Foto di Matt Day via Flickr

Sono tornati i vampiri

Stefano Priarone

“Tutto quel buio”, il romanzo cinefilo di Cristiana Astori, rilancia il non morto che, dopo la parentesi di “Twilight”, può tornare a fare paura

“Il mio prossimo romanzo doveva incentrarsi sulla figura del vampiro, ma probabilmente non sarà più così. Sono ovunque, come gli scarafaggi”. Così si era espresso nel 2010 lo scrittore inglese Neil Gaiman (“Coraline”, la serie a fumetti “Sandman”), riferendosi all’allora imperante mania dei vampiri, a causa di Twilight, la serie di romanzi per adolescenti di Stephenie Meyer. Il non umano Edward di “Twilight”, innamorato dell’umana Bella non era più il Lestat dei libri di Ann Rice, affascinante ma inquietante, era diventato un sex symbol, l’oggetto del desiderio di una generazione di ragazzine (al cinema era interpretato da Robert Pattinson).

 

Gaiman, peraltro autore negli anni Novanta di una brillante rivisitazione di Biancaneve che diventava una vampira malvagia (la “buona” era la sua matrigna) nel racconto “Snow, Glass and Apples”, tuttavia si sbagliava: in quello stesso anno debuttava la prima stagione della serie tv “The Walking Dead” e i morti viventi, gli zombi, sarebbero diventati ”the next big monsters”, i nuovi mostri più popolari.

 

Dopo quasi otto anni di dominio dei morti viventi forse il vampiro può tornare a fare paura, come si vede in “Tutto quel buio” (Elliot), quarto romanzo di Cristiana Astori con protagonista Susanna Marino.

 

I romanzi di Astori sono gialli (i primi tre erano usciti in edicola nella collana “Il Giallo Mondadori”), ma gialli anomali: sono dei viaggi all’interno di un genere cinematografico e delle sue atmosfere.

 

Susanna è una studentessa di cinema squattrinata (nel nuovo romanzo sì è finalmente laureata però economicamente per lei non è cambiato nulla) che viene assoldata da misteriosi collezionisti per cercare film scomparsi ma realmente esistiti.

 

Il primo romanzo, “Tutto quel nero” (2011) era un tour nel cinema erotico-horror dello spagnolo Jess Franco e della sua musa Soledad Miranda (alla quale Susanna assomiglia), il secondo, “Tutto quel rosso” (2012), ambientato a Torino (Astori è piemontese) era un omaggio ai classici thriller di Dario Argento (“Profondo rosso” in primis), e così via. “Voglio che il lettore diventi non solo lo spettatore ma quasi  il personaggio, che viva sulla sua pelle i film cercati dalla protagonista” dice al Foglio Astori. “E infatti molti mi dicono che hanno visto il mio libro, non che lo hanno letto, perché leggere le mie pagine li fa sentire come al cinema".

 

In “Tutto quel buio” Susanna viene inviata a Budapest a cercare una pellicola muta scomparsa durante la guerra, “Drakula Halala”: dovrebbe essere questo, e non il “Nosferatu” di Murnau, il primo film tratto dal “Dracula” di Bram Stoker. Però un misterioso assassino uccide chiunque tenti di venirne in possesso.

 

È un giallo nel quale Astori gioca con i cliché del cinema vampirico e come in “Il buio si avvicina” di Kathryn Bigelow del 1987, forse il miglior film di vampiri degli anni Ottanta, la parola “vampiro” non viene pressoché mai pronunciata.

 

“Penso che il vampiro sia un mostro intrigante, ma ultimamente poco compreso: la moda della Mayer in effetti l'ha distrutto, edulcorandolo e trasformandolo in un individuo belloccio e dotato di superpoteri” prosegue Astori. “Ora con lo sgonfiarsi del fenomeno Twilight se ne parla molto poco, e anche per questo ho deciso di raccontarlo, perché lo voglio rivalutare, e perché amo andare in controtendenza.”

 

Forse è davvero l’ora del ritorno del vampiro, come dimostra anche l’uscita dell’antologia “I signori della notte” (Morellini), quattordici racconti di vampiri italiani (o in Italia), del resto, come evidenzia lo scrittore Andrea G. Pinketts nell’introduzione, Christopher Lee, il più celebre Dracula della schermo aveva origini italiane (la madre era una nobildonna emiliana). Siamo comunque lontani dal Dracula tradizionale, che nei film, interpretato da Bela Lugosi negli anni Trenta o da Gary Oldman nel “Dracula” di Francis Ford Coppola del 1992 ha sempre pronunciato la famosa frase “Non bevo mai… vino!”.

 

 

Nell’antologia, Gianluca Morozzi, con il racconto “L’argento e l’ombra”, ci mostra invece un Dracula a Bologna più interessato al vino che non al sangue: va bene per nutrirsi, mentre il vino è un piacere costante. Dopo il vampiro adolescenziale di Meyer, è giunto il momento del vampiro enologo.

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