“Oggi Baudelaire sarebbe vittima della cancel culture e delle leghe della virtù"

Giulio Meotti

Il suo biografo Michel Schneider: "I suoi 'fiori del male' oggi non sarebbero pubblicati"

È il tempo in cui Peter Pan è interdetto all’infanzia dalla Biblioteca pubblica di Toronto, l’editore olandese Blossom Books toglie Maometto dall’Inferno dantesco e si registra una censura al giorno per togliere l’indignato di torno. E’ il tempo in cui Dan Franklin, che ha pubblicato Ian McEwan e Salman Rushdie alla casa editrice Jonathan Cape, dichiara: “Oggi non pubblicherei ‘Lolita’. Ci sono il MeToo e i social media, puoi suscitare l’indignazione in un batter d’occhio. Se ‘Lolita’ mi venisse offerta oggi, non riuscirei mai a farlo passare e un comitato di trentenni direbbe: ‘Se pubblichi questo libro ci dimetteremo tutti’”. Quasi normale allora leggere Michel Schneider, biografo di Charles Baudelaire, che sul Point dichiara che il suo beniamino, l’autore dei “Fiori del male”, oggi verrebbe castigato e censurato.

 

Curatore delle lettere alla madre di Baudelaire (“Cette maladresse maternelle me fait t’aimer davantage”) e autore del libro “Baudelaire. Les années profondes”, Schneider scrive che “in questi tempi di insignificanza in cui non si crede più in Dio o al Diavolo, nel bene o nel male, questi ‘Fiori del male’, questo libro di una vita che è stata condannata in tribunale, miscela impura del sublime e del satanico, sono sbiaditi”. E’ il bicentenario della nascita di Baudelaire e viene ripubblicata l’edizione che lui voleva fosse “definitiva”, ma che non riuscì a vedere pubblicata. “Baudelaire ha vomitato il progressismo trionfante e l’egualitarismo del nostro mondo postmoderno, e il suo disgusto e l’odio (di se stesso in primis) sono difficili da ascoltare senza rabbrividire di fronte a tale preveggenza”.

 

Arriva l’edizione pubblicata da Calmann-Lévy nel 1868 e mai ristampata da allora. Comprende le poesie rifiutate dai censori. Un volume restaurato da Pierre Brunel, professore emerito alla Sorbona. “‘I fiori del male’ sarebbero censurati oggi”, scrive Schneider. “Il loro contenuto sarebbe probabilmente oggetto di richieste di messa al bando e di campagne vendicative da parte delle leghe della virtù del femminismo radicale e della cancel culture”. Questo “Dante di un’epoca decaduta”, come Baudelaire fu definito da Barbey d’Aurevilly, venne deferito ai magistrati per “offesa alla  morale cristiana”, mentre il procuratore Pinard (lo stesso del processo a Madame Bovary) esclamò: “Crediamo che certi fiori dal profumo vertiginoso siano buoni da respirare?”.

 

 Oggi, scrive Michel Schneider, si leggerebbe nei versi di Baudelaire un inno alle molestie in strada e una giustificazione dell’incesto. “Sono sempre stato sorpreso che alle donne fosse permesso entrare nelle chiese”, scriveva Baudelaire. Non passerebbe mai.  
“E per non offendere i ‘razzializzati’ – continua Schneider sul Point – queste righe dovrebbero essere riscritte in edizioni destinate a un ‘pubblico sensibile’: ‘Penso al negro, emaciato e cefalico che calpesta il fango e guarda, con occhio smarrito, gli alberi di cocco…’”.

 

E se anche non rinvenissimo nei  versi del poeta un inno a qualche misfatto ideologico, Baudelaire sarebbe interdetto per quel suo odio meschino per la democrazia: “Abbiamo tutti lo spirito repubblicano nelle vene, come il vaiolo nelle ossa. Siamo democratizzati e sifilizzati”.  Baudelaire reazionario, dunque. “Sì, lunga vita alla rivoluzione!”, scriveva ancora. “Sempre! Ma non mi lascio ingannare! Dico lunga vita alla Rivoluzione! Come direi: lunga vita alla distruzione! Lunga vita all’Espiazione! Lunga vita alla punizione! Lunga vita alla morte!”.

 

Per giunta, un odioso nemico della fraternità fra i popoli: “E’ difficile assegnare un posto al belga nella scala degli esseri viventi. Tuttavia, possiamo dire che deve essere classificato tra la scimmia e il mollusco. E’ un verme che ci siamo dimenticati di schiacciare. E’ completamente stupido, ma è resistente come i molluschi”. Ma il peccato più grande di Baudelaire fu ricordarci che credere nel progresso, nel miglioramento dell’umanità, liberata dagli errori e dalle sventure, è uno dei sistemi migliori per continuare a far funzionare le ghigliottine.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.