, hanno trascorso tre giorni nella famosa abbazia di Lagrasse, in Linguadoca, una delle più importanti di Francia (il monastero venne riconosciuto già da Carlomagno nel 778). Così è nato il libro “Trois jours et trois nuits”. Fra gli ospiti del monastero Pascal Bruckner, intellettuale, scrittore e saggista nato a sinistra e che negli anni Settanta divenne famoso fra “nouveaux philosophes”.

 
“Se i cristiani non riescono a convincere le nuove generazioni, spariranno dal paesaggio” scrive Bruckner. “Gli edifici religiosi passeranno sotto il Ministero del Turismo e saranno visitati allo stesso modo in cui esaminiamo le rovine romane o i templi greci”. Bruckner critica la chiesa post-Vaticano II, “quando Roma, dopo un vasto riesame della sua dottrina, ha accettato di tornare a una certa temperanza nella propagazione della fede. Questa inflessione ha costituito un progresso (a differenza dell’Islam, percepito, a torto o a ragione, dall’opinione pubblica come violento e proselitista)”. Ma Roma, scrive Bruckner, “ha spinto la tolleranza fino all’auto-abolizione, approvando senza esitazione la persecuzione delle minoranze cristiane e cercando di minimizzare la violenza dei suoi nemici per meglio dividere la colpa con loro”. Anche in Francia, dopo lo sgozzamento di un prete a Saint-Étienne-du-Rouvray, l’attentato mancato alle chiese di Villejuif, le autobombe vicino a Notre-Dame e la strage di Nizza nell’ottobre 2020 in cui sono morte tre persone, la reazione dell’episcopato è stata di prudenza e moderazione che ha rasentato il silenzio. “L’argomento che la Francia sta crollando perché ha dimenticato le sue radici religiose e sta vivendo un ‘vuoto spirituale’, non è del tutto esatto” scrive Bruckner. “Sono i cristiani stessi, a forza di umiltà, che sembrano essere soggetti a una minoranza attiva e si coprono di cenere non appena vengono attaccati. E non parlo degli ‘antifa’, neonazisti travestiti da loro opposti che hanno già attaccato presepi viventi a Tolosa e processioni religiose a Parigi, come se la semplice persistenza del culto cristiano rappresentasse un affronto per loro. In breve, la Chiesa, già afflitta da scandali sessuali, dà l’impressione di porgere la guancia sinistra dopo essere stata schiaffeggiata su quella destra. Presto non avrà più abbastanza guance per essere schiaffeggiata. Non può più piegarsi sotto i colpi, a meno che non scompaia anima e corpo”.

 
Nel novembre del 2016, durante un viaggio, il secondo in un anno, nel Kurdistan iracheno per aiutare i Cristiani d’Oriente e gli Yazidi, Bruckner ha assistito alla riconsacrazione da parte del vescovo della città, Petrus Moshe, della chiesa siro-cattolica di Qaraqosh, detta dell’Immacolata, a trenta chilometri a sud-est di Mosul. La guerra infuriava, le truppe alleate davano la caccia ai killer dello Stato Islamico, gli aerei Mirage ed F16 sorvolavano la città per sganciare le bombe. “In una cattedrale devastata dalla furia dei bruti e che era stata trasformata in moschea e deposito di armi si è tenuta la prima messa celebrata in arabo dal 2014. Quel pomeriggio abbiamo deciso, come cortesia verso i nostri ospiti, di fare la comunione, dato che la partecipazione era scarsa, ridotta a una manciata di soldati, alcuni dei quali sciiti. Non facevo la comunione da quando avevo quindici anni. Questa esperienza è stata tanto strana quanto travolgente in un ambiente apocalittico dove la ragione ha trionfato, ma troppo tardi, sulla barbarie”. Il 7 marzo 2021, durante una visita solenne a Qaraqosh, Papa Francesco ha celebrato una messa in questa stessa chiesa per riconciliare le comunità e ha invocato il perdono per gli assassini dell’Isis. “È stato un gesto magnifico, ma di fronte all’abisso, non è scontato che l’ordine della carità sia sufficiente a superare il disordine del fanatismo. Per concedere il perdono al nemico, bisogna prima averlo sconfitto”.
All’abbazia di Lagrasse c’era anche Franz-Olivier Giesbert, già direttore del settimanale Nouvel Obs, che scrive: “In occidente, e in particolare nel nostro caro e vecchio continente, c’è da chiedersi, a volte, se la chiesa non faccia parte della specie in via di estinzione. Come per assecondare il declino del cristianesimo, Papa Francesco non si discosta mai da una superba indifferenza, altro nome della saggezza, quando non è quella dell'indolenza o del cinismo. Con il suo cristianesimo cauto, assomiglia a quei politici che camminano sui gusci d'uovo e la cui ossessione è quella di avere buoni articoli sui giornali”. Con lui al monastero anche Boualem Sansal, il romanziere algerino autore di “2084”. “C’erano cristiani in Francia quando era una comunità radicata nella fede, quando era, secondo Michelet, ‘una conquista della Chiesa’”, scrive Sansal. “Ce ne sono ancora, ma stanno scomparendo uno dopo l’altro”. Anche Sansal avverte la chiesa. “La globalizzazione e il suo relativismo devastante hanno accelerato la deriva. Il Vaticano II ha diffuso il wokismo e la cancel culture nel mondo occidentale e la cultura della vittimizzazione e della vendetta hanno fatto il resto”. 
Desacralizzando e decostruendo tutto, abbiamo creato le condizioni per un fallimento senza ritorno. “La chiesa non può trovare in mezzo a sé una falange eroica che vada nel mondo a combattere le forze del male e trovare i mezzi per riaccendere il fuoco sacro? Ogni volta nella storia che il male ha vinto, ci sono stati uomini in mezzo a essa che hanno raccolto la sfida e dato speranza alla gente. Dove sono i suoi valorosi Agostino, Gregorio, Ambrogio, Girolamo...? Se non lo fa lei, chi in questo mondo in perdizione saprebbe farlo?”. Già, chi?

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.