Valerio Magrelli (foto LaPresse)

Lo strano caso di Magrelli, il poeta che non esiste e si fa il sangue amaro

Alfonso Berardinelli

Il nulla in versi che non rischiano nulla

A: Ho visto che è uscito un libro su Magrelli.

B: Davvero? Io non l’ho visto.

A: È uscito da poco.

B: Com’è possibile?

A: È possibile eccome.

B: Tu dici? Io non credo. Può anche essere reale, ma non è possibile. Il filosofo dell’essere Emanuele Severino dice che il nulla non esiste.

A: Vuoi dire che Magrelli non esiste? Che è il nulla?

B: Non esageriamo. Esiste come individuo, ma è un nulla come poeta. Uno dei tanti, benché in campo poetico sia il più noto e il più perfetto, il più notevole e rappresentativo dei molti poeti nulli.

A: Se è un nulla come può essere rappresentativo?

B: Il punto è proprio questo. Proprio per il suo nulla Magrelli è amato, è apprezzato e piace. Sei un ingenuo. Non sai che il nulla piace più del qualcosa?

A: Tu sei sempre vanitosamente paradossale.

B: Può essere. Ma sto solo constatando qualcosa. In poesia, come in diverse altre cose, non c’è bisogno di esistere per avere l’approvazione e per essere perfino amati.

A: Forse si tratta dell’amore di chi non riesce ad amare niente di preciso, niente che esista.

B: Questo è un altro problema. E anche un bel problema. Ama dei singoli nulla chi teme o sente di essere un nulla imperfetto. Così la perfezione di un altro nulla lo attira, lo conforta, lo consola.

A: Ancora una volta esageri… Si può amare solo qualcosa.

B: Sì, ma per farlo si deve essere qualcosa e se sei qualcosa rischi sempre qualcosa. Solo il nulla non rischia nulla. Il nulla non c’è niente che lo neghi e lo minacci. Prova a negare il nulla se ci riesci…

A: È vero. Sembra che in poesia, qui da noi, si possa esistere senza discussione, senza dubbi e senza riserve solo essendo un nulla. Il nulla non ha attributi criticabili. A rigore (lo credo perché l’ho provato) Magrelli non può neppure essere letto sebbene sulla carta compaiano dei segni neri. Però può essere tradotto perché per tradurlo non c’è bisogno di pensare cosa dice. Basta il traduttore automatico, si traduce da sé. E’ pretradotto, come si dice “precotto” di certi alimenti.

B: Vedo che ci stai arrivando. Oggi l’atto di leggere poesia è diventato un mistero. Il lettore di poesia, dai più sprovveduti fino ai docenti universitari di letteratura contemporanea, credono di leggere poesie soprattutto quando sulla pagina c’è il meno possibile, c’è un niente da leggere. Solo così si spiegano i loro insensati “mi piace”, i loro inconsulti ok. Quanto più un autore di poesie va vicino a un tale niente, tanto più loro si sentono sereni e al sicuro. Si entusiasmano del loro non aver letto. Leggere infatti per loro sarebbe noioso. Un fastidio, un problema.

A: Vuoi dire che Magrelli elimina il fastidio di leggere?

B: Certo. Nel fare questo ha un talento naturale. Togliere fastidi a lettori che preferirebbero non leggere eppure leggono, significa fargli capire una cosa fondamentale per il loro equilibrio psichico e la loro pace mentale. Quando questi lettori di poesia vedono che sulla pagina c’è un nulla scritto e che il poeta non c’è o è una immancabile silhouette sono soddisfatti, si tranquillizzano.

A: Se pensi questo vuoi dire che in verità questi lettori di poesia preferirebbero, senza saperlo, che la poesia non ci fosse. O meglio ci fosse in forma di nulla.

B: Mi congratulo con te. Vedo che mi stai superando. Magrelli è il trionfo dei lettori che si entusiasmano, che si appagano solo se vedono che è il niente da leggere che si chiama poesia…

A: …ovvero pagine scritte né comprensibili né incomprensibili, né buone né cattive, né oscure né chiare, né bianco né nero… Insomma niente a cui appigliarsi per formulare un giudizio.

B: Infatti Magrelli è il poeta del Né-né.

A: È una buona formula. Però come la mettiamo con il fatto che sia Magrelli che Arnaldo Colasanti, autore del libro su di lui, insistano tanto sul “sangue amaro”….

B: Cioè?

A: Sì. Magrelli insiste sul fatto che lui “si fa il sangue amaro”.

B: Io credo che quello del sangue amaro sia il solo contenuto mentale, emotivo, metaforico che Magrelli è riuscito a inventare. Ma è appunto un’invenzione. Non è vero niente. E’ una piccola esibizione che gli serve per fingere un’esistenza. Lo dice per essere compatito nel caso che gli capiti qualcosa.

A: E cosa può capitargli?

B: Può capitargli che qualcuno si accorga di quello che è o non è, e lo dica. Allora lui si fa il sangue amaro.

A: È solo così che lui esiste? Come individuo che si fa il sangue amaro perché c’è qualcuno, anche uno solo, che non lo crede un poeta?

B: Sì, è così. Lui esiste solo per questo.

A: Questo somiglia all’“essere per la morte” di Heidegger.

B: Più o meno. Magrelli esiste facendosi il sangue amaro perché teme come la morte che qualcuno veda in lui il nulla.

A: Ma allora siamo a Leibniz quando parla di questo mondo come del “migliore dei mondi possibili”: sia per Magrelli che per i pochi che dicono che è un nulla, perché dicendo questo gli permettono di farsi il sangue amaro, cioè gli offrono l’unica possibilità di esistere.

B: È così. Magrelli e chi dice di lui che è un nulla messi insieme fanno il migliore dei mondi possibili.

    

P.s. 

Ho assistito di persona a questo dialogo e per realistica onestà l’ho trascritto.

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