E riparleremo del gentiluomo di fortuna: Hugo Pratt e Corto Maltese

Stefano Priarone

Per i cinquant’anni dalla creazione del romantico marinaio ecco le cinque opere del suo creatore da leggere assolutamente

Letteratura disegnata. Così Hugo Pratt (1927-1995) definiva il fumetto. Con gli occhi di adesso forse la giudicheremmo un’espressione poco felice, visto che il fumetto è un linguaggio a se stante, nessuno direbbe che il cinema è “teatro su pellicola”, ma per l’epoca nella quale è cresciuto Pratt accostare fumetto e letteratura era già un grande atto di fede nei comics. E letteratura lo era davvero “Corto Maltese. Una ballata del mare salato”, che debuttava a puntate sulla rivista Sgt. Kirk dell'editore genovese Fiorenzo Ivaldi, nel luglio di cinquant’anni fa. Curiosamente, per un veneziano doc (anche se nato per caso a Rimini) come Pratt, è nell’altra Repubblica marinara che diventa davvero Hugo Pratt, dopo una carriera già lunga (aveva lavorato ben tredici anni nell’allora ricco mercato fumettistico argentino).

  



 

Così lo ricorda al Foglio la fumettista Laura Scarpa (anche lei veneziana), sua allieva e studiosa: “un artista che ha sempre fatto un passo avanti sui tempi, intuitivo, ma anche un grandissimo lavoratore, per quanto poi sempre in ritardo con le consegne e apparentemente pigro. Un uomo di grande fascino e intelligenza, che con me è sempre stato incredibilmente disponibile e paziente: avevo 15-16-18 anni, mi ha sempre trattata alla pari, una cosa preziosa, e condividendo il suo sapere, mai facendo delle vere lezioni”.

  

Per i cinquant’anni della Ballata e i novanta (ipotetici) di Pratt scegliamo cinque opere del “Maestro di Malamocco” (secondo la definizione del giornalista Oreste del Buono) da leggere assolutamente.

 

 

L'isola del tesoro di Robert Louis Stevenson e Il ragazzo rapito. Negli anni Sessanta Pratt torna in Italia e su testi del giornalista e scrittore Mino Milani adatta questi due romanzi dell’amato Robert Louis Stevenson, usciti in origine sul Corriere dei Piccoli. Affascinato dalla letteratura anglosassone dell’Ottocento e del primo Novecento, è come se, prima di spiccare il volo con la Ballata, volesse omaggiare uno degli autori, con Joseph Conrad, Zane Grey e il poco noto Henry De Vere Stacpoole che lo hanno maggiormente influenzato, seguendone idealmente le orme. Avrebbe dovuto esserci un terzo adattamento, del Sandokan di Emilio Salgari, rimasto incompiuto (e uscito solo nel 2009), proprio a causa della Ballata.

“Una volta ero andato a trovare Pratt a casa sua e lui mi aveva detto che prima del Sandokan voleva finire un’altra storia” ci ha raccontato lo scorso autunno Milani, splendido quasi novantenne (è classe 1928, solo un anno più giovane di Pratt). “Era la famosa Ballata del Mare Salato con la prima apparizione di Corto Maltese sono forse stato il primo a vedere le tavole di Corto.”

  

Una ballata del mare salato. Nell’Oceano Pacifico all’inizio della Grande Guerra si intersecano le vicende dei pirati Corto Maltese e Rasputin, comandati dal misterioso “Monaco” e dei giovani di buona famiglia Cain e Pandora Groovesnore. Adesso si parla tanto di “graphic novel”, ma la Ballata è davvero un “romanzo a fumetti”, fra i primi in assoluto nella storia del medium. “Io lessi la Ballata quando uscì sul Corriere dei Piccoli, nel 1973, la seconda edizione, era rivoluzionaria rispetto a tutto” racconta Laura Scarpa. “Pur essendo un fumetto d'avventura ed esotico, era un romanzo. Non a caso Romanzo d'avventura era il titolo del libro, scritto dal suo amico Alberto Ongaro, con protagonista Pratt”. E sono davvero romantiche, almeno per noi le parole dette da Corto all’amata Pandora: “Proprio perché non assomigli a nessuna avrei voluto incontrarti sempre... in qualsiasi posto...”

