Nessuna violenza può cancellare l'umano nell'uomo. Un film sulla Madonna Sistina

Che significato ha la parola “immortale”? Può un dipinto di 500 anni fa avere qualcosa da dire alla nostra vita di oggi, sulla vita del mondo? Raffaello e Grossman protagonisti in “You” di Nicola Abbatangelo

Piero Vietti

Che significato ha la parola “immortale”? Un’opera d’arte può esserlo, o è destinata come tutto a passare, prima o poi, e diventare polvere e oblio? Può un dipinto di 500 anni fa avere qualcosa da dire alla nostra vita di oggi, sulla vita del mondo? Può una Madonna con Bambino commuovere un ateo, non convertirlo, ma fargli capire una verità grande e decisiva per la propria esistenza? Alla fine della Seconda Guerra mondiale i soldati sovietici portarono a Mosca le tele della pinacoteca di Dresda. Dieci anni dopo, nel 1955, quei dipinti fecero ritorno in Germania per volontà del governo. Prima furono esposti al pubblico per un mese e mezzo al Museo Puskin. Tra quelle opere d’arte c’era anche la Madonna Sistina, quadro che Raffaello dipinse verso i trent’anni e di cui già molti grandi autori avevano scritto e parlato. Non è la solita rappresentazione sacra, tutti i critici d’arte sono concordi nel definirla un unicum. Quieta, quasi malinconica, Maria viene incontro allo spettatore offrendo il Figlio dallo sguardo profondo, quasi adulto, a chi guarda.

  

 

In fila al Museo Puskin, in quella primavera di sessantacinque anni fa, c’era anche Vasilij Grossman, giornalista e scrittore sovietico che verrà poi perseguitato dal regime per avere scritto nel suo capolavoro Vita e Destino che tutte le dittature si assomigliano, e che fascismo e comunismo sono due facce della stessa medaglia. Ebreo, ateo, nel 1955 non ha ancora pubblicato il grande romanzo, è ancora uno scrittore tra i più apprezzati e rispettati in patria, è stato il primo ad avere documentato di persona l’inferno del campo di concentramento di Treblinka dopo la Guerra. Quel giorno, insieme a migliaia di altre persone, si ferma davanti alla Madonna Sistina. “Dalla prima occhiata – scriverà – una cosa è subito, e soprattutto, evidente: quella tela è immortale. E capisco di avere sempre usato con leggerezza una parola dalla potenza tremenda – immortalità –, di averla sempre confusa con la pur possente vitalità di alcuni capolavori dell’uomo. Nonostante la mia venerazione per Rembrandt, Beethoven e Tolstoj, mi è finalmente chiaro che di tutte le opere capaci di colpire il mio cuore e la mia mente, solo questo quadro di Raffaello non morirà fino a che l’uomo avrà vita”. Grossman incrocia lo sguardo di quella madre e ha un’intuizione che lo segna per sempre: “Penso che questa Madonna sia l’espressione più atea della vita, di quell’umano a cui il divino non partecipa […] Ancora più terreno è il bambino che tiene fra le braccia. Ha un viso più adulto di quello della madre. Quegli occhi tristi e gravi – fissi al contempo fuori e dentro di sé – vedono e conoscono il destino”.

   

Molti anni dopo, davanti al dipinto di Raffaello c’è un giovane regista italiano, Nicola Abbatangelo. Molisano trapiantato a Roma, ha 32 anni, un premio in bacheca vinto alla Festa del cinema di Roma per un cortometraggio musical, Beauty, un lungometraggio (sempre musical) in uscita la prossima stagione con cast e produzione internazionali, The Land of Dreams, ed è stato da poco nominato direttore creativo di Lotus Production, la factory di Leone Film Group per realizzare prodotti dedicati al mercato internazionale. Due anni fa avrebbe voluto riportare almeno per qualche settimana la Madonna Sistina a Piacenza, nella chiesa in cui si trovava in origine prima che i frati la vendessero per ripagare i loro debiti. Impossibile. Allora ha deciso di farne un docufilm, anche se la parola è riduttiva per You – Story and glory of a masterpiece, 40 minuti in cui interviste a esperti di arte, storia e letteratura si mescolano a un film di fantasia che racconta di uno scettico fotografo americano chiamato dalla Gemäldegalerie di Dresda per scattare la migliore foto possibile al quadro. Durante la notte il museo deserto si anima di visioni e personaggi che portano il protagonista – e noi tutti che guardiamo – dentro alla storia del dipinto guidati dalle pagine di Grossman, fino alla rivelazione finale (grande merito hanno la colonna sonora e la fotografia: in ogni scena il quadro sembra risucchiare tutto intorno a sé, le luci, gli oggetti, gli sguardi, presidiando potentissimo ogni controluce senza dare scampo a chiunque sia in quella sala). Prodotto da Moolmore Films e Rai Cinema, You è stato sceneggiato da Abbatangelo con Giovanni Maddalena, filosofo, direttore scientifico del Vasilij Grossman Study Center e firma nota ai lettori del Foglio. Tra i partner ufficiali del film ci sono anche la diocesi di Piacenza-Bobbio e la Fondazione di Piacenza e Vigevano, che in primavera organizzeranno una mostra con proiezione di You nel complesso monastico di San Sisto, luogo per il quale l'opera fu commissionata.

