Gli intellettuali hanno rotto, anche per la satira sociale di Corrado Guzzanti

Gianmaria Tammaro
Il paese reale contro il paese delle parole. Mario Bambea, intellettuale, contro Bizio, cabarettista e comico “de core”. In Dov’è Mario?, la nuova mini-serie del comico in onda dal 25 maggio su Sky Atlantic, ironia e volgarità raccontano la doppia Italia (che poi è una sola).

Preparatevi a leggere celebrazioni senza quartiere, critiche e stroncature appassionate; preparatevi a sentir dire che Corrado Guzzanti non è più lo stesso Guzzanti e, contemporaneamente, che meglio di lui non c'è nessuno. Dov'è Mario?, la sua nuova mini-serie per Sky Atlantic, rappresenta una sintesi perfetta della sua comicità. Dice: non c'è satira politica. Vero. Ma c'è quella sociale, ben più difficile. Non serve fare l’elenco della sua carriera e di tutto quello che ha fatto; per quello, c’è Wikipedia.

 

Il protagonista di Dov’è Mario? è Mario Bambea, intellettuale italiano che tra salotti tv e saggi da libreria è sempre pronto a snocciolare concetti altissimi e definizioni d'altri tempi. Ha un incidente d'auto, a un certo punto. Non sappiamo come e perché. E dal nulla, viene fuori un altro aspetto del suo carattere, uno più basso ed appassionato, quello che odia tutto ciò che è sempre stato: l'italiano medio, romanesco, "de core". Inizia a vivere una doppia vita: intellettuale (e cornuto e fesso) di giorno, cabarettista (e cafone e sincero) di notte.

 

Le prime due puntate, ciascuna di mezz'ora, sono così. Un avanti e indietro continuo, battute sottili alternate sapientemente a battute volgari (non stupide, però). C'è tutto il dualismo paradossale che l'Italia di questi anni sta vivendo, ovvero: da una parte c'è la ricerca costante di una vita, una democrazia e una politica migliori (ma solo a parole); dall'altra, c'è la quotidianità che non accetta il compromesso diplomatico dell'intellettuale. “I cojoni ce l’hanno piallati”, diceva Guzzanti mascherato da Funari.

 

Per qualcuno, Dov'è Mario? ricorda la metamorfosi di Maccio Capatonda, riuscita solo a metà, di Italiano Medio. E quindi: cosa già vista e rivista, niente di nuovo sotto il sole. C'è da dire però che quella di Capatonda era un'analisi, in un certo senso, superficiale. Guzzanti va molto più a fondo: pizzica corde sensibilissime. Al suo show, partecipano grandi e meno grandi del giornalismo e della tv (politica ed intellettuale) italiani: ci sono, per esempio, Santoro e Travaglio; e c'è pure Enrico Mentana, che dal suo studio di TG La7 dà la notizia dell'incidente del buon Bambea.

 

 

Bizio, così si chiama l'alter-ego dell'intellettuale, non è un Mr Hyde italiano: non c'è pozione o meccanismo che lo tiri fuori; non è l'assassino, il mostro, che finalmente prende il sopravvento sull'uomo. È, al contrario, una parte del tutto. Una delle facce della medaglia. Due concetti che sembrano simili ma sono al contrario lontanissimi.

 

Bambea e Bizio sono la stessa persona e ci dicono, più o meno, la stessa cosa, e cioè: l'intellettualismo a tutti i costi ha rotto; così come ha rotto la superficialità eccessiva di chi non vuol pensare, o soffrire.

 

Dov’è Mario?, per il suo linguaggio, per i modi, il montaggio e la regia (di Edoardo Gabbriellini), per i tanti volti che compaiono e scompaiono, per le situazioni non così tanto macchiettistiche che si alternano, arriva dove altri prodotti – serie, monologhi, film – non sono riusciti nemmeno ad avvicinarsi; e il merito è del Guzzanti scrittore (qui affiancato da Mattia Torre) e, allo stesso tempo, del Guzzanti attore. Se una volta veniva facile criticare il politico, “mostro senza cuore e senz’anima”, oggi viene dato per assunto, invece, che “gli eletti sono lo specchio degli elettori”. Quello che manca è una cosa e una soltanto, e Dov’è Mario? è chiarissimo in questo senso: del mondo reale non si parla più; l’Italia, come diceva Montanelli citando Ugo Ojetti, “è un paese di contemporanei. Un paese assolutamente ignaro di se stesso”.

 

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