Photo by JR 

A Palazzo Strozzi

La "Ferita" per entrare nell'arte

L'iconica installazione di dell'artista JR parla a nome di tutta la cultura in sofferenza

Maurizio Crippa

A Firenze, la facciata di uno dei più bei palazzi del Rinascimento appare squarciato: da fuori si vede l'interno di un museo chiuso. Ma è come se fosse il museo a uscire fuori, strappando la prigione del Lockdown. Un'istallazione di arte contemporanea per dire che l'arte e la cultura e i musei hanno bisogno di ricominciare

Una ferita. Anzi, “La Ferita”. Uno squarcio nel muro (e che muro). Anzi, uno squarcio simbolico, un’illusione ottica, un desiderio e una scaramanzia. Insomma tutti gli strumenti che l’arte ha a disposizione per comunicare un’idea, una prospettiva diversa. Per esprimere il proprio disagio e una sofferenza collettiva. Per lanciare un allarme o un grido, quando serve. Obiettivo centrato: l’impatto visivo è notevole e da ieri mattina, quando è stata presentata, l’immagine di quest’opera “site specific” sta facendo il giro dei social. “La Ferita” squarcia simbolicamente una delle facciate laterali di Palazzo Strozzi, a Firenze. Alta 28 metri e larga 33, la monumentale installazione di JR – artista francese contemporaneo di caratura internazionale, famoso soprattutto per le sue opere fotografiche e di street art, o “arte pubblica” si potrebbe dire – vuole rappresentare il disagio, la sofferenza dei luoghi d’arte resi inaccessibili dal Covid. Arrampicandosi sulla parete, nei suoi colori grigi e ferrosi contro la pietra ocra del palazzo, il lavoro di JR è appunto il trompe-l’oeil di uno squarcio attraverso cui dalla piazza si vede il cortile del palazzo rinascimentale, un primo piano immaginario con le opere che contiene, una biblioteca e su su fino al tetto.


Palazzo Strozzi, fondazione pubblico-privata e sede espositiva come tutte penalizzate dal lockdown, non è però nuova a queste “estroversioni”. Nel 2016 i gommoni di salvataggio arancioni esposti a incorniciare le finestre da Ai Weiwei fecero un certo scalpore. Nell’estate scorsa le sfere riflettenti di Tomás Saraceno nel cortile sfidarono la cecità a cui la chiusura condannava il pubblico e i (pochi) turisti. Il lavoro di JR si inserisce ora nel progetto Palazzo Strozzi Future Art, destinato a trasformare sempre più un palazzo tra i più prestigiosi del Rinascimento fiorentino in un luogo nella contemporaneità.


Non è solo il colpo d’occhio a rendere interessante l’operazione di Strozzi. Un po’, ovviamente, è anche un ingegnarsi per resistere a un anno di chiusure che stanno piegando anche le istituzioni museali ed espositive più prestigiose.


Tutti, i pubblici e i privati, gli Uffizi a Firenze o i Capitolini a Roma o Brera a Milano, oppure Fondazione Prada o le Gallerie d’Italia, si sono impegnati in una trasformazione che non li ha portati soltanto online. Stanno provando, in modi diversi, modalità per “uscire fuori”, per trasformarsi in luoghi in cui non più semplicemente “si va” ma che diventano utilizzabili, percorribili in forme nuove. Basta? Non basta? E’ una grande rivoluzione – se ne sta discutendo, anche con interventi e dibattiti pubblici che spesso incalzano proprio la politica, il ministero della Cultura – che riguarda tutte le istituzioni di cultura e che rimarrà. Ma evidentemente non basta, musei e galarie, come i luoghi di spettacolo, hanno bisogno di presenza fisica. Ora tutti sperano che questo sia l’ultimo lockdown, ma difficile pensare a un ritorno immediato alla (vecchia) normalità. Il governo, e per la sua parte il MiC, stanno elaborando il piano per il Recovery europeo di cui una parte sarà destinata alla cultura. Si punterà molto su interventi di restauro e digitalizzazione. Ma serviranno anche investimenti per riaprire, trasformando se serve le funzioni dei luoghi espositivi. In questo senso anche il contributo delle istituzioni private deve essere tenuto in conto. Perché in luoghi d’arte bisogna ritornare, il più presto possibile. In questo senso, la “Ferita” di JR che ci permette di “tornare dentro” non è una bella idea che riguarda solo Fondazione Strozzi. E’ un messaggio che tutto il mondo della cultura manda a chi sta decidendo (anche) sul futuro della bellezza.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"