Benvenuti in “The Bubble”, dove Trump non esiste
L'invenzione del Saturday Night Life è la rappresentazione perfetta e ferocissima dei liberal sconfitti che dividono l’America in noi e loro
Milano. “The Bubble” è un posto bellissimo, ordinato e pulito, bianco o al massimo color pastello: si beve latte appena munto, si leggono libri usati, si guidano auto ibride, si utilizzano banconote con su Bernie Sanders, si sorride molto e c’è il wifi (per consultare l’Huffington Post o Daily Kos, guardare documentari sul sushi su Netflix ed emozionarsi con McSweeney’s). Nella Bolla, abitano soltanto “pensatori liberi che hanno la stessa opinione su tutto, e nessun altro”, sottolineato “nessun altro”: quando vanno a cena, i pensatori liberi riescono a essere felicissimi dicendosi soltanto “giusto, sono d’accordo, esatto” – ma quando sono innamorati si sorprendono di questa comune sentire.
La Bolla è aperta e accogliente, ci si può trasferire subito, non è esattamente a buon mercato – un appartamento con un’unica stanza da letto parte da 1,9 milioni di dollari – ma è il paradiso, come fai a resistere?, l’investimento della vita. Qui “gli altri” non ci sono, stanno fuori, in questo mondo dai grattacieli bianchi e la cupola di vetro a protezione “l’impensabile non è avvenuto”, e per “i progressisti tutto va avanti come è sempre andato”. Nella Bolla, Donald Trump non soltanto non è il presidente degli Stati Uniti, ma non esiste proprio, così come non esistono “loro”, i suoi fan, che stanno là fuori, in America, un paese che “ormai è loro”, appunto, ma non importa, c’è un rifugio comodissimo con molto spazio per accogliere tutta la propria inesauribile indignazione.
“The Bubble” è un’invenzione del Saturday Night Life (sì c’è altro da guardare oltre all’irresistibile Alec Baldwin con il suo Trump che chiede a Siri “come lo ammazzo Isis?”) ed è la rappresentazione perfetta – ferocissima – di chi non ci vuole stare, dei membri del movimento notmypresident che si batte nelle piazze cosmopolite, che sventola cartelli con scritto “Michelle is my president”, che fa circolare le liste con i nomi dei grandi elettori per convincerli a fare il golpe entro il 19 dicembre e non eleggere Trump alla Casa Bianca. E’ il ritratto degli sconfitti che dividono l’America in noi e loro, pianeti inconciliabili in cui chi è minoranza deve nascondersi, ma può continuare a pensare di avere ragione. Nel regno della Bolla c’è anche la parodia meravigliosa dei talkshow della Cnn: i “pundit”, gli esperti, rispondono a domande diverse con le stesse frasi identiche – “questa volta è diverso”, “tutto ciò è insensato”, “tutto ciò non è normale”, “vi ricordo che Trump ha vinto”, “no, Hillary ha vinto il voto popolare” – fino a che non arrivano i meccanici a sistemarli. Sono robot di una puntata della serie tv “Westworld”.
La fuga dalla realtà è comica e ci si ride sopra, lo fa il SNL e lo possiamo fare tutti, mentre sfogliamo i libri sugli “hillbilly” colpevolmente ignorati – cosa vuoi che ci importi dei montanari? – mentre ci rimettiamo in pari con gli equilibri delle aziende trumpiane, tra blind trust e ambizioni diplomatiche (Ivana punta alla Repubblica ceca) e proviamo a non spaventarci quando alle feste per Trump si fa il saluto nazista (come testimonia il video pubblicato dall’Atlantic girato a un convegno suprematista: il magazine ha completato un documentario sul tema, uscirà a dicembre).
Al limite possiamo cercare di raggiungere “The Bubble”, che è come la città sognata da Ayn Rand mentre andava cercando John Galt, ma è molto più accessibile, non si deve dimostrare di detestare Robin Hood. Non si trovano pompieri, nella Bolla, “perché nessuno di loro ha voluto trasferirsi qui”, ma non è lontana: è Brooklyn, con in più la cupola di vetro.
L'arte di chiedere