La Francia mette al bando la scrittura inclusiva, questa “balbuzie ridicola”

Giulio Meotti

La decisione del ministro dell'Istruzione. Delusa la gauche degli asterischi e dei punti mediani

Si chiama point médian (punto mediano), è un segno che separa e mette in evidenza le desinenze del maschile e del femminile. E’ uno degli strumenti usati in molti paesi occidentali per promuovere l’uguaglianza di genere. Ma per il ministro della Pubblica istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, è una mostruosità e per questo ha ufficialmente bandito, con una circolare, l’uso della “scrittura inclusiva” spiegando che la sua “complessità” e “instabilità”  costituiscono “ostacoli all’acquisizione del linguaggio oltre che alla lettura”.

 

La circolare, pubblicata il 6 maggio sul Bollettino ufficiale dell’Istruzione nazionale, ricorda che “è vietato l’uso della cosiddetta scrittura inclusiva”. Il maschile è dunque riconosciuto come una forma neutra adatta sia agli uomini sia alle donne. La Manif pour tous, che aveva promosso la rimozione degli “abcd” dell’uguaglianza a scuola, aveva denunciato un manuale scolastico pubblicato dalle edizioni Hatier e scritto in un “linguaggio non sessista” che includeva i punti mediani. Ben 314 docenti in risposta hanno pubblicato un manifesto in cui si sono impegnati a non insegnare più che il maschile prevale sul femminile, adottando la scrittura inclusiva. 

 


Per la prima volta il 30 luglio 2020, su iniziativa di nove deputati dell’Assemblea nazionale guidati da Sébastien Chenu, castigando le derive dell’egualitarismo si chiese di sanzionare i sindaci ecologisti che hanno adottato la scrittura inclusiva nelle loro comunicazioni. A Lione, una delle prime misure prese da Grégory Doucet dopo la sua elezione nel luglio scorso è stata quella di adottare la scrittura inclusiva, come ha fatto il sindaco di Parigi Anne Hidalgo. Nei comunicati della France insoumise la scrittura inclusiva è la norma. “La nostra parola d’ordine è usarla ovunque, indipendentemente dal mezzo”, afferma Sarah Legrain, portavoce del partito di Jean-Luc Mélenchon. Il 23 febbraio, François Jolivet, deputato macroniano, ha presentato un disegno di legge con una sessantina di altri deputati contro l’uso della scrittura inclusiva da parte dei funzionari pubblici. Anche in Italia si fa strada. E’ italiana la prima casa editrice che utilizzerà lo “schwa” nelle prossime pubblicazioni, la Effequ, che ha deciso di accogliere la proposta della sociolinguista Vera Gheno di sostituire il maschile generico con un asterisco. Opzione grafica per indicare un “neutro”. 


L’Accademia di Francia ha bollato la scrittura inclusiva come un “pericolo mortale”. La sua segretaria, Hélène Carrère d’Encausse, rifiuta di femminilizzare il proprio titolo. Una “balbuzie ridicola” secondo Alain Finkielkraut, “una specie di eczema sulle pagine” secondo Michael Edwards. E poi c’è chi, come il compianto Marc Fumaroli, parlava di “stupida adulazione”. 
Sul Figaro di qualche giorno fa Robert Redeker ha scritto: “La scrittura inclusiva è in realtà il contrario di ciò che afferma di se stessa: è esclusiva, perché esclude la lingua dalla sua storia. Espelle la lingua dal suo passato, dalla sua tradizione, dalla sua dimora, dalla sua logica. La scrittura inclusiva veicola il mito ultrarivoluzionario della tabula rasa: del passato della lingua bisogna fare tabula rasa, al fine di lasciarsi abitare dalle fantasie dei suoi avversari”. In gioco c’è molto di più del massacro della punteggiatura.
 

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.