 

Le storie brevi di Corto Maltese. La Ballata è una storia corale, anche se il personaggio di Corto è già importante. Si sviluppa nelle ventuno storie brevi che Pratt realizza a partire dal 1970 per il mercato francese, con titoli spesso fascinosi ed evocativi (“Corto Maltese. L'angelo della finestra d'Oriente”, “Corto Maltese. Concerto in ó minore per arpa e nitroglicerina”, “...E riparleremo dei gentiluomini di fortuna”). “Corto è già nella Ballata, ma certamente nelle storie brevi si sviluppa, è il legame tra tutte, e il protagonista” continua Laura Scarpa. “Ma, più che nella Ballata, è un protagonista che agisce poco e guarda tanto. In fondo non troppo lontano da Ernie Pike, da lui disegnato su testi dell’argentino Hèctor Germàn Oesterheld. È il narratore, incrocia storie altrui, però – così facendo – costruisce la sua identità.”

   



    

Un esempio tipico dell’approccio peculiare di Corto è la storia “Corto Maltese. Côtes de nuit e Rose di Piccardia”, sulla morte del leggendario Barone Rosso. L’asso dei cieli tedesco Manfred von Richthofen, detto Il Barone Rosso viene abbattuto da un soldato australiano con la mira infallibile se è ubriaco. Corto, eroe antieroico, non fa nulla, si limita ad assistere agli eventi (“l’unica cosa di cui sono certo è che a forza di guardare in aria ho preso un bel torcicollo”). E la sua frase alla morte del Barone sintetizza molto bene il rapporto fra gli eroi a fumetti (specie se problematici come lui) e gli eroi di guerra come il Barone: “Gli eroi di carriera mi lasciano del tutto indifferente.”

 

Gli Scorpioni del deserto. Ediz. integrale. L’altra grande saga avventurosa di Pratt, forse quella più classica, ambientata in Africa Orientale durante la seconda guerra mondiale con protagonista il capitano polacco Koinsky. La inizia nel 1969 e l’ultima storia è del 1992, tre anni prima della morte. Nel volume che racchiude tutte le storie di Pratt (ne sono uscite due realizzate da altri autori dopo la morte) è preziosissima l’introduzione di Sergio Bonelli, grande editore (Tex, Dylan Dog) e anche autore (Zagor, Mister No) che rievoca la sua lunga amicizia con Pratt. Poco lavorativa: “eravamo consapevoli”, racconta “di non poter costituire una coppia efficiente dal punto di vista produttivo”. Pratt piombava in redazione a qualsiasi ora, parlava con Bonelli in veneto (i nonni materni dell’editore erano del Polesine, lo capiva), si arrabbiava se non poteva uscire con lui causa impegni lavorativi.

  

Eppure a fine anni Settanta Pratt scrive e disegna quattro volumi per Bonelli: e il finale di uno di questi è quasi metanarrativo. Nella storia “L'uomo del Sertao”, le ultime parole “ubbidisco, Capitão Corisco, ma protesto” sembrano indirizzate allo stesso Bonelli che chiedeva meno sesso e violenza nel libro .

 

Tutto ricominciò con un'estate indiana. Chiudiamo con un capolavoro del 1983 soltanto scritto da Pratt, ma disegnato da un Milo Manara al massimo della forma. Siamo nel New England del Seicento, quel “western prima del western” così amato dall’autore (anche la saga di “Wheeling” è ambientata in quel periodo), fra coloni inglesi e pellirosse.

 

“Pratt non faceva distinzione fra la propria opera e la propria vita, si era permesso il lusso di vivere proprio come uno dei suoi personaggi” ci aveva raccontato tempo fa Manara. “Avevamo un rapporto di grande confidenza, amicizia e complicità. Fra le cose di cui vado più fiero c’è il fatto di essere stato l’unico disegnatore per cui abbia scritto due storie (la seconda era “El Gaucho”, nell’argentina dell’Ottocento, ndr), ne avevamo in programma un’altra e forse ce ne sarebbe stata una quarta, storie a cui teneva molto ma che non aveva il tempo di disegnare”. Pratt e Manara, miscelando azione ed erotismo ci svelano quello che (probabilmente) si celava sotto il puritanesimo dei padri pellegrini e contrappongono il loro falso moralismo alla moralità dei nativi americani (e anche un immigrato italiano cattolico ci fa una bella figura).

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