   

   

Che cosa ha colpito Grossman quel giorno, cosa ha colpito Abbatangelo, cosa colpisce il protagonista del film, cosa inchioda il nostro cuore allo schermo, cosa nei secoli ha commosso “vecchiette in miseria, imperatori europei e studenti, miliardari d’oltreoceano, papi e principi russi, vergini purissime e prostitute, colonnelli, ladri, geni, tessitori, piloti di caccia e maestri di scuola, buoni e cattivi”? Una giovane madre con un bambino in braccio. La Madonna Sistina è “un quadro che ha dentro un mistero”, ha detto Abbatangelo alla prima proiezione del film, a Torino (You circolerà attraverso i canali Rai, ma in questi mesi sta girando l’Italia grazie all’entusiasmo contagioso del regista, ed è disponibile per la proiezione a eventi o serate, basta prenotare su you.moolmore.com). “Volevamo entrare in questo mistero e abbiamo usato Grossman per farlo”. Non è un noioso documentario di storia dell’arte, non c’è critica artistica o estetica. “L’idea era quella di divertire”. You è un gioiello di realismo metafisico, la regia di Abbatangelo ha la capacità di mettere in mostra sotto forma di magia cose che nella realtà esistono ma noi non vediamo, eppure incidono. L’amore, per esempio. O la grazia.

  

Chi è quella madre che da 500 anni viene incontro a chi la guarda su quella tela? Grossman lo capisce dopo essere uscito dal museo, il protagonista di You lo vive sulla sua persona in un crescendo di avvenimenti misteriosi: “Il ricordo di Treblinka era riaffiorato nel mio cuore senza che me ne rendessi conto. Era lei a calpestare scalza, leggera, la terra tremante di Treblinka, lei a percorrere il tragitto da dove il convoglio veniva scaricato fino alla camera a gas. La riconosco dall’espressione che ha sul viso, negli occhi. Così dovevano essere madri e figli quando scorgevano le pareti bianche delle camere a gas di Treblinka sullo sfondo verde scuro dei pini, così era la loro anima”. Non solo: quella madre e suo figlio hanno attraversato la storia, accompagnato gli uomini che nascevano, vivevano e morivano, erano in ogni donna che diceva addio a un figlio e in ogni figlio che andava incontro al proprio destino. La Madonna con il bambino è l’umano nell’umano: sta in questo la sua immortalità. Ma l’immortalità non è un concetto da museo: la “notizia” che Grossman e Abbatangelo ci danno è quella di una madre viva che attraversa le epoche e le storie degli uomini col suo bimbo in braccio. Un evento unico nella storia del mondo, che non poteva che essere raccontato con un linguaggio nuovo come quello di You, in cui gli esperti intervistati diventano attori a loro insaputa, e gli attori ci svelano aspetti sconosciuti dell’opera. “Il mondo intero – tutta l’immensità dell’universo – è schiavitù rassegnata della materia inerte, solo la vita è miracolo di libertà. Nemmeno la forma più potente e perfetta di violenza può soggiogarla. Può solamente ucciderla. Per questo i volti della madre del bambino sono così sereni: sono invincibili”.

  

Poco prima, Grossman aveva svelato il senso della sua intuizione: “La nostra epoca guarda la Madonna Sistina e vi intuisce il proprio destino. Ogni epoca fissa lo sguardo su questa donna con il bambino in braccio, e fra esseri umani di generazioni, popoli, razze e secoli diversi si instaura un senso di fratellanza dolce, commovente e doloroso insieme. L’uomo prende coscienza di sé e della propria croce e comprende di colpo il legame prodigioso fra le epoche, il legame di quanto è vivo oggi con ciò che vivo lo è stato e non lo è più, e con ciò che invece ancora deve esserlo”. Solo ciò che riesce a perforare lo spazio e il tempo così è immortale. “Che cosa diremo al cospetto del tribunale del passato e del futuro, noi uomini vissuti nell’epoca del nazismo? Non abbiamo giustificazioni. Diremo che non c’è stata un’epoca più dura della nostra, ma che non abbiamo lasciato morire l’umano nell’uomo. E accompagnando con lo sguardo la Madonna Sistina, continuiamo a credere che vita e libertà siano una cosa sola, e che non ci sia nulla di più sublime dell’umano nell’uomo. Che vivrà in eterno, e vincerà”. Guardate You, leggete Grossman. Poi volate a Dresda per guardarla negli occhi.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.