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Il “buon uccidere” di Pallavicini contro i tormentatori seriali che ci opprimono

Simonetta Sciandivasci

Un libro che raccoglie, cataloga, analizza tutti gli esemplari di chi ci tormenta l’anima e ne fa un'arte: quella di neutralizzarli

Se una cosa non si può risolvere, diceva Epitteto, che cosa soffri e t’arrabbi a fare? Muore tua moglie? Pazienza. Il tuo prossimo è un cretino? Pazienza. Scrissero Fruttero e Lucentini che il cretino, “colui che non sa stare nei suoi limiti”, è invincibile. Perché, allora, affannarglisi contro? Siamo sicuri, poi, che sia lui il nemico che ci intossica l’anima? Forse, assai più periglioso è il rompicoglioni (scusate, ma rompiscatole non rende), variante letale del cretino così come dell’intelligente, che studia, è preciso e persino benintenzionato. E’ il “tormentatore della nostra quotidianità”: così è scritto sulla quarta di copertina di “L’arte del buon uccidere” (Mondadori), un libro che ne raccoglie, cataloga, analizza tutti gli esemplari e, per ciascuno, propone l’eliminazione più adatta, quindi più efficace. Se al cretino non c’è rimedio, al tormentatore sì, c’è.

 

L’autore, Piersandro Pallavicini, è scrittore e scienziato, fa il professore ordinario di Chimica e se fosse stato soltanto scrittore avrebbe scritto un manuale di sopravvivenza e non una fantastica guida all’omicidio che, visti i tempi seriosi seriosissimi che corrono, gli varrà forse accuse di istigazione all’omicidio. Il margine d’intervento sui rompicoglioni non include rieducazione, sensibilizzazione, dialogo, confronto, comunicazione, condivisione, apertura. Basta, Kaputt. Indicando i modi per sbarazzarsi di loro, Pallavicini illumina la nostra arrendevolezza a disturbi, molestie, prepotenze, grettezze. Abbiamo accolto tutto e tutti per pigrizia, democrazia, eccesso di zelo, fragilità culturale, buona educazione, sottomissione, per milioni di motivi, a volte nobili, che ci si sono ritorti contro e, oltre a legittimare e moltiplicare i ciucci e presuntuosi, ne hanno nobilitato le sorti e le chance.

 

Il problema non è che i seguaci di QAnon credono che la nave incagliata a Suez trasporti schiavi sessuali di Hillary Clinton, ma il fatto che a quei seguaci noi offriremmo un corso di Storia anziché un calcio in culo. Direte che con la violenza non si risolve niente. Certo. Pallavicini non intende armarci contro il tuttologo del bar: ci aiuta a ignorarlo, darlo per morto, non consentirgli di ridiscuterci, sfaldarci, rovinarci il caffè. Che soddisfazione leggere la fenomenologia del “marcione rock”, “l’invasato che ti dà del fascista a sproposito”, “l’integralista gourmet”, “quello che ti porta a sorpresa in una pizzeria con Karaoke”, il “precisatore di rete”, ovverosia quello che se scrivi un tweet d’auguri a tua moglie, commenta segnalandoti un errore di battitura. Che soddisfazione leggerne la descrizione puntuale, in un italiano splendente e molto tecnico, e subito dopo l’eliminazione fisica. E’ la stessa catarsi che offre Mastroianni in “Divorzio all’italiana”, quando, guardando sua moglie prendere il sole in spiaggia, se la figura annegare nelle sabbie mobili. Quanti mariti ha risarcito (risarcito e non ispirato, capito?). Pallavicini, come Fefè, ci risarcisce.

 

Ps. Il libro, comicissimo, è dedicato “agli ultimi anacronistici sostenitori della gentilezza e della cortesia”. A voi ogni inferenza.

 

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.