Photo by Philippe Bout on Unsplash  

Contro la neolingua

Agli ispanici non piace Latinx. Rivolta contro la desinenza neutra uscita dai campus impazziti

Giulio Meotti

Le parole sono le principali vittime della lotta all'inclusività, si prova così a mettere un cappello arcobaleno sui vecchi dizionari. Anche quando non c'è nessuno a sentirsi discriminato

“L’avanguardia inclusiva crede fermamente che sia finalmente giunto il momento di liberare l’umanità dalla condizione umana. Nientemeno. Maschio, femmina o non binario: ciascuno deve poter decidere da sé, sovranamente, senza dover fare riferimento all’origine. Mettiamo un cappello arcobaleno sui vecchi dizionari”. Così ha scritto Alain Finkielkraut sul Figaro del weekend, riferendosi al pronome neutro francese “iel” entrato nel dizionario  “Petit Robert”. 

  
I latinos negli Stati Uniti sono in rivolta per un’altra assurdità neutra simile a quella di Lancet, che ha coniato l’espressione “corpi con vagine” per non dire quella parolaccia: donne. Il motivo lo spiegava l’Economist di settembre: “Latinx è un aggettivo di genere neutro. Il New York Times ha lanciato una rubrica dedicata alla ‘comunità Latinx’. La parola si è insinuata nei comunicati stampa della Casa Bianca e nei discorsi presidenziali. I rapporti sulla diversità di Google utilizzano ‘Latinx+’. Un termine inventato da accademici esoterici è diventato mainstream”. 

 
“Voglio dirlo a nome di quasi tutti gli ispanici americani: potete smetterla di chiamarci ‘Latinx’?”, scriveva domenica Charlotte Allen sul Wall Street Journal. Secondo un sondaggio  di Bendixen & Amandi International, solo il 2 per cento degli americani di origine latina si definisce in questo modo. Preferiscono “ispanico” o “latinos”. Ma i giornalisti woke amano “Latinx”. E così ormai è ovunque, anche nella rivista Cook’s Country, che ha proposto delle ricette “Latinx”. “Non sono una X!”, ha detto Richard Rodriguez, pluripremiato saggista messicano-americano. Il 40 per cento dei latinos è pronto a non votare per i candidati che si rivolgono a loro con il neologismo. Racconta l’Atlantic che gran parte degli stessi politici ispanici non usa mai la parola e i funzionari eletti dalla California, dal Nevada, dal New Mexico e dal Texas si sono rifiutati di commentare il termine Latinx: “Alcuni dipendenti hanno consigliato ai loro capi di non usare o discutere il termine a causa di quanto possa essere impopolare”, scrive la rivista. 
Sulla Nbc ha raccontato così la scrittrice Luisita Lopez Torregrosa: “La prima volta che ho sentito quella parola, a metà degli anni Duemila, insegnavo in un’università di New York. Non ero abbastanza sicura di aver capito e ho riso, pensando che fosse uno scherzo. E’ stato subito chiaro che non lo era. ‘Latinx’ stava diventando un termine ufficiale nei campus universitari”. Dove ormai anche il latino non si porta più e si vede del razzismo anche in Cicerone. Come ha detto la docente di Studi classici della Brown University, Johanna Hanink, “se i Classici non cambiano, che brucino”. 

 
Dovrebbe suonare inclusiva. Ma per gli ispanici, Latinx fa rima con Kleenex.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.