Il filosofo francese Jean-Luc Marion

“L'università ora è la principale cassa di risonanza del nichilismo”. L'autobiografia di Marion

Giulio Meotti

“I vecchi marxisti riderebbero a sapere che censuriamo Omero per un’analisi postcoloniale di Troia”, dice il filosofo francese

“A volte si dice che le grandi ideologie siano scomparse ed è vero. Ma il bisogno ideologico della società è costante. Non è più soddisfatto dal fascismo o dal comunismo, ma da ideologie molto più elementari e probabilmente più invasive anche nella misura in cui non vengono viste: la cancel culture…”. Jean-Luc Marion ha aspettato tanto, tanti tomi su Heidegger e Husserl, prima di immergersi nell’attualità. Ora lo fa in uno straordinario libro-confessione, A Vrai dire, pubblicato in Francia dalle Editions du Cerf. 

E’ l’accademico francese di maggior successo negli Stati Uniti. Ha una biografia intellettuale sterminata ma che può essere sintetizzata così: fondatore dell’edizione francese di Communio (la rivista ideata dall’allora professor Joseph Ratzinger), insignito da Papa Francesco del Premio Ratzinger 2020, membro dell’Académie française (al posto del cardinale Lustiger), allievo di Hans Urs von Balthasar, docente di Metafisica alla Sorbona (ha preso la cattedra di Emmanuel Lévinas) ed è uno degli specialisti mondiali di Cartesio. Gilles Deleuze lo invitò, alla fine della sua vita, a condividere un budino di riso (l’unico cibo che poteva ancora mangiare) per discutere di Dio senza essere, una delle maggiori opere di Marion. 

Insegnando anche in America (a Chicago, erede di Paul Ricoeur), oggi Marion ha un grandangolo speciale sulla crisi in corso. “Viviamo sotto questa ossessione tautologica e cieca per l’identità vuota ed è per questo che le liti sull’identità stanno diventando pervasive”. La classe politica non ha più il controllo.  “Non sono più stupidi di prima, ma non hanno più il controllo delle cose. Lo strato di neve è scivolato e siamo rimasti bloccati nella valanga e non siamo riusciti a fermarla. Quello che stiamo vivendo è definito più come una decadenza”.  Parla di islam. “Il problema è che il mondo musulmano sta appena cominciando a sistemare il suo rapporto con la modernità, da    qui le convulsioni che sta vivendo. Il problema nel problema è sapere fino a che punto l’islam può integrarsi. Ma non è nella sua costituzione originale, poiché il Corano rifiuta per principio qualsiasi ‘associazione’. Questa logica binaria, con me o contro di me, è portata all’estremo dall’islamismo”. 

L’Europa, dice, sta uscendo dai binari. “Sta cadendo fuori dalla storia, questo non è contestabile oggi. Detto questo, le società di altri continenti che pensano di essere libere da questo stesso declino mi sembrano molto ingenue, nella misura in cui credono di sfuggire al destino globale del nichilismo. Si convincono che si tratta di un virus locale, che devasta solo il piccolo capo occidentale dell’Eurasia e che non li riguarda. Gli Stati Uniti hanno sempre giurato che il nichilismo non sarebbe arrivato da loro, che sarebbero rimasti immuni. Ma ora è successo e sono  soggetti a una variante che è tanto più scatenata perché è stata trattenuta per così tanto tempo. La Cina è abbagliata dal suo enorme boom materiale e dal suo sogno irresistibile, senza vedere la linea di faglia che sta scavando allo stesso tempo, che rappresenta un gigantesco vettore di contagio”.

Siamo sempre alle prese con il nichilismo, scrive  Marion. “Nietzsche disse nel 1886 che sarebbe durato due secoli, quindi ne abbiamo ancora un buon terzo”. E l’Europa è la regione che più di ogni altra lo sperimenta. “Ci sono molte ragioni per questo status di precursore. Guerre religiose, imperiali, coloniali e mondiali? Siamo noi. Eresie, ideologie, utopie, follie totalitarie? Siamo noi. Siamo nell’epicentro della catastrofe. Siamo nel cuore del reattore atomico”.  La scrittrice e studiosa italiana Andrea Marcolongo è stata invitata dalla Columbia University a discutere dell’importanza del latino e del greco. Sta parlando della sua carriera e dei suoi libri, quando uno studente le chiede: “Come puoi leggere Omero se era razzista e misogino?”. La connessione internet è buona, ma Marcolongo teme di aver capito male: “Mi dispiace, non capisco il suo punto di vista”. Lo studente ripete la domanda. “Ho avuto l’impressione che avessimo letto due autori diversi”, dice Andrea Marcolongo al Figaro. L’università è dunque il cuore della crisi. Marion ricorda gli anni Sessanta in cui ha iniziato a formarsi come filosofo. “Il marxismo era la musica di sottofondo del mondo accademico. Né meno, né più”. Ora è diverso. Ora è anche peggio. “Ieri l’università era ideologizzata, ma sulla base di un corpus condiviso di grandi autori. Althusser e Aron non leggevano Karl Marx allo stesso modo, ma era Marx che facevano leggere ai loro studenti. E avrebbero riso del fatto che ora stiamo censurando Omero per fare un’analisi postcoloniale  della guerra di Troia. L’università non fa eccezione al nichilismo imperante e ne è la principale cassa di risonanza”